Il Messaggero, 28 ottobre 2017
Così Madame Bovary sedusse anche l’accusa
Tutti conoscono la storia di madame Bovary. Non foss’altro perché ne è derivato quel termine che indica l’insoddisfazione del presente e la sognante evasione dalla quotidianità. Tuttavia la storia in sé di questa giovane provinciale, sposata a un buon uomo un po’ ottuso, che dopo un paio di tradimenti si suicida per rabbia e delusione, non è né nuova né particolarmente depravata. Fu la genialità e lo stile di Flaubert a farne un capolavoro di psicologia femminile. Ma il suo successo immenso e immediato ebbe anche un’altra origine: una persecuzione giudiziaria che lo catapultò all’attenzione generale.
Il romanzo apparve come feuilleton a puntate, nella Revue de Paris, nell’ultimo trimestre del l856. La sua pubblicazione integrale sarebbe arrivata poco dopo. La Rivista era già sospettata di liberalismo dall’autoritario regime di Napoleone III, e può darsi che l’attacco a Flaubert mirasse a farla chiudere. Sta di fatto che lo scrittore comparve,il 29 Gennaio 1857, davanti alla sesta sezione criminale di Parigi per rispondere di pubblicazioni contro la morale e la religione, assieme al gestore e allo stampatore. Il dossier era stato scrupolosamente istruito da un giovane e ambizioso magistrato, Ernest Pinard, che dieci anni dopo sarebbe stato chiamato dallo stesso Imperatore alla carica di Ministro dell’Interno. Come si vede, l’Italia non è stata il primo Paese dove i Pm sono saltati dal trampolino della giustizia per planare sui campi della politica.
Pinard era di stretta educazione cattolica, e tendeva al fanatismo bigotto: però conosceva il suo mestiere e sapeva che l’impresa non era facile. La difficoltà derivava da due aspetti tecnici del romanzo. Il primo, che questo non conteneva espressioni in sé oscene: Flaubert aveva forse imparato da Manzoni, e dalla sua celebre chiusa «La sventurata rispose» che l’intuizione era più efficace della minuzia grossolana. Il secondo era lo stile «indiretto libero»usato dall’autore, che ora si esprime in prima persona, ora riporta pensieri e dialoghi altrui come un imparziale osservatore. Era una delle genialità innovative di Flaubert, che fonde e confonde i ruoli dei protagonisti e di sé stesso. Cosicchè Pinard si trovò imbarazzato a distinguere tra le idee dell’accusato e quelle della sua adultera irrequieta. Per uscire dall’impaccio, il solerte procuratore individuò cinque brani un po’ audaci – che oggi si potrebbero leggere in chiesa – e li citò come esempi di istigazione all’infedeltà, di profanazione del matrimonio, e di oltraggio alla religione. Lo stesso bacio al Crocifisso della morente Emma Bovary fu da lui maliziosamente interpretato come una sorta di erotismo blasfemo. Forse Pinard aveva visto l’Estasi di Santa Teresa del Bernini, e ne era rimasto condizionato.
DIFENSORE
Il difensore, Jules Senard, era conservatore quasi quanto il rivale, e qualche anno prima, come presidente dell’Assemblea, aveva disposto la deportazione di molti rivoltosi dei moti del 48 parigino. Da lui non c’era da aspettarsi una perorazione sulla libertà di stampa. Avrebbe potuto cavarsela in pochi minuti, sfidando il tribunale davanti all’appello della letteratura e della Storia. Invece parlò più di quattro ore, per dimostrare che Flaubert aveva dipinto il vizio solo per combatterlo meglio, facendo poi morire la peccatrice con un doloroso suicidio.
Un’arringa che un secolo dopo Vargas Llosa definì farisaica come la requisitoria dell’accusatore. In effetti, dopo aver letto il romanzo per l’ennesima volta, il lettore non ci trova nessuna lezione di moralità né di immoralità. Flaubert si alzava di notte – come Petrarca – per correggere un aggettivo improprio, ma non aveva scrupoli didattici. La sua unica intenzione era rappresentare la natura umana nel più bel francese mai scritto dopo Pascal e prima di Anatole France.
La sentenza fu pronunciata il 7 Febbraio, e fu un capolavoro di pudicizia burbera e di trasformismo dialettico. La sua motivazione, infatti, procede imperterrita con un crescendo di censure, che comprendono persino brani non inseriti nel capo d’accusa, e sottolineano la loro offesa alle «légitimes et honorables susceptibilités». Per di più i giudici, in uno slancio di caotico pedagogismo estetico, affermano che il compito della letteratura è di ornare e ricreare lo spirito, di migliorare i buoni costumi, e che in tale funzione l’opera merita un biasimo severo. Un’intrusione delle toghe nel mondo dell’arte ancor più perniciosa di quella nella politica. Dopo queste ed altre tiritere, ecco la conclusione: le pagine incriminate sono poche in confronto alle dimensioni dell’opera, e non sembra che siano state scritte nell’unico intento di dare una soddisfazione «aux passions sensuelles, à l’esprit de licence e de débauche». Con questo viatico di ipocrisia, l’imputato venne assolto per insufficienza di prove.
VENDITE
Flaubert non si indignò davanti a un tale monumento di stupidità, che del resto fece schizzare le vendite a aumentò a dismisura la sua fama. Mantenne invece un inesorabile rancore verso Pinard, al punto di accreditare la leggenda che fosse autore di poesie pornografiche: essere geni letterari non significa anche essere generosi. Quanto al devoto procuratore, non si schiodò dal suo moralismo giudiziario: poco dopo avrebbe rivolto le sue morbose attenzioni a Baudelaire, ei ai suoi Fleurs du mal, che in effetti erano ben più trasgressivi del racconto di un modesto adulterio di provincia. Fu premiato da Napoleone III con un carica ministeriale, e declinò rapidamente con l’avvento della terza Repubblica. Morì vecchissimo dopo una serie spaventosa di lutti familiari: Giobbe avrebbe dovuto insegnargli che la virtù viene spesso punita.
Oggi Madame Bovary è riconosciuto come uno dei capolavori della letteratura universale, e la sua protagonista incarna assieme ad Anna Karenina i contrasti di una passionalità incontrollata, con il suo tragico epilogo. Ma Emma Bovary è più attuale dell’eroina tolstoiana. Èil simbolo della macerante attesa di un qualcosa che sembra non arrivare mai: un inquietudine che ricorrerà di frequente negli autori contemporanei, da Beckett a Buzzati. Con la postilla, ancora più lugubre, che quando l’evento arriva è dannatamente deludente: così confermando il detto del nostro Oscar Wilde, che c’è solo una disgrazia peggiore del desiderio insoddisfatto, ed è quella di vederlo esaudito.