31 ottobre 2017
APPUNTI PER GAZZETTA - LA FUGA DI PUIGDEMONTBRUXELLES - "Non sono qui per chiedere asilo politico, ma per lavorare in libertà e sicurezza"
APPUNTI PER GAZZETTA - LA FUGA DI PUIGDEMONT
BRUXELLES - "Non sono qui per chiedere asilo politico, ma per lavorare in libertà e sicurezza". Carles Puidgemont compare in pubblico, racconta la sua versione della fuga da Barcellona che lo ha portato a Bruxelles proprio ieri, nel giorno in cui la procura Madrid ha formalizzato la richiesta di incriminazione nei suoi confronti accusandolo di reati per i quali rischia fino a 30 anni. Ma il governo belga, nonostante la gaffe dei nazionalisti fiamminghi che avevano aperto all’esilio, non ne vuole sapere di lui.
Non gli concede nemmeno una sala stampa adeguata alle circostanze, costringendolo ad affrontare centinaia di reporter di tutto il mondo in un luogo inadeguato, asfissiante, dove a stento riesce a entrare tra la calca di fotografi e telecamere, senza le minime condizioni di sicurezza. Catalogna, Puigdemont a Bruxelles: ’’Non sono qui per chiedere asilo politico’’ Condividi Puidgemont parla in francese, catalano, spagnolo e inglese. Fuori, sulla Rue Froissart, a pochi metri dalle istituzioni europee, manifestanti spagnoli e catalani si confrontano a suon di rumorosissimi slogan. L’ex President catalano nel suo intervento non spiega perché sia venuto a Bruxelles e quanto intenda rimanerci. Lo fa solo alla fine, su esplicita domanda dei cronisti.
Nega di pensare all’asilo politico, ma parla proprio come un uomo in fuga in procinto di chiederlo. "Tornerò in Catalogna quando mi verrà garantito un processo giusto, non è una questione con il Belgio, sono qui perché Bruxelles è la capitale europea e chiediamo una reazione dell’Unione perché la Spagna calpesta tutti i suoi valori fondanti come democrazia e libertà politica". E ancora: "La denuncia del procuratore spagnolo persegue idee e persone e non un reato". Frasi dette poche ore prima che il tribunale spagnolo lo convocasse per sentirlo.
Les mêmes droits et devoirs que tout citoyen européen pour Monsieur Puigdemont, ni plus ni moins. https://t.co/0YenmJsvws
— Charles Michel (@CharlesMichel) 31 ottobre 2017 Ma l’Europa resta in silenzio, prosegue con il sostegno al governo Rajoy fondato sul rispetto delle regole costituzionali spagnole. "Quella catalana è e resta una questione interna spagnola", reagisce lapidaria la portavoce della Commissione europea, Mina Andreeva. Parole che si sommano al silenzio del governo belga, che non intende forzare le regole sull’asilo per accoglierlo. Per questo Puidgemont non inoltra ancora la richiesta ufficiale: verrebbe esaminata in 5 giorni e dopo non avrebbe più rete di sicurezza di fronte a un eventuale mandato d’arresto spagnolo. Tiene la carta dell’asilo per ultima. Puidgemont è solo. Tanto che deve lasciare la sala conferenze del Press Club da un’uscita laterale a bordo di un taxi, con la polizia belga che si limita a creare un passaggio tra due ali di folla composta da giornalisti e manifestanti. Catalogna, Madrid: ’’Rispettiamo l’autonomia, Puigdemont e gli indipendentisti rispettino la legge’’ Condividi Il presidente in fuga conferma che il suo partito parteciperà alle elezioni catalane del 21 dicembre, si dice pronto ad accettarne il responso ma polemico chiede: "Madrid farà lo stesso?". Dice di non avere abbandonato il governo di Barcellona, "noi continueremo a lavorare, non sfuggiremo alla giustizia ma ci confronteremo con essa in modo politico". E poi "se Madrid vuole la violenza è una decisione sua".In tutto nel mirino dei magistrati di Madrid sono finiti 14 membri del Govern e sei parlamentari. Qualora non si dovessero presentare dinanzi ai giudici, la misura che le autorità di polizia spagnole sono autorizzate a prendere è la "detenzione immediata" e rischiano dai 15 ai 30 anni di carcere. Barcellona, è la volta degli unionisti: la manifestazione contro l’indipendenza Navigazione per la galleria fotografica 1 di 26 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow Puigdemont sottolinea di avere sempre lavorato per mantenere la situazione pacifica, accusa dell’escalation le violenze della Guardia Civil del primo ottobre, giorno del referendum: "Abbiamo sempre voluto il dialogo, ma in queste condizioni non era percorribile, venerdì pomeriggio ero alla Generalitat dopo la dichiarazione di indipendenza e una serie di dati indicavano che il governo spagnolo stava preparando un’offensiva senza precedenti". Per questo ha programmato la fuga a Bruxelles. Da dove però potrebbe presto essere costretto ad andarsene.
