Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 27 Venerdì calendario

La nuova Thatcher? Lesbica e scozzese

LONDRA. «Ci sono due cose che per me sono più importanti del mio partito: la mia patria e i diritti dei gay». Detta da un membro del partito conservatore, l’affermazione potrebbe stupire: anche se due anni fa hanno fatto approvare la legge sul matrimonio fra persone dello stesso sesso, agli occhi di molti i Tories rappresentano ancora la tradizione, la moderazione e per l’appunto il conservatorismo. Ma Ruth Davidson non è un conservatore come tutti gli altri. Nata a Glasgow in una famiglia della classe operaia (il padre, ex calciatore, lavora in una distilleria di whisky), uscita dalla scuola statale gratuita di massa (non dai costosi college privati dell’élite), arruolata nelle forze annate da cui ha ricevuto recentemente il grado onorifico di colonnello, e poi campionessa di kick boxing, giornalista alla Bbc, europeista, anti-indipendentista e apertamente lesbica, la 39enne leader dei Tories in Scozia è il personaggio più nuovo non solo del suo partito ma di tutta la politica britannica. Nella terra di Braveheart, in passato feudo laburista e nell’ultimo decennio dominata dallo Scottish National Party (Snp), il partito indipendentista, alle elezioni del giugno scorso ha raddoppiato i propri deputati, dimezzando quelli dello Snp e di fatto bloccando, almeno per il momento, i piani per un secondo referendum per la secessione dalla Gran Bretagna. Senza i voti da lei guadagnati, il governo diTheresa May avrebbe perso non solo la maggioranza assoluta, ma pure quella relativa, cedendo il potere al Labour. Di fatto, ha salvato il posto alla premier, ma forse non per molto. I media britannici, la comunità finanziaria della City e i bookmaker scommettono che prima o poi glielo porterà via lei stessa, rimpiazzandola come leader nazionale dei Tories e conquistando Downing Street.
Insomma, una conservatrice così non si era mai vista. Al punto che alcuni dubitano delle sue credenziali: in fondo si è iscritta al partito soltanto nel 2009, diventandone la leader scozzese con una rapidità impressionante, nell’arco di appena due anni. Da allora ha esibito un pragmatismo che qualcuno giudica sospetto di opportunismo e di scarsa fedeltà ai valoriTories.
Era contro una maggiore autonomia per la Scozia, ma prima delle ultime elezioni si è schierata per aumentarla. Era contro la Brexit, ma dopo il referendum si è schierata sulle posizioni diTheresa May, dunque per uscire dall’Unione europea, sebbene da allora non faccia che criticare il governo di Londra chiedendo una Brexit il più soft possibile. Aveva sempre smentito di avere ambizioni a livello nazionale («Fare il primo ministro è il mestiere più solitario del mondo»), e ora si corregge: «Non ci sarebbe niente di strano se uno scozzese fosse leader nazionale dei conservatori» (primo passo per diventare premier, ndr). Se a ciò si aggiunge che è un’oratrice abile, appassionata e dalla battuta pronta, è facile capire perché in tanti le predicono un futuro da capo del governo.
La diversità dai conservatori tipici è il suo punto di forza: come e più di David Cameron, il leader che l’ha ispirata a entrare in politica per rinnovarla, è in grado di attirare consensi al di fuori della classica area moderata.
Sul suo cammino ci sarebbe un ostacolo procedurale: per fare il premier bisogna essere membri della Camera dei Comuni, il parlamento britannico, mentre lei è deputato al parlamento di Edimburgo. Ma non è uno scoglio insuperabile: potrebbe candidarsi alla prima elezione per un seggio suppletivo a Londra (c’è sempre qualche deputato che muore o si ritira per un motivo o per l’altro), altrimenti aspettare le elezioni del 2022 per dimettersi dal parlamento e dalla leadership conservatrice di Edimburgo puntando a quelli nazionali. «In ogni modo per i Tories è un bene troppo importante per lasciarlo a lungo in Scozia, specie in un momento in cui la sua presenza sarebbe così importante a Londra» osserva il Times.
Il suo amore per la patria (tutta intera e unita, dunque Scozia inclusa) lo ha espresso indossando l’unifonne dell’esercito; e da quando ha abbandonato la divisa si tiene in forma con gli allenamenti settimanali di kick boxing, tanto per ricordare agli avversari che con lei non si scherza. L’amore per i diritti dei gay è invece una questione personale. «Non è stato facile ammettere, anche con me stessa, di essere lesbica» ha raccontato. «Ma si trattava di decidere se mentire a se stessi o credere in se stessi, e intorno ai vent’anni ho scelto la seconda opzione». La sua partner, Jen Wilson, ha 33 anni ed è irlandese: Davidson l’ha esortata a votare perii matrimonio gay nel referendum che si è svolto nel 2015 in Irlanda. Hanno intenzione di sposarsi, possibilmente all’altare, essendo entrambe cristiane protestanti presbiteriane della Chiesa di Scozia, ma hanno per il momento rinviato il matrimonio per concentrarsi su una delicata operazione chirurgica per il loro adorato cane. A nord del Vallo di Adriano le donne in politica non sono certo una novità: alle scorse elezioni tutti e tre i maggiori partiti – indipendentisti, conservatori e laburisti – ne avevano una alla guida. E due su tre (lei e la leader laburista) erano lesbiche. In verità una donna a Downing Street c’è già, e non è nemmeno la prima. Ma chissà come ci rimarrebbe Margaret Thatcher a vedere al suo posto una conservatrice lesbica, ex colonnello dell’esercito e scozzese. Per non parlare del kick boxing.