30 ottobre 2017
APPUNTI SU TRUMP E RUSSIAGATE PER LA GAZZETTA –
++ Russiagate: avv. Trump, non interferirà con indagine ++
E non licenzierà il procuratore speciale Robert Mueller (ANSA) - WASHINGTON, 30 OTT - Il presidente "non interferirà con l’indagine del procuratore speciale", e "non licenzierà Mueller": lo ha detto alla Cnn Jay Sekulow, avvocato di Donald Trump.(ANSA). SAV/SAV 30-OTT-17 18:37 NNNN
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= IL PUNTO = Russiagate: primi arresti fra collaboratori di Trump =
(AGI) - Washington, 30 ott. - L’ex capo della campagna elettorale di Donald Trump, Paul Manafort, e il suo socio Rick Gates si sono costituiti all’Fbi dopo essere stati incriminati per il Russiagate. Ai due era stato chiesto di consegnarsi alle autorita’ americane dopo che il Gran Giuri’ che indaga sulle ingerenze di Mosca nelle presidenziali Usa gli ha contestato 12 capi di imputazione, tra cui cospirazione contro gli Stati Uniti e riciclaggio. La reazione del presidente americano +¿ arrivata, ancora una volta, via Twitter: "NO COLLUSION!", "Nessuna collusione!" con la Russia tutto maiuscolo, un vero e proprio grido secondo il galateo di Internet. Trump ha definito "roba vecchia di anni" le accuse mosse a Manafort. Nell’inchiesta c’e’ anche un terzo incriminato, George Papadopoulos, ex membro dello staff elettorale di Trump, che si e’ dichiarato colpevole di aver mentito agli inquirenti "sui vincoli e il coordinamento tra individui associati alla campagna elettorale e gli sforzi del governo russo per interferire nelle elezioni".-á Secondo il New York Times, che ha pubblicato sul proprio sito l’intero testo dell’accusa, nel 2016 Manafort avrebbe partecipato a un incontro con alcuni personaggi legati a Mosca, che promettevano rivelazioni compromettenti sulla candidata democratica Hillary Clinton. L’ex capo della campagna elettorale di Trump, e’ l’accusa, "usava la ricchezza nascosta all’estero per godere di uno stile di vita lussuoso negli Stati Uniti senza pagare le imposte su quei redditi". Manafort, nello staff elettorale di Trump tra il marzo e l’agosto del 2016, quando era stato costretto a dimettersi per ombre su una consulenza all’ex presidente filo-russo dell’Ucraina, avrebbe riciclato 18 milioni di dollari. E’ proprio questa l’accusa piu’ grave che il 68enne titolare di una potente societa’ di lobbying vicina ai repubblicani e il suo socio 61enne Rick Gates, dovranno fronteggiare: rischiano fino a 20 anni di carcere. (AGI) Ant (Segue) 301827 OTT 17 NNNN
= IL PUNTO = Russiagate: primi arresti fra collaboratori di Trump (2)=
(AGI) - Washington, 30 ott. - Gates aveva collaborato con Manafort alla campagna elettorale di Trump. Anche dopo aver lasciato il team, avrebbe continuato a frequentare la Casa Bianca. Secondo il New York Times, il nome di Gates compare nei documenti collegati alle aziende che l’impresa Manafort avrebbe istituito per ricevere pagamenti in Europa orientale. Infine, George Papadopoulos, ex consigliere politico di Donald Trump nel corso della sua campagna elettorale del 2016, sapeva che Mosca era in possesso di "sporcizie" a proposito di Hillary Clinton, intese come notizie in grado di danneggiarla nella corsa alla Casa Bianca. Queste informazioni erano sotto forma di "migliaia di mail". Lo si legge nel documento del tribunale del distretto di Columbia in possesso del New York Times. Glielo aveva riferito, ad aprile 2016, un professore molto vicino al governo russo. Papadopoulos si e’ dichiarato colpevole di aver mentito all’Fbi a proposito