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 2017  ottobre 31 Martedì calendario

Cosa resta di Lutero e delle sue 95 tesi 500 anni dopo

Nessuno avrebbe immaginato che il 31 ottobre di 5 secoli fa, vigilia della festa di Ognissanti, a Wittemberg, in Sassonia, un fatto di per sé insignificante come l’affissione di due fogli al portone di una chiesa avrebbe finito per mettere in moto un processo tellurico talmente dirompente da sfuggire ancora oggi alle esatte misurazioni. L’incendio che si propagò nella Chiesa fu potente e rapidissimo. Il monaco Martin Lutero, alla nascita Martin Luder, assicurò alle assi di legno due manoscritti che recavano la seguente intestazione: «Disputa circolare per chiarire l’efficacia delle indulgenze». Era l’inizio del sisma. Già l’anno precedente le cronache raccontano che il monaco ribelle approfittò del pulpito per ammonire i fedeli a non ricorrere all’acquisto delle indulgenze, un mercimonio indegno voluto dal Papa per pagare le spese di San Pietro. L’esposizione al pubblico delle famose 95 tesi è sempre stato letto come un gesto di rottura, uno spartiacque nella storia della Chiesa e dell’Europa.
Come siano andate davvero le cose è difficile dirlo, negli anni Sessanta Erwin Iserloh mise in dubbio l’episodio dell’affissione ma la ricostruzione quasi unanime degli studiosi non lascia spazio a dubbi. La storica Silvana Nitti che ha appena pubblicato con l’Editrice Salerno un monumentale volume (Lutero, 521 pagine, 29 euro) scrive: «Non è da escludere la possibilità che le tesi siano state effettivamente affisse al portale che era, in quanto chiesa della residenza dell’Elettore, fondatore e patrono dell’università, normalmente usata per gli avvisi o per il materiale didattico; una specie di bacheca dell’ateneo insomma. Ma è certo che la critica al mito del 31 ottobre 1517 resta pienamente valida proprio in quanto si tratterebbe di un gesto niente affatto sconvolgente».
IL CONCILIO DI TRENTO
Quel passaggio, che poi porterà al Concilio di Trento resta fondamentale per comprendere la storia dell’Europa stessa. Perché il dibattito proposto da Lutero sullo scandalo delle indulgenze, inizialmente indirizzato ad un pubblico ristretto, si allargò fino a diventare qualcosa di potentissimo. Evidentemente le Tesi intercettavano l’animosità che la gente covava contro Roma. Le tesi sfidavano apertamente il papato. Lutero sotto ogni punto di vista è un pezzo della storia europea. «Anche se gli esiti della sua riforma furono in Italia soffocati sul nascere, non per questo fu un elemento straniero o estraneo».
Dal suo pensiero scaturì una visione di pluralità del cristianesimo, così come l’abbandono dell’etica precettistica a favore di una etica della responsabilità che poi, successivamente, favorì l’ingresso a un’etica laica.
La storia aveva voltato pagina, «dal Medioevo si era passati all’Evo Moderno con una attenzione alla persona e alla sua coscienza» scrive l’autrice. Per secoli nel mondo cattolico Lutero è stato considerato il principe degli eretici, anzi, l’Eretico con la E maiuscola. Oggi il giudizio si sta mitigando per effetto del cammino ecumenico. Anche Papa Francesco lo ha definito un grande riformatore. L’ex monaco agostiniano però non si riteneva affatto fuori dalla dottrina; a suo parere l’insegnamento della Bibbia rappresentava il ritorno alle fonti del cristianesimo. Egli inaugurò una teologia nuova che nasceva dal rapporto diretto con la Parola e prendeva corpo dalla Sacra Scrittura. Lutero non smise mai di insegnare teologia. Lo fece fino alla sua morte, e anche dopo il matrimonio con Catharina von Bora, una ex suora dalla quale ebbe sei figli. Il loro fu un matrimonio felice («Io non vorrei scambiare la mia Ketha né per il regno di Francia né per Venezia» scriveva ad un amico).
L’ANTISEMITISMO
L’ultimo capitolo del libro, Silvana Nitti lo riserva al rapporto di Lutero con gli ebrei. Il predicatore fece riferimento al popolo ebraico molte volte nell’arco della sua vita, fino da essere catalogato tra i più convinti antisemiti. Lutero coltivava la speranza che gli ebrei si potessero convertire. L’autrice prova a stemperare le accuse di antisemitismo spiegando che «la sua visione si rifaceva a uno stereotipo assunto acriticamente: l’ebreo che ha tradito le sue stesse radici». Tuttavia questa base finì per riaffiorare inquietante durante il nazismo. «La responsibilità di Lutero sta nell’aver fatto parte della schiera dei teorici dell’antigiudaismo che hanno diffuso per secoli rancore e gelosia, disprezzo contro gli ebrei, senza essere stato capace di distaccarsene, anzi aggiungendovi un particolare pathos teologico. Il suo insegnamento in pratica ha reso possibile l’accecamento di interi popoli di fronte al delirio della soluzione finale».