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 2017  novembre 01 Mercoledì calendario

La fuga in belgio di Puigdemont

Un uomo che si mette a far politica deve mettere nel conto: che potrà finire ammazzato, e magari appeso per i piedi; che potrà finire in galera, magari innocente. Pensieri che l’allegro Carles Puigdemont, di aspetto giovanile ma già cinquantacinquenne, sposato con una nostra collega romena e padre di due figlie, non deve aver fatto quando, abbandonata la professione di giornalista, s’è messo sulla via della gloria politica arrivando alla presidenza della Catalogna, poi capeggiando la ribellione secessionista e al momento culminante dello scontro muro contro muro tra Madrid e Barcellona fuggendo in Belgio per evitare quella trentina di anni di carcere promessa dai giudici spagnoli e creare un problema grosso così al governo belga che ha pure lui in casa dei separatisti mica da ridere.  

Ma si può parlare di fuga? È vera fuga?
Mi dica lei. Puigdemont, invece di prendere un aereo da Barcellona e magari platealmente in modo da trasformare il suo viaggio in un evento politico, s’è messo in macchina di nascosto con cinque ministri del suo governo. Il convoglio ha viaggiato di notte, in incognito, per arrivare a Marsiglia intorno alle cinque del mattina e qui imbarcarsi sul volo Marsiglia-Bruxelle,s con scalo a Lione, della compagnia regionale francese Hop, l’unico volo in partenza prima delle otto. Per ingannare il mondo almeno per qualche altra ora, l’ex presidente catalano ha postato sul suo account Instagram due foto del cortile della Generalitat, il palazzo del governo catalano, con un emoticon sorridente e l’augurio di una buona giornata. Giunto a Bruxelles ha continuato a tenersi coperto (lo stavano cercando come matti a Barcellona o a Girona, la sua città) finché il quotidiano catalano el Periódico non ha svelato il mistero e scritto sul suo sito che l’ex presidente si trovava in Belgio ospite del partito indipendentista Alleanza neo-fiamminga, che sta al governo e nello stesso tempo lotta per l’indipendenza delle Fiandre. L’Alleanza neo-fiamminga è il partito indipendentista più forte d’Europa e qualche giorno fa aveva fatto sapere che il Belgio avrebbe potuto offrire asilo politico a Puigdemont. Il premier Michel aveva però subito smentito.  

Questa fuga tuttavia ha senso? Qualche magistrato spagnolo ha effettivamente incriminato Puigdemont?
Come no. Il procuratore generale di Madrid, José Manuel Maza, ha subito aperto una procedura per ribellione, sedizione e malversazione (con quali soldi è stato organizzatio il referendum illegale del 1° ottobre?). Gli imputati sono Puigdemont, altre autorità politiche catalane, il governo e la presidente sessantunenne Carme Forcadell. Subito dopo, il giudice della Audiencia Nacional Carmen Lamela ha convocato per domani e dopodomani Puigdemont e i 13 ministri indagati per interrogarli, imponendo anche, a garanzia, un versamento di 6,2 milioni di euro, senza i quali si procederà al sequestro dei beni degli imputati e, in assenza dei convocati, all’emissione dei mandati di arresto.  

Beh, questo Puigdemont avrà nel frattempo parlato, si sarà difeso.
Sì, ieri, in una conferenza stampa affollatissima, tenuta avendo al fianco i cinque ministri che sono scappati con lui. Ha detto - alternando catalano, francese e spagnolo - che non chiederà asilo politico e che tornerà subito in Spagna se gli verrà garantito un processo giusto, discorsi non troppo diversi da quelli che fa Cesare Battisti dal Brasile riferendosi ai quattro ergastoli che gli sono stati appioppati in Italia. «Le elezioni dello stato spagnolo sono una sfida democratica. Rispetteremo il risultato delle consultazioni convocate per il 21 dicembre. Chiedo al governo spagnolo: farà altrettanto? Quelli dell’articolo 155 rispetteranno il risultato delle urne? Venerdì pomeriggio, dopo la dichiarazione di indipendenza, si è annunciata un’azione molto aggressiva del governo spagnolo contro il popolo catalano, con una denuncia della Procura, che si è confermata ieri, con pene fino a 30 anni. Così il nostro governo ha deciso di mettere al primo posto la prudenza. Il dialogo che sempre abbiamo richiesto era in queste condizioni semplicemente impossibile. Abbiamo di fronte uno Stato che capisce solo la ragione della forza».  

E l’Europa?
Puigdemont ha ribadito che si aspetta l’aiuto dell’Europa, è andato a Bruxelles per questo. Non chiede l’asilo politico perché entro cinque giorni potrebbe essergli negato, e questo lo metterebbe alla mercé della giustizia spagnola. Né il governo belga né l’Europa però si sono spostati di un millimetro dalla posizione presa subito, e cioè «noi stiamo con la Spagna». Nessuno, oltre tutto, vuole alimentare, mediante una vittoria catalana, i vari regionalismi e indipendentismi che pullulano in tutto il continente.