di quella conversazione. Il professore, di cui non e’ nota l’identita’, presento’ Papadopoulos a una donna, identificata come parente del presidente russo Vladimir Putin, e a un rappresentante del ministero degli Esteri del Cremlino. Il consigliere politico di Trump cerco’ ripetutamente di organizzare un incontro tra i responsabili della campagna elettorale repubblicana e gli ufficiali del governo russo. In una mail tra Papadopoulos e la donna russa di cui si legge nei documenti del tribunale, quest’ultima diceva che "tutti sono molto eccitati dall’idea di avere un buon rapporto con Trump". (AGI) Ant 301827 OTT 17 NNNN
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Fed: attesa nomina Trump giovedi’, mentre esplode Russiagate
Casa Bianca conferma rumors. Annuncio a vigilia viaggio Asia (ANSA) - NEW YORK, 30 OTT - La Casa Bianca conferma: il presidente Donald Trump dovrebbe annunciare giovedi’ la sua scelta per il prossimo presidente della Fed. Lo riferisce un funzionario dell’amministrazione Trump. L’annuncio dovrebbe avvenire alla vigilia del viaggio in Asia e all’indomani della riunione della Fed. Per Trump la settimana in corso e’ di fuoco fra l’economia e la politica: mentre i primi risultati dell’indagini sul Russiagate iniziano a emergere, con le accuse ufficiali all’ex responsabile della campagna di Trump Paul Manafort, in calendario ci sono anche la riunione della Fed, l’annuncio sul prossimo presidente della banca centrale americana, l’atteso dato sul mercato del lavoro americano e la partenza per l’Asia di Trump fra la minaccia della Corea del Nord.(ANSA). DRZ 30-OTT-17 16:38 NNNN
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PAOLO MASTROLILLI, LASTAMPA.IT 30/10 –
Paul Manafort, ex manager della campagna presidenziale di Donald Trump, si è consegnato alle 8,15 di stamattina all’Fbi. Insieme al suo collaboratore Rick Gates, è accusato di 12 potenziali reati, che includono frode fiscale, riciclaggio e cospirazione contro gli Stati Uniti. E’ il primo colpo dell’inchiesta condotta dal procuratore speciale Robert Mueller sulle collusioni tra la campagna di Trump e la Russia, per deragliare la candidatura di Hillary Clinton. La reazione iniziale della Casa Bianca è che i capi di accusa non riguardano il presidente, o le attività elettorali in maniera specifica, ma il timore è che questo sia solo l’inizio di un’offensiva legale capace di travolgere l’amministrazione.
Manafort era stato assunto da Trump nel marzo dell’anno scorso, come consigliere per la gestione della Convention, quando sembrava che la sua nomination sarebbe stata contestata. A giugno però Paul era diventato il manager della campagna, prendendo il posto di Corey Lewandowski. Alla fine di agosto, il consigliere di origini italiane era stato costretto alle dimissioni, quando si scoprì che aveva ricevuto diversi milioni di dollari per il lavoro compiuto a favore di politici ucraini legati alla Russia. Il suo posto era stato preso da Steve Bannon.
Mueller lo ha incriminato con un documento di 31 pagine, che contiene 12 capi d’accusa. I più gravi riguardano la frode fiscale, il riciclaggio, e la cospirazione per danneggiare gli Stati Uniti, la falsa testimonianza. I suoi comportamenti illegali avrebbero riguardato in particolare i soldi ricevuti dall’Ucraina e transitati su conti bancari a Cipro, mai denunciati, e sarebbero continuati fino al 2017, cioè anche nel corso della campagna presidenziale. Rick Gates, stretto collaboratore di Manafort anche all’epoca delle elezioni, è accusato degli stessi reati.