DETTAGLI SULLA FUGA
ELISABETTA ROSASPINA
DALLA NOSTRA INVIATA
BARCELLONA La compagnia regionale francese «Hop!» ha un solo volo mattutino diretto da Marsiglia a Bruxelles, alle 7.05 con scalo a Lione. Con Brussels Airlines il decollo è previsto alle 6.45, oppure a mezzogiorno: troppo tardi, perché a quell’ora, ieri, Carles Puigdemont è già in Belgio. Proprio mentre a Madrid un corrucciato Procuratore generale, José Manuel Maza, annuncia l’apertura di inchieste per «ribellione, sedizione, malversazione e reati connessi» contro l’ex presidente e le altre autorità politiche della Generalitat , il governo catalano (destituito venerdì scorso dal Senato, in virtù dell’articolo 155 della Costituzione). Le stesse incriminazioni sono previste contro la presidente del Parlament , Carme Forcadell, il suo vice e tre segretari, ancora al loro posto ma solo per l’ordinaria amministrazione, in attesa delle prossime elezioni regionali, convocate dal premier spagnolo Mariano Rajoy per il 21 dicembre. La Procura generale intende chiedere «misure cautelative».
La mattina è iniziata in attesa davanti al palazzo del governo, in piazza Sant Jaume, a Barcellona, dove l’unico a presentarsi in ufficio come niente fosse è Josep Rull, responsabile del Territorio e della Sostenibilità, garbatamente avvisato dai Mossos che, quello, non è più il suo ufficio e rischia un’accusa in più, per usurpazione. Anche l’ex presidente avrebbe diritto di entrare solo per recuperare i suoi effetti personali, ma fonti del suo entourage assicurano che non andrà a palazzo. Dunque dov’è? Che sia ancora a Girona, la città a 40 minuti da Barcellona dove è cresciuto e dove domenica si è concesso un bagno di folla con la moglie, Marcela Topor, giornalista rumena? Eppure, prima delle 8 del mattino, Puigdemont ha postato sul suo account Instagram un paio di foto del cortile del palazzo della Generalitat con un emoticon sorridente e l’augurio di una buona giornata. In realtà, è già lontano e il saluto suona come uno sberleffo quando, alle 13.15, il quotidiano catalano El Periódico risolve il mistero. Puigdemont non è a Barcellona né a Girona, né in Catalogna o in altra parte della Spagna: è a Bruxelles, a colloquio con dirigenti del partito indipendentista Alleanza neo-fiamminga. E non è solo: lo accompagnano cinque «consellers», i suoi ministri.
Non sono ricercati (ancora), potrebbe essere un normale viaggio d’affari (politici), a caccia di appoggi internazionali, ma già circola insistentemente la formula che, fino al giorno prima, appariva una chimera, l’inverosimile suggerimento del segretario di Stato per l’immigrazione, Theo Francken: il Belgio potrebbe concedere loro asilo politico. Non ci vuole molto a scoprire che il presidente dell’autoproclamata Repubblica indipendente di Catalogna e il suo seguito non sono partiti da un aeroporto spagnolo. Fin dalla sera precedente, o nella notte, un convoglio si è messo in moto per Marsiglia, a 400 chilometri di distanza, dove l’imbarco del gruppo per Bruxelles avrebbe sicuramente dato meno nell’occhio. Ne erano al corrente i membri del governo rimasti a casa? Oriol Junqueras, l’ex vice presidente, esce da una riunione del partito «Junts pel Sí», ma ignora le domande dei giornalisti sul viaggio di Puigdemont. Muta anche la presidente (provvisoria) del Parlament , Forcadell. Complici o abbandonati, non collaborano. Anche il commissario generale belga per i rifugiati, Dirk Van den Bulcke, resta vago: il Belgio concede asilo a cittadini di altri Paesi europei, solo se esistono «segnali forti di persecuzione o corrono rischi nel Paese d’origine». Non è un «no» e, affinché si trasformi in un «sì», Puigdemont si sceglie un avvocato belga di chiara fama, anche se non particolarmente apprezzato in Spagna: Paul Beckaert ha vanificato qualche anno fa la richiesta di estradizione avanzata da Madrid nei confronti di Natividad Jauregui, ricercata da 34 anni come militante dell’Eta. Per i transfughi della Repubblica catalana c’è tutto il tempo di ormare un governo in esilio.