Libero, 27 ottobre 2017
L’integrazione è impossibile
Proviamo a vedere il bicchiere mezzo pieno, o non completamente svuotato da questa «lotta all’antiziganismo» che parrebbe demenziale anche al più bendisposto degli operatori multiculturali. Domanda: c’è un problema di razzismo nei confronti degli zingari, rom, nomadi o sinti che siano? Risposta: certo, eccome se c’è, tanto che nell’Olocausto lo sterminio dei rom fu l’unico con quello ebraico che i nazisti delegarono a motivazioni esclusivamente razziali. Sì, ma oggi? Risposta: certo, eccome se c’è, non c’è sondaggio da cui non esca che una percentuale quasi totale di italiani, da destra a sinistra, dall’alto in basso, pensa che parliamo di un popolo di ladri, di rapitori e se va bene di accattoni.
Chi scrive pensa che nei confronti dei Rom sopravviva l’unica forma di razzismo puro che oggi sia presente in Italia, mentre il resto è xenofobia. L’allargamento della Ue e le nuove ondate migratorie non sono una causa, ma una conferma: i rom, per via della loro separatezza, sono disinseriti da qualsiasi circuito culturale che non sia quello compassionevole o amante delle sottoculture. Se, quando si parla di razzismo, i rom vengono citati poco, è perché in realtà in Italia sono tutti d’accordo: non li sopporta nessuno, quindi potete abbinarvi un aggettivo tipo giustificato, indotto, cercato, inevitabile, giusto: ma razzismo rimane.
Se brucia una tendopoli, la solidarietà è minima, se organizzano ronde anti-rom la comprensione è massima. Chiamatelo pregiudizio: ma è lo stesso pregiudizio che vi fa deviare dal percorso, se ne incontrate uno, o controllare il portafoglio.
Detto questo, come si risolve il problema? Risposta: non si risolve, nel senso che l’espressione «integrazione dei rom» suona come un ossimoro. I rom, e dirlo è bruttissimo, possono essere solo assimilati, non integrati. Come realtà culturale, per loro non c’è futuro. La maggior parte dei rom dipende dalla beneficenza statale, i loro livelli di scolarità sono inesistenti, spesso vivono in caseggiati senza né acqua né elettricità, i loro mestieri tradizionali sono scomparsi, campano spesso di furti ed elemosina e in parte di economia marginale, tipo raccolta di ferro vecchio e cartoni, vendita per strada di fazzoletti e di fiori. Qualcuno fa ancora il giostraio, trascina piccoli circhi (le famiglie Togni e Orfei sono di origine sinti) ma la gente comunque non li sopporta, e anche i più tolleranti a parole se li incrociano, stringono i figli a sé e con essi i cordoni della borsa. E statisticamente fanno bene, perché i rom nei fatti corrispondono a un problema sociale e purtroppo criminale: è difficile fingere che buona parte di loro non tenda a compiere reati con regolarità, soprattutto spiegatelo alla Ue a non integrarsi nella comunità che li circonda, a non scegliere uno stile di vita alternativo per sé e soprattutto per i figli. Ecco, l’unico mito che va sfatato è quello sul rapimento dei bambini: è un’emerita sciocchezza, come dimostrano vari studi anche della Cei.
Detto anche questo, le velleità dell’Unione Europea dimostrano solo che non sanno di che parlano. «Incoraggiare l’assunzione di rom tra le forze di polizia» è un nonsenso che può avere un solo significato: che i rom del caso non siano più dei veri rom, perché i rom non fanno i poliziotti, nel caso potrebbero essere solo infiltrati o guardati con sospetto.
Poi si legge di diffondere la «conoscenza dell’antiziganismo nelle forze di polizia». Conoscenza? Ma i poliziotti sono i primi esperti, i primi a sapere che certo antiziganismo è giustificato, i primi a riconoscere la mano dei rom nella micro-criminalità. Il documento della Ue è un delirio. A un certo punto si passa ufficialmente alla barzelletta, perché mostra di ignorare completamente che i campi rom sono una scelta «culturale» dei rom, non sono campi profughi organizzati dallo Stato. I campi infatti sono descritti come dei lager in cui «migliaia di famiglie rom vivono in campi segregati, tagliati fuori dai servizi di base in Italia, dove le condizioni di vita sono spaventosamente al di sotto degli standard e inadatte all’abitazione umana»: vero, ma è una loro scelta, una dimensione auto-procurata, spesso abbinata a disponibilità economiche e auto di lusso. Altre volte, invece, si tratta di poveracci davvero: un po’ come capita anche tra noi ordinari, insomma. E molti sono stati aiutati, dotati di case e strutture.
Ma il delirio europeo diventa massimo quando ipotizza, nella sua risoluzione votata mercoledì, che sia la «Commissione Ue a riconoscere la sua competenza nel contesto degli sgomberi forzati di stampo razziale». Come spiega l’articolo affianco, un sindaco che volesse sgomberare un campo rom, cioè, dovrebbe chiedere il permesso alla Unione Europea. La quale giunge a ipotizzare delle «quote rosa-rom» in politica e nei giornali, con tanto di corsi formazione obbligatoria per i giornalisti. Il che dimostra che i corsi dovrebbero farseli all’Europarlamento, perché sul serio, non sanno di che parlano.