La prima reazione della Casa Bianca è che i crimini contestati non riguardano Trump, e non anno a che fare con la presunta collusione con la Russia durante la campagna presidenziale. Quindi se Manafort finirà in prigione, la cosa riguarderà solo lui e i suoi comportamenti personali, tenuti prima delle elezioni. Donald avrebbe solo commesso l’errore di fidarsi del consigliere sbagliato. Non è un bella notizia per la sua immagine, ma non si tratta di un reato, o della prova di aver cospirato con Mosca.
I problemi con questa linea di difesa sono due. Primo, anche se fosse vero che i presunti crimini di Manafort erano legati solo ai suoi comportamenti fiscali precedenti alla campagna elettorale, i suoi legami con la Russia e i suoi interessi potrebbero costituire la motivazione e il canale per cospirare con Putin a favore di Trump. Secondo, è difficile che Donald non sapesse nulla di tutto questo, mentre Paul gestiva la sua corsa alla Casa Bianca. Terzo, l’incriminazione di oggi potrebbe rappresentare solo il primo passo, che Mueller intende usare per raccogliere informazioni dannose sullo stesso presidente. Per evitare la prigione, infatti, Manafort potrebbe accettare di rivelare altri particolari sulla campagna, capaci di allargare l’inchiesta e avvicinarla allo stesso Trump o la sua famiglia.
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ILSOLE24ORE.COM –
Paul Manafort, l’ex capo della campagna elettorale di Donald Trump indagato nel Russiagate, si è consegnato alle autorità federali dell’Fbi a Washington: tra le dodici accuse a lui contestate spiccano il riciclaggio di denaro e la cospirazione contro gli Stati Uniti. Manafort avrebbe cospirato contro gli Usa in un periodo compreso tra il 2006 e il 2017. Quindi non tutti gli episodi contestati sono di «anni fa» come ha twittato Trump.
Manafort avrebbe poi costituito società di comodo attraverso i suoi legami in Ucraina per importare fondi negli Usa con i quali avrebbe acquistato proprietà immobiliari e auto di lusso. Il periodo incriminato va dal 2006 al 2017, e dunque riguarda anche i tre mesi in cui ha guidato la campagna elettorale di Trump, contrariamente a quanto dichiarato via Twitter dal presidente, che ha parlato di fatti precedenti alla campagna.
Manafort è il primo a essere incriminato nell’inchiesta speciale del dipartimento alla Giustizia affidata a Robert Mueller sulle possibili interferenze della Russia nelle presidenziali americane del 2016.
Secondo la stampa americana, i dettagli dei capi di accusa contro Manafort e contro il suo ex partner in affari Rick Gates - definiti venerdì scorso dal Gran Giurì federale - saranno rivelati nelle prossime ore.
Manafort, 68 anni, ha gestito la campagna di Trump dal giugno all’agosto 2016, prima di dimettersi per il sospetto che avesse ricevuto da un partito politico ucraino filo-russo, il Partito delle Regioni dell’ex presidente Viktor Yanukovich, pagamenti illegali per milioni di dollari. Le indagini di Mueller hanno riguardato i legami finanziari e immobiliari tra Manafort e il partito di Yanukovich, e il potenziale riciclaggio di denaro sporco, oltre ad altri possibili crimini finanziari.
Gates, business partner di Manafort per parecchi anni, è legato a diversi oligarchi ucraini e russi. Da parte sua, Trump ha sempre respinto l’accusa di collusione con i russi, definendo l’inchiesta una «caccia alle streghe». Anche prima della pubblicazione del rapporto Manafort Kellyanne Conway, consulente di Trump, aveva ripetuto che le accuse verso il lobbyista non avrebbero necessariamente coinvolto il presidente. «Qualunque cosa porti lunedì l’inchiesta Mueller - aveva detto la Conway - non sappiamo neppure se ha a che fare con la campagna».
Non solo Manafort
L’affare Manafort non è l’unico guaio di giornata per il presidente Trump.
