Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 28 Sabato calendario

Meglio un giorno da catalani che 100 da Rajoy

Per i catalani il 27 ottobre 2017 è già storia, uno di quei giorni da ricordare e celebrare da qui all’eternità. 
Ma il voto del Parlament a favore dell’indipendenza e della Repubblica catalana è solo la conseguenza non tanto del disastrato referendum del primo ottobre, quanto di quello che è successo l’altroieri, giovedì 26 ottobre, giorno in cui più o meno inconsapevolmente si è celebrato una delle tante «sliding doors» della Storia. Se infatti Puigdemont con il discorso della Galeria Gòtica del Palau avesse convocato le elezioni come avrebbe voluto solo qualche ora prima, adesso saremmo qui a raccontarci tutt’altro. Vi avremmo probabilmente detto della vittoria senza se né ma del premier Rajoy, di un movimento indipendentista catalano disintegrato e sotterrato, della piazza di Barcellona infuriata e di Bruxelles che pavidamente tira un sospiro di sollievo. 
E invece la Storia, come spesso accade, ha consegnato nelle mani di un piccolo (non di altezza) e maldestro uomo le chiavi per cambiare il corso degli eventi, facendoli sterzare verso lidi ormai quasi insperati e tuttora inesplorati. La scelta del destino è caduta su Xavier Garcia Albiol, leader del Pp catalano, il quale, mentre Puigdemont stava vivendo il momento più difficile della sua vita, è intervenuto al Parlament dicendo che qualunque decisione il presidente della Generalitat avesse preso, il governo di Madrid avrebbe in ogni caso applicato l’art.155, alla faccia di tutti i contatti per la trattativa in corso. A quel punto i dubbi di Puigdemont di sono magicamente disintegrati e su di lui hanno trionfato gli indipendentisti duri e puri che lo hanno convinto al passo decisivo. Questi ultimi, che non sono né kamikaze né stupidi, si sono persuasi non senza ragione che alla loro causa non restava che una sola via d’uscita, una sola strada possibile, e cioè quella di ritornare la palla al rivale Rajoy, costringendolo a decisioni impopolari e dolorose per tutti i catalani, unionisti compresi. Indire elezioni senza che vi fosse una vera proclamazione di indipendenza da una parte e il passaggio dell’applicazione dell’art.155 dall’altra sarebbe stato come dichiarare la propria sconfitta costringendosi a una trattativa impari. 
Con la dichiarazione di ieri del Parlament, seppur decimato dall’uscita degli unionisti e dal voto contrario di 10 compagni di avventura, ora è Rajoy a dover muovere le proprie pedine in un’atmosfera incandescente, e le mosse previste e già dichiarate non faranno altro che peggiorare la situazione spostando presumibilmente sempre più consensi verso gli unionisti o comunque contro Madrid. 
La Catalogna ha dato il via al processo costituente al grido di «Visca Repubblica» (viva la Repubblica) e ha deciso l’entrata in vigore della «legge di transizione giuridica e di fondazione», e per tutta risposta il Senato spagnolo ha approvato l’attivazione dell’art. 155 della Costituzione, e la Corte costituzionale nelle prossime ore dichiarerà privo d’effetto il voto del Parlament. 
Mentre da una parte si cantano inni e si sventolano democratiche bandiere, dall’altra rullano sinistri tamburi di guerra. Rajoy in serata ha destituito il presidente catalano Puigdemont, il vicepresidente Oriol Junqueras e tutti i membri del Governo con i poteri straordinari che l’art. 155 gli concede. Ha detto che convocherà le elezioni in Catalogna il 21 dicembre, «il più presto possibile», dopo il commissariamento della regione «ribelle». Ma questo non è solo che l’inizio, perché più il governo catalano continuerà a testa bassa per la propria strada (a questo punto ha solo tutta la convenienza a farlo), più la magistratura spagnola, e la Guardia Civil con lei, continuerà per la sua. Se sono già stati arrestati con l’accusa di sedizione i due carneadi indipendentisti Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, a maggior ragione dovrà esserlo Puigdemont, al quale ieri Rajoy non certo tanto per parlare ha attribuito la responsabilità del tutto: è «lui e solo lui» che non ha chiarito per due volte se avesse dichiarato o meno l’indipendenza, «lui e solo lui» che ha provocato l’attivazione dell’art. 155. Il rischio è che alle migliaia di persone scese in strada ieri a Barcellona spontaneamente, Madrid non sappia far altro che contrapporre manette e manganelli, decretando per sé una sicura sconfitta alle elezioni che lo stesso Rajoy ha promesso di indire. Ma soprattutto decreterà una sconfitta morale del governo centrale che prolungherà la questione catalana all’infinito, con o senza indipendenza.