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 2017  ottobre 29 Domenica calendario

La Catalogna in mano a queste tre donne

«Non c’è nessuna mediazione possibile tra la democrazia e l’imposizione, tra la legge e la disobbedienza» grida María Soraya Sáenz de Santamaría Antón: vice-primo ministro di Spagna e dopo l’applicazione dell’articolo 155 capo del governo catalano commissariato. 
«Non in mio nome: né 155 né dichiarazione d’Indipendenza», le risponde il sindaco di Barcellona Ada Coalu. 
«Non voglio usare il passaporto per andare dai miei in Andalusia», è lo slogan di Inés Arrimadas García, leader dell’opposizione al Parlament di Barcellona. 
Mentre Rajoy da una parte e Puidgemont dall’altra si distinguono soprattutto per insipienza, sono queste tre donne che stanno emergendo come gli uomini forti della crisi catalana. 
Nata a Valladolid in Castiglia-Leon nel 1971, Soraya è giurista, avvocatessa dello Stato e esponente del Partito Popolare. Nata a Barcellona nel 1974, Ada ha studiato Filosofia e ha pure fatto l’Erasmus a Milano, ma poi non si è laureata per fare l’attivista pacifista, la reporter di guerra e l’organizzatrice di occupazioni, ed è stata eletta con una lista in area Podemos. 
Nata a Jerez de la Frontera nel 1981 da genitori che avevano vissuto a Barcellona e le avevano trasmesso la passione per la cultura catalana oltre che al tifo per la squadra blaugrana, Inés ha fatto l’Erasmus a Nizza, ha studiato Diritto e Amministrazione e Direzione d’Impresa, si è trasferita a Barcellona nel 2006 per fare la consulente ed è esponente dei Ciudadanos. 
Tutte e tre sono belle donne, e tutte e tre sono madri. Soraya è sposata con un altro avvocato dello Stato e ha un figlio di 6 anni. Ada è sposata con un economista ehaduefigli,diseieunanno. Inés si è sposata con un ex-deputato del partito di Puidgemont che per lei ha lasciato la carriera politica. Soraya una volta la chiamavano la «niña de Rajoy»: la bambina del premier. Studentessa secchiona diventata a trent’anni insegnante di Diritto Amministrativo all’Università Carlo III, nel 2000 fu contattata dall’allora vice-primo ministro come consulente giuridico. Deputato dal 2004, portavoce del gruppo popolare al Congresso dei Deputati tra 2008 e 2013, portavoce del governo tra 2011 e 2016, vice-primo ministro e al contempo successivamente ministro della Giustizia, della Sanità e per le Amministrazioni Territoriali, adesso è invece lei il più ringhioso cane da guardia dell’unità spagnola, anche perché è un’esperta di autonomie. È riuscita a farsi dare dalla Difesa il controllo dei servizi segreti, e se riesce a vincere questa partita potrebbe diventare lei il nuovo primo ministro spagnolo. 
Il Partito Popolare, però, in Catalogna ha una forza elettorale minima, e difficilmente dopo questa prova riuscirà a guadagnare consensi, anche nel caso molto probabile in cui dovesse candidare l’ex sindaco di Badalona, Xavier García Albiol, alla presidenza della Generalitat. Se per gli indipendentisti è infatti il partito che ha fatto ricorso alla forza contro l’indipendentismo, per gli anti-indipendentisti è invece il partito che ha consentito ai separatisti di fare tutto quello che volevano, fino quasi alla fine. In realtà è stata una reazione di cittadini catalani anti-indipendentisti contro le «prepotenze» della Generalitat e il «lassismo» dei partiti nazionali a generare quel fenomeno Ciudadanos che si è poi proiettato come quarto partito nazionale, secondo partito catalano e primo partito catalano anti-indipendentista. 
D’altra parte, se alle elezioni convocate da Madrid per l 21 dicembre i partiti nazionalisti non votano, potrebbe essere Ada Colau il punto di riferimento di chi si oppone al commissariamento. Insomma, si annuncia un duello Ada-Inés per la prossima presidenza della Generalitat.