George Papadopolous, ex collaboratore volontario della campagna di Trump, si è dichiarato colpevole per aver reso false dichiarazioni all’Fbi nell’ambito delle indagini sul Russiagate del procuratore speciale Robert Mueller. Lo rende noto l’ufficio dello stesso procuratore. Papadopolous ha mentito all’Fbi «sui tempi,
l’estensione e la natura dei suoi rapporti e della sua interazione con certi stranieri che aveva capito avere strette connessioni con alti dirigenti del governo russo».
Papadopoulos ha detto il falso in merito a incontri con un professore russo legato al Cremlino e che gli disse di avere informazioni compromettenti per Hillary Clinton, la rivale democratica di Trump nella corsa verso la Casa Bianca. Quella che riguarda Papadopoulos è un’inchiesta separata rispetto a quella che ha portato all’incriminazione di Manafort.
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IL POST 30/10 –
Ci sono due grosse notizie sull’indagine giudiziaria che riguarda le interferenze russe nel corso delle ultime elezioni americane, la presunta collaborazione tra il governo russo e il comitato elettorale di Donald Trump e i presunti tentativi di Donald Trump di ostacolare la suddetta indagine.
La prima notizia è che un ex consigliere di Trump, George Papadopolous, è stato arrestato a fine luglio, si è dichiarato colpevole di falsa testimonianza all’FBI, ha ammesso di aver incontrato esponenti del governo russo in campagna elettorale per parlare di come danneggiare Hillary Clinton e sta collaborando con l’indagine. La seconda notizia è che Paul Manafort, ex capo del comitato elettorale di Donald Trump, e il suo ex socio Rick Gates sono stati incriminati e si sono consegnati alle autorità federali statunitensi. Manafort e Gates, che hanno collaborato informalmente con Trump fino a poco tempo fa, sono stati incriminati per cospirazione contro gli Stati Uniti, riciclaggio di denaro, frode fiscale, violazione delle leggi sulle lobby e falsa testimonianza.
George Papadopolous, ex consulente di Trump per la politica estera, si è dichiarato colpevole per aver mentito all’FBI sull’interferenza della Russia e sta collaborando con le indagini; lo stesso Papadopolous inoltre ha raccontato di aver incontrato esponenti del governo russo durante la campagna elettorale e che sapeva che questi avevano migliaia di email di Hillary Clinton (presumibilmente le stesse poi diffuse da Wikileaks) già ad aprile del 2016, molto prima che gli attacchi informatici diventassero pubblici. Papadopolous aggiornò diversi altri membri del comitato Trump sui suoi contatti con i russi.
A questo punto Papadopolous è la seconda persona vicina a Trump – la prima è suo figlio Donald Jr. – che sappiamo con certezza aver incontrato rappresentanti del governo russo in campagna elettorale per discutere di come i russi possedessero materiale potenzialmente dannoso per Hillary Clinton. Durante la campagna elettorale Donald Trump chiese pubblicamente alla Russia di hackerare la posta elettronica di Hillary Clinton per trovare le email che aveva cancellato quando era segretario di Stato; Papadopolous ha mentito all’FBI lo stesso giorno in cui Trump disse all’ex capo dell’FBI – James Comey, che poi licenziò – che voleva la sua fedeltà.
Riguardo la seconda notizia, secondo i documenti che motivano l’incriminazione di Manafort e Gates, “Manafort ha usato una fortuna nascosta oltreoceano per mantenere uno stile di vita di lusso negli Stati Uniti, senza pagare tasse su quel reddito. […] A questo scopo sia Manafort che Gates hanno mentito ripetutamente al fisco”. I fatti riguardano un periodo che va dal 2006 fino “almeno” al 2016. L’abitazione di Manafort era stata perquisita alla fine dello scorso luglio, e da allora Manafort era considerato la persona messa peggio dal punto di vista legale tra quelle più vicine a Donald Trump. Manafort è stato capo del comitato elettorale di Donald Trump da marzo ad agosto del 2016; fu licenziato quando emersero sui giornali i primi indizi sui suoi lunghi e intricati rapporti con imprenditori russi e ucraini molto vicini a Vladimir Putin, compresa una consulenza da 12 milioni di dollari per Viktor Yanukovych, l’ex presidente dell’Ucraina molto filo-russo.
