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 2017  ottobre 26 Giovedì calendario

Quelli che usano i Bitcoin

Impulsi elettrici che valgono più dell’oro. Da qualche mese il mondo si è scoperto innamorato dei bitcoin, al punto che per acquistarne uno ora ci vogliono circa 6 mila dollari, pari 4,6 once d’oro, 1.500 dollari in più rispetto a inizio ottobre, dieci volte in più di ottobre 2016 e addirittura mille volte di più rispetto a quando nel 2010, il bitcoin passava di mano per pochi centesimi di dollaro tanto che, il 22 maggio di quell’anno, erano serviti 10 mila bitcoin per pagare due pizze e registrare così la prima transazione con la criptovaluta.
Pochi giorni fa ne sono bastati solo sette per aggiudicarsi, a un’asta di beneficienza gestita da CharityStars, una giornata insieme a Cristiano Ronaldo. Meglio quindi familiarizzare con valori più alla portata dei portafogli «comuni»: il millibitcoin, i microbitcoin e i satoshi, rispettivamente pari a 0,001, 0,000001 e 0.000000001 bitcoin. Tutto di questa criptovaluta è avvolto nel mistero. A partire dalla sua nascita nel 2009 a opera di un personaggio leggendario, noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, che ha introdotto il primo mezzo di pagamento creato elettronicamente {nel box a sinistra, il processo di estrazione, ndr), frutto di complicati algoritmi e del tutto indipendente dallo strapotere di Stati e banche.
Per gli sviluppatori si trattava di un universo sconosciuto da esplorare, per gli intellettuali di un modello alternativo di economia e per i trader di un’opportunità ulteriore d’investimento. Filosofia di vita o pura speculazione finanziaria, religione o primi spiragli di un futuro ormai prossimo. Per i non «addetti ai lavori» già la definizione di bitcoin, il linguaggio da iniziati e la tecnologica sottostante (blockchain) appaiono piuttosto oscuri, figuriamoci le modalità di utilizzo. Eppure questi termini sono ormai entrati nel linguaggio comune, se ne parla persino in palestra e al supermercato, tra investitori di ogni tipo attratti dai rapidi guadagni e dalla nuova frontiera hi-tech.
I 16 milioni circa di bitcoin presenti nel mondo valgono in tutto 100 miliardi di dollari, due volte la capitalizzazione di Eni e più del Prodotto interno lordo di Paesi come Lussemburgo, Croazia e Maldive, ma comunque un valore infinitesimale rispetto alla liquidità globale e persino meno del valore di molti gruppi quotati (la sola Apple, per dire, quota 810 miliardi di dollari). Eppure i bitcoin continuano a fare scalpore tra nuovi record e traguardi spostati sempre più in avanti. Ci sono municipalità pubbliche dove versare le tasse in bitcoin (come Chiasso e Zug in Svizzera), università dove le rette si pagano con la valuta virtuale (Cipro), multinazionali che accettano pagamenti in criptovaluta (Expedia, Microsoft, Amazon, Dell) e un numero crescente di beni e servizi che possono essere acquistati con la moneta elettronica: dalla cena al ristorante alla corsa in taxi fino al futuristico viaggio spaziale promosso, per una data ancora da destinarsi, da Virgin Galactic. Insomma, Lifeon Bitcoin, avveniristico documentario girato nel 2013 da una coppia di sposini (Austin Craig e Beccy Bingham) che avevano vissuto per tre mesi utilizzando solo la criptovaluta, sta diventando realtà e non solo nel super tecnologico Giappone, dove oltre 300 mila esercizi si sono aperti alla moneta elettronica, ma anche a Rovereto dove si è insediata una Bit Valley tricolore nella città d’origine di Fortunato Depero, artista futurista di inizio ‘900.
Certo non mancano le zone d’ombra, come i furti in rete e l’uso delle monete digitali per fini illeciti, e nuovi ostacoli. Arabia Saudita, Kyrgyzstan, Ecuador, Bangladesh e Bolivia hanno dichiarato la critpovaluta illegale, mentre Cina, Corea del Sud e Russia hanno alzato le barricate sulle lnitial coin offering (lco), ovvero alle raccolte di capitali attraverso la creazione di nuove criptovalute, mentre Russia ed Estonia stanno studiando una propria moneta elettronica statale regolare e tassata.
E mentre si diffonde la bitcoin mania, c’è chi mette in guardia dal rischio di bolla. «La valuta virtuale non ha corso legale in nessun Stato e non ha ancora creato un’economia reale. Non c’è quindi alcuna garanzia che il valore dei bitcoin duri nel tempo. In Italia accettare bitcoin come forma di pagamento è comunque legale ed è equiparato al baratto» spiega Andrea Missaglia, avvocato e consulente di Altroncosumo. «È vero» controbatte Nicola Vaccari, fondatore di InBitcoin, start-up che sviluppa soluzioni per l’uso dei bitcoin, «ma anche l’oro come strumento di scambio è stato accettato nel corso della storia per la sua rarità (il numero di bitcoin è limitato a 21 milioni e sarà raggiunto nel 2040 con un processo di estrazione sempre più lento, ndr) e non duplicabilità, le stesse caratteristiche presentate, in un mondo sempre più digitale, dal bitcoin». Una buona notizia poi viene dal fisco. Per l’Agenzia delle entrate i guadagni generati dalla rivalutazione dei bitcoin non sono tassati e, stando a quanto statuito dalla Corte di Giustizia Ue, la conversione delle valute non è soggetta a Iva. Ma si tratta di scenari che possono mutare velocemente.
Se sul futuro dei bitcoin come mezzo di pagamento le opinioni sono contrastanti, le attese sulla blockchain, la tecnologia alla base dell’estrazione e che opera come un sigillo alle operazioni digitali garantendone l’immutabilità, sono invece molto elevate. Per la banca svizzera Ubs il valore generato da questa tecnologia già a partire dal 2027 sarà di 300-400 miliardi l’anno, quattro volte l’attuale capitalizzazione dei bitcoin.