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 2017  ottobre 30 Lunedì calendario

All’indice i libri di Euripide e Shakespeare

Vabbè, a questo punto marchiamo col bollino rosso anche “Romeo e Giulietta”, l’opera tradizionalmente considerata più romantica, e invece piena di esplicite e grevi allusioni sessuali; e mettiamo al bando l’opera omnia di Henry Miller, derubricando i suoi Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno a letteratura pornografica; e vietiamo severamente ogni riferimento alla Lolita di Nabokov, timorosi di incitare, solo parlandone, alla prostituzione minorile. 
Il delirio puritano e politicamente corretto ora si sposta, dal lessico di giornali e politica, anche in un ambito, quello dei romanzi e del teatro, che dovrebbe obbedire a un criterio estetico, e non certo a un giudizio etico. Ma nel mondo anglosassone, scandalizzato dalla vicenda Weinstein, anche i libri rischiano di essere messi a processo, censurati, boicottati, o muniti delle dovute avvertenze, perché passibili dell’accusa di sessismo. 
FURORE PURITANO 
Capita così che a Cambridge le opere di Shakespeare siano state dotate di un apposito bollino di ammonimento, i cosiddetti trigger warnings, per evitare che gli studenti rimangano sconvolti dalla lettura, ad esempio, del Tito Andronico o della Commedia degli errori. La loro colpa sarebbe quella di includere «rappresentazioni della violenza sessuale» e «discussioni» su di essa. Se è per questo, il Tito Andronico fa anche peggio, descrivendo la tortura subita da Lavinia, non solo stuprata, ma amputata di lingua e mani. «Ed ora, bella, vallo a raccontare, se la tua lingua può parlare ancora, chi te l’ha mozza e chi t’ha violentata», le dice Demetrio. Che facciamo, bruciamo il libro in pubblica piazza, considerando Shakespeare mandante morale dei femminicidi? Ma allora dovremmo cassare anche altre parti dalle opere del Bardo, troppo oscene per essere accettate dalla morale perbenista. È ammissibile leggere Sansone, in “Romeo e Giulietta”, dire «per questo le donne, che sono sempre i vasi più deboli, sono spinte sempre contro il muro»? O è tollerabile che Mercuzio parli a Romeo di «rizzare nel cerchio della sua amata uno spirito di strana natura e lasciarlo là diritto, fino a che lei non l’avesse soddisfatto e placato»? 
Se Shakespeare deve essere derubricato da Bardo a Porco, allora accaniamoci pure su Ovidio, che rischia una denuncia a duemila anni dalla morte. Alla Columbia University, negli Usa, hanno reputato le sue Metamorfosi «un testo che contiene materiale offensivo» in quanto in molti passaggi celebrerebbe lo stupro. Alla gogna in questo caso finirebbero Giove che violenta Ino, Apollo che molesta Dafne e Pan che cerca di abusare Siringa. Mezzo Olimpo, insieme a Ovidio s’intende, dovrebbe essere messo alla sbarra per sessismo. A maggior ragione il poeta latino dovrebbe essere esiliato dalle università, per aver scritto frasi come questa nell’Ars amandi, che qualcuno già pensa di ribattezzare Ars stuprandi: «Se (la donna, ndr) resisterà, vuole solamente così facendo essere vinta. Mi dici che è violenza? Ma questo è quel che vogliono le donne». 
PARITÀ 
Per obbedire alla Par Condicio e non solo al Politicamente Corretto, dovremmo censurare tuttavia anche quelle opere in cui sono le donne a commettere violenze contro i maschi: a Cambridge hanno «attenzionato» tragedie di Euripide come “Le Baccanti”, in cui donne ebbre di Dioniso fanno a pezzi il re di Tebe. 
Negli Usa sono stati invece messi nell’indice dei libri proibiti quei romanzi che esorterebbero al suicidio: “Il Grande Gatsby” di Fitzgerald, nota Giulio Meotti su Il Foglio, é ora accompagnato dalla dicitura «Suicide, domestic abuse and graphic violence»; “Mrs Dalloway” di Virginia Woolf all’università di Rutgers è stato additato come libro in cui le «tendenze suicide» della protagonista potrebbero suscitare «memorie dolorose in ragazzi che soffrono di autolesionismo». 
SALUTE MENTALE 
Siamo alla forme più bieca di censura, doppiamente odiosa perché limita non solo la libertà di espressione ma pretende di mettere il bavaglio a dei capolavori. Ma siamo soprattutto all’amputazione della funzione stessa dell’arte. Dicono di voler mettere in guardia da certe opere per proteggere «la salute mentale» degli studenti o per non turbare i loro animi. Eppure il compito della letteratura, sin dalle tragedie greche, è proprio quello di scuotere le coscienze, di sconvolgerle, rappresentando il Male e la sua ferocia, non certo quello di edulcorare la realtà. Ma niente, pure nel mondo accademico è il tempo dell’ignoranza mista a retorica buonista. 
Ora ci manca solo che Europa, nel senso della figura mitologica, faccia causa a Zeus per averla violentata. E dal Mito si passò al #Meeto.