Il presidente Donald Trump ha reagito con due tweet in cui dice che le accuse su Manafort si riferiscono a molti anni fa (non è vero, come abbiamo visto), che i procuratori dovrebbero occuparsi della collaborazione tra Hillary Clinton e la Russia (un’accusa senza prove) e che comunque le accuse contro Manafort non riguardano la presunta collaborazione tra il suo comitato e la Russia; le accuse contro Papadopoulos però suggeriscono il contrario, e comunque la notizia di oggi è il punto di partenza della fase più importante dell’indagine, non quello finale.
L’indagine è condotta dal procuratore speciale Robert Mueller, nominato dopo il licenziamento del capo dell’FBI James Comey, che ha poteri molto ampi: potrebbe perseguire anche reati non immediatamente collegati al caso Russia, se indagando sul caso Russia dovesse imbattersi in qualcosa di illegale.
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CORRIERE.IT 30/10 –
I primi due imputati del «Russiagate» sono Paul Manafort e il suo partner d’affari, Rick Gates, ex consiglieri di Donald Trump nel corso della campagna elettorale. I due si sono presentati intorno alle 8 di lunedì 30 ottobre nella sede dell’Fbi di Washington, insieme con i loro legali. Un modo per evitare le manette. I capi di imputazione sono dodici: dall’evasione fiscale al riciclaggio, alla violazione delle regole che disciplinano la professione di lobbista. Nessun reato è connesso all’attività politica. Anche il primo capo di imputazione: «cospirazione contro gli Stati Uniti fino al 2017», andrebbe inteso, spiegano gli esperti di diritto, nel contesto delle violazioni tributarie. In particolare il capo d’accusa contro il collaboratore di Trump riporta che «Manafort usava la ricchezza nascosta all’estero per godere di uno stile di vita lussuoso negli Stati Uniti senza pagare le imposte su quei redditi». Manfort, scrive il New York Times, avrebbe riciclato 18 milioni di dollari. Proprio il riciclaggio rappresenta l’accusa più grave che il 68enne, e il suo socio 61enne Rick Gates, dovrà fronteggiare: rischia fino a 20 anni di carcere.
Trump e gli avvocati
Manafort, 68 anni, lobbysta e avvocato di Washington, è entrato nel team elettorale di Trump nel marzo del 2016, diventandone poi il responsabile a giugno. Lasciò l’incarico il 19 agosto 2016. Parallelo il percorso di Gates, 45 anni, partner d’affari di Manafort. Il presidente ha commentato su Twitter: «Scusate ma si tratta di cose risalenti ad anni fa, prima che Paul Manafort fosse parte della campagna Trump». In realtà i capi di accusa contro Manafort e del suo ex socio Gates dicono che avrebbero cospirato contro gli Usa in un periodo compreso tra il 2006 e il 2017, quindi non tutti gli episodi contestati sono di «anni fa», come ha twittato Trump. Il presidente Usa è tornato poi a sparare a zero contro la sua ex rivale democratica alle elezioni presidenziali dello scorso novembre: «Perché la corrotta Hillary (Clinton, ndr) e i democratici non sono il centro dell’attenzione?????». In un altro tweet, Trump ha scritto: «....Inoltre, non c’è alcuna collusione!», ha aggiunto il presidente. Manafort e il suo ex socio d’affari sono i primi a essere stati incriminati nell’ambito del Russiagate dal procuratore speciale Robert Mueller, che sta indagando sull’interferenza della Russia nelle elezioni Usa e sull’eventuale collusione tra lo staff della campagna Trump e funzionari russi. Le accuse contro Manafort sembrano derivare dal lavoro compiuto per un partito politico filo-russo in Ucraina.
