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 2017  ottobre 31 Martedì calendario

Puigdemont in fuga, rischia 30 anni

BARCELLONA La terza Repubblica catalana è andata in frantumi con la fuga del suo presidente all’estero. Nel 1931 la prima Repubblica durò quattro giorni, quella del 1934, una sola notte, questa di Carles Puigdemont eguaglia la prima: venerdì è nata in Parlament con appena due voti di maggioranza e lunedì è evaporata davanti agli avvisi di garanzia della magistratura spagnola. Le prime due Repubbliche emersero dallo stesso brodo di coltura che portò alla Guerra civile, al dilagare del fascismo in Europa e alla Guerra mondiale. Questa di Puigdemont si dissolve in un’Europa democratica e pacifica dove, al massimo, si potrà litigare a livello diplomatico su estradizione e asilo politico. Il terzo tentativo catalano si chiude anche senza morti. Resta a rischio la vista da un occhio di un indipendentista colpito dalla polizia durante il referendum.
«L’area di comunicazione della presidenza della Generalitat si sta riorganizzando». Il messaggio è arrivato sui telefonini dei giornalisti alle 11.48. È stato come quel rumore che si sente prima dei terremoti. Fino a quel momento la resistenza pacifica promessa dai repubblicani catalani ai loro elettori sembrava tenere in piedi la Repubblica. Un tweet della «presidenta» del Parlament Carme Forcadell segnalava il suo ingresso in ufficio alle 8. Un altro del ministro al Territorio Josep Rull lo ritraeva seduto alla scrivania con #seguimos. Persino l’Instagram del President Carles Puigdemont mostrava l’interno del palazzo della Generalitat. Come a dire sono qui, lavoro. Invece era in auto verso Marsiglia o in attesa del volo per Bruxelles. Un avvocato belga ha confermato di rappresentarlo. Sembra evidente che stia cercando asilo politico o una qualche forma di rifugio. Si parla anche di Russia o Israele.
Con Puigdemont ci sono 5 dei suoi 11 ministri. Il vice presidente Oriol Junqueras e gli altri non sono scappati. Sembra che neppure sapessero dei piani del leader. Il presidente e il suo vice saranno chiamati a Madrid forse già in settimana per la prima deposizione nel procedimento a loro carico. Le accuse riguardano reati che prevedono fino a 30 anni di carcere. Se non si presentassero sarebbero automaticamente dichiarati latitanti e scatterebbe il mandato di cattura.
Per i ministri repubblicani rimasti oggi potrebbe essere più difficile andare in ufficio. Il procuratore generale José Manuel Maza ha chiesto ai giudici di «adottare misure atte a prevenire che gli indagati svolgano ancora funzioni pubbliche». La struttura di polizia e amministrativa, per il momento, sembra obbedire agli ordini di Madrid. Le ultime speranza di resuscitare la Repubblica sono affidate alle elezioni locali convocate da Madrid il 21 dicembre. Il partito di Junqueras ha deciso di presentarsi come quello di Puigdemont. Incerto il gruppo anti capitalista. Contro avranno tutti gli altri. L’elettorato resta spaccato: metà per la Repubblica, metà per la Spagna.