La Stampa, 31 ottobre 2017
Diamanti, la grande illusione. E l’Antitrust multa le banche
I diamanti saranno anche i migliori amici delle ragazze, come cantava Marilyn, ma non dei risparmiatori, a quanto pare. L’Antitrust al termine di due istruttorie ha comminato in tutto oltre 15 milioni di multa ai due principali broker del settore – la Intermarket Diamond Business (2 milioni di sanzione) e la Diamond Private Investment (1 milione) – e alle banche attraverso cui hanno collocato ai risparmiatori le pietre preziose, vale a dire Unicredit (4 milioni) e Banco Bpm (3,35 milioni) per Idb, Intesa Sanpaolo (3 milioni) e Monte dei Paschi di Siena (2 milioni) per Dpi.
Secondo l’autorità garante della concorrenza nel comportamento delle due società specializzate nella vendita di diamanti per l’investimento sono emersi «profili di scorrettezza» in relazione a «informazioni ingannevoli e omissive» diffuse tramite i siti delle società e il materiale promozionale. Ai consumatori veniva illustrato un mondo illusorio, a cominciare dal prezzo di vendita «presentato come quotazione di mercato», un mercato descritto come «stabile e in costante crescita», con una «agevole liquidabilità» delle pietre «alle quotazioni indicate e con un tempistica certa».
Niente di tutto ciò, l’Antitrust parla di una «pratica commerciale scorretta» tesa a fornire un quadro dell’investimento «parziale, ingannevole e fuorviante». Altro che mercato. Le quotazioni «erano i prezzi di vendita liberamente determinati dai professionisti» in una misura «ampiamente superiore al costo di acquisto della pietra e ai benchmark internazionali di riferimento» come Rapaport e Idex. In sostanza l’andamento di tali quotazioni erano costituite dal prezzo di vendita che le imprese «annualmente e progressivamente» aumentavano. Quanto alla liquidabilità, questa era «unicamente» legata «alla possibilità che il professionista trovasse altri consumatori all’interno del proprio circuito». Dito puntato anche sul ruolo delle banche, usate come principale canale di vendita dalle due società specializzate (sanzionate, queste ultime, anche per aver violato i diritti dei consumatori in tema di recesso). Le banche hanno presentato tale investimento come «bene rifugio» e adatto alla diversificazione, dando – con il loro avallo – quella credibilità che ha indotto molti consumatori all’acquisto «senza effettuare ulteriori accertamenti».