Le ipotesi e i reati
Come previsto il super procuratore ha scelto un approccio minimalista: la sua prima mossa tocca vicende collaterali rispetto al nerbo dell’inchiesta, cioè i sospetti di collusione tra i collaboratori di Trump e il governo russo. L’Fbi contesta a Manafort e Gates violazioni commesse dal 2005 al 2010-2011, con una coda fino al 2017. L’epicentro dovrebbe essere la dichiarazione fiscale di Manafort del 2010-2011. Al centro delle indagini i rapporti tra Manafort e il suo partner d’affari Gates con il presidente dell’Ucraina Viktor Yanuckovich, poi defenestrato nel 2014 dalla rivolta di Maidan, e con gli oligarchi che dominavano l’economia del Paese, come Oleg Deripaska.
Mesi di processo
Nell’agosto scorso gli agenti federali avevano tirato giù dal letto Manafort, perquisendo all’alba la sua casa di Alexandria, vicino a Washington. Tra l’altro l’Fbi sospetta che Manafort abbia ricevuto un compenso in nero di 12,7 milioni di dollari da società ucraine. Nel corso della mattinata Manafort e Gates saranno condotti davanti alla Corte che formalizzerà i capi d’accusa. La difesa respingerà gli addebiti, i due, a quel punto ufficialmente imputati, si dichiareranno «non colpevoli». La Corte fisserà il calendario delle udienze e l’eventuale adozione di misure cautelari. Manafort e Gates potrebbero dover pagare una cauzione per tornarsene a casa, con limitazioni di movimento. Il processo si presenta molto complesso e, secondo le previsioni, potrebbe durare almeno sei mesi.
Le prime ammissioni
Intanto George Papadopolous, ex collaboratore volontario della campagna di Trump, si è dichiarato colpevole per aver reso false dichiarazioni all’Fbi nell’ambito delle indagini sul Russiagate del procuratore speciale Robert Mueller. Lo rende noto l’ufficio dello stesso procuratore. Papadopolous ha mentito all’Fbi «sui tempi, l’estensione e la natura dei suoi rapporti e della sua interazione con certi stranieri che aveva capito avere strette connessioni con alti dirigenti del governo russo». In particolare Papadopoulos sapeva che Mosca era in possesso di «sporcizie» a proposito di Hillary Clinton, intese come notizie in grado di danneggiarla nella corsa alla Casa Bianca. Queste informazioni erano sotto forma di «migliaia di email». Lo si legge nel documento del tribunale del distretto di Columbia in possesso del New York Times. Glielo aveva riferito, ad aprile 2016, un professore molto vicino al governo russo. Il consigliere politico di Trump cercò ripetutamente di organizzare un incontro tra i responsabili della campagna elettorale repubblicana e gli ufficiali del governo russo. In una email tra Papadopoulos e la donna russa di cui si legge nei documenti del tribunale, quest’ultima diceva che «tutti sono molto eccitati dall’idea di avere un buon rapporto con Trump».
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REPUBBLICA.IT 30/10 –
L’ex manager della campagna del presidente Donald Trump, Paul Manafort si è costituito all’Fbi. A lui e a Rick Gates, uomo d’affari legato al tycoon, era stato chiesto di consegnarsi alle autorità americane. Lo riporta il New York Times citando alcune fonti, secondo le quali non è chiaro per quale delle accuse è stato chiamato a comparire. In totale sono dodici i reati contestati nell’ambito dell’inchiesta Russiagate, tra cui riciclaggio e cospirazione contro gli Stati Uniti. Secondo i media, Manafort rischia fino a 80 anni di prigione, mentre Gates 70. Per entrambi potrebbero esserci anche multe da milioni di dollari.
Immediato l’intervento del Presidente su Twitter per ribadire che tra la sua campagna e i russi non c’è stata alcuna cooperazione: "Mi dispiace, ma i fatti per cui è accusato Manafort risalgono a prima che entrasse nella mia campagna elettorale. Con Mosca nessuna collusione". Ma i tempi non coincidono: i fatti per cui l’ex collaboratore di Trump è accusato per cospirazione, infatti, secondo le accuse coprono un periodo compreso tra il 2006 e il 2017.
Sulla tempistica è intervenuto anche l’avvocato del Presidente Jay Sekulow: "Non siamo preoccupati, sono tutti episodi che non riguardano la campagna".
· L’ACCUSA DI RICICLICAGGIO
Per l’accusa Manafort avrebbe "riciclato oltre 18 milioni di dollari" che avrebbe usato "per comprare beni, proprietà e servizi negli Stati Uniti". Si tratta di entrate che Manafort ha tenuto nascoste al Tesoro e al Dipartimento di Giustizia Usa. Il suo socio in affari, Rick Gates, avrebbe trasferito oltre 3 milioni di dollari da altri conti offshore. Lo si legge nell’atto di rinvio a giudizio approvato da un Gran Giurì su richiesta del procuratore speciale Robert Mueller. In totale "oltre 75 milioni di dollari sono passati sui conti offshore" di Paul Manafort.
· IL PASSATO DI MANAFORT
Lo stratega repubblicano era diventato responsabile della campagna elettorale di Trump a marzo, ma pochi mesi più tardi era stato costretto a·dimettersi. Secondo alcune indiscrezioni aveva ricevuto 12 milioni di euro da Viktor Yanukovich, l’ex presidente ucraino, per il quale aveva lavorato come consigliere politico.
Secondo il New York Times nel 2016 Manafort avrebbe partecipato a un incontro con alcuni personaggi legati a Mosca, che promettevano rivelazioni compromettenti sulla candidata democratica Hillary Clinton. A fine luglio poi gli agenti dell’Fbi avevano effettuato una perquisizione a sorpresa nella sua abitazione, portando via decine di faldoni e documenti.
· EX COLLABORATORE CONFESSA
Nell’inchiesta c’è anche un terzo incriminato, George Papadopolous, ex collaboratore volontario della campagna di Trump, che a sorpresa ha confessato e si è dichiarato colpevole di aver mentito all’Fbi nell’ambito delle indagini sul Russiagate condotte dal procuratore speciale Robert Mueller.
A renderlo noto è stato l’ufficio del procuratore Robert Mueller, secondo il quale Papadopolous ha testimoniato il falso "sui tempi, l’estensione e la natura dei suoi rapporti e della sua interazione con certi stranieri che aveva capito avere strette connessioni con alti dirigenti del governo russo".
In una email del marzo 2016, Papadopoulos propose di organizzare un incontro tra dirigenti russi e dirigenti della campagna di Trump, con oggetto "Incontro con la leadership russa, incluso Putin". Secondo un suo portavoce, la proposta fu però respinta dallo stesso Manafort.
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>ANSA-SCHEDA/ Russiagate: le tappe dell’inchiesta
Tutto partito dagli attacchi hacker durante le primarie Usa (ANSA) - WASHINGTON, 30 OTT - Il Russiagate affonda la sue radici nell’ultima campagna elettorale americana, quando l’Fbi nel massimo della riservatezza apri’ (parallelamente all’inchiesta sulle mail di Hillary Clinton) un’indagine sulle possibili interferenze di Mosca, volte a influenzare il voto e a favorire il candidato Donald Trump. Ad indagare e’ anche il Congresso. Ecco le principali tappe della vicenda: * MARZO 2016, IL CASO PODESTA. Parte il primo attacco in piena sfida per le primarie. Ad essere colpito il responsabile della campagna Clinton, che riceve una falsa mail con cui gli hacker riescono ad accedere ai contenuti della casella postale. * GIUGNO 2016, ATTACCO AI DEM. Arriva un’offensiva ben piu’ vasta contro la rete informatica del partito democratico. Tempo dopo Wikileaks pubblica 20 mila mail che testimoniano un boicottaggio ai danni di Bernie Sanders per favorire Clinton, creando imbarazzo alla ex first lady. La presidente del Democratic National Committee e’ costretta a dimettersi. * LUGLIO 2016, I SOSPETTI SU MOSCA. Gli 007 per la prima volta ammettono di avere la quasi certezza che dietro a tutto ci sia il governo russo. Intanto gli hacker sferrano un nuovo attacco alla campagna della Clinton. * DICEMBRE 2016, L’ATTO DI ACCUSA. Trump e’ ormai presidente. E per l’intelligence Usa non ci sono piu’ dubbi: il Cremlino ha tentato di interferire per danneggiare Clinton e favorire Trump. Lo stesso Obama parla di prove che portano direttamente a Vladimir Putin. * FEBBRAIO 2017, I CASI FLYNN E SESSIONS. L’ex generale Michael Flynn scelto da Trump come consigliere per la sicurezza nazionale e’ silurato per aver celato al vice presidente Mike Pence i contenuti del suo incontro con l’ambasciatore in Usa Sergei Kislyak. Anche il ministro della giustizia Jeff Sessions viene coinvolto per incontri non dichiarati con Kislyak ed e’ costretto ad auto ricusarsi dalla gestione dell’inchiesta. Nel mirino pure il genero del tycoon, Jared Kushner, per aver incontrato Kislyak, con lo scopo di creare un canale segreto con Mosca, e il capo della banca russa Veb (sotto sanzioni Usa). * MAGGIO 2017, VIA COMEY. Con una mossa clamorosa Trump licenzia il capo dell’Fbi che indaga sul Russiagate. Sara’ lo stesso Comey davanti al Congresso a parlare di pressioni subite dal presidente per insabbiare l’inchiesta. Intanto viene nominato dal dipartimento di giustizia un procuratore speciale, Robert Mueller, per coordinare le indagini. * GIUGNO 2017, TRUMP INDAGATO. E’ il Washington Post a svelare che il procuratore speciale sta indagando sul presidente in persona, sospettato di aver ostacolato la giustizia nelle indagini sul Russiagate. Il suo avvocato nega. * LUGLIO 2017: PRIMO INCONTRO TRUMP-PUTIN. BUFERA SU TRUMP JR Il presidente assicura di aver incalzato il leader russo sulle interferenze nel voto ma il Cremlino sostiene che Trump ha accettato il diniego di Mosca. Gli ultimi sviluppi sono l’incontro tra Donald Trump jr, il figlio maggiore del presidente, e una avvocata russa che gli aveva promesso materiale compromettente su Hillary Clinton. Intanto a Washington emerge che il procuratore Mueller sta prendendo in considerazione come oggetto dell’inchiesta anche le finanze del tycoon eletto presidente. Alla fine del mese poi si apprende che agenti dell’Fbi hanno perquisito l’abitazione dell’ex manager della campagna elettorale di Trumpo, Paul Manafort, sequestrando diverso materiale grazie ad un apposito mandato. * AGOSTO 2017, MUELLER CONVOCA GRAND JURY a Washington, che e’ al lavoro da alcune settimane e ha gia’ emesso i primi mandati. * OTTOBRE 2017, GRAND JURY APPROVA PRIME INCRIMINAZIONI, che portano Manafort a costituirsi, insieme con il suo ex socio Rick Gates. Qualche ora dopo l’ex collaboratore della campagna di Trump, George Papadopolous, si dichiara colpevole per aver reso false dichiarazioni all’Fbi. SAV-RP 30-OTT-17 18:41 NNNN