Il Sole 24 Ore, 29 ottobre 2017
L’origine dei mercati finanziari
Cosa hanno in comune la civiltà assiro-babilonese, la prima grande dinastia cinese dell’età del bronzo e l’Europa della Rivoluzione industriale? William Goetzmann, ci offre una risposta inattesa: la moneta e i contratti finanziari. Il docente della prestigiosa università di Yale ritorna alle antiche passioni: si era occupato di archeologia in gioventù e in questo libro scava in documenti e reperti del passato per dimostrarci che «la moneta cambia tutto» (che è il titolo originale) e «rende possibile la civiltà» come dice il sottotitolo italiano. L’invenzione della moneta è stata un passo avanti straordinario, da molti giustamente paragonata a quella della ruota, che avvenne quando l’homo sapiens smise di essere nomade e fondò villaggi e città. Ciò faceva nascere dei mercati, per quanto primitivi, e dunque la necessità di un mezzo di scambio, ma anche di strumenti per gestire economicamente il tempo e il rischio. Era la prima tappa del processo di innovazione finanziaria che non si è più arrestato e che come ci dimostra il libro, è stato l’elemento trainante di tante altre tappe del progresso umano. La scrittura cuneiforme o i logaritmi, per citare solo due esempi fra i tanti del libro, nascono da esigenze collegate a contratti finanziari e commerciali. Lo stesso può dirsi per lo sviluppo della teoria della probabilità, che ha cambiato la matematica ma anche il nostro approccio all’economia. L’enunciazione del concetto di interesse richiedeva di passare da una visione puramente teologica del tempo a una più laica. Ancora di più quella di interesse composto che Einstein (che aveva un debole per le formule esponenziali) considerava una delle più grandi scoperte dell’umanità. Goetzmann ci dimostra che si tratta di innovazioni vecchie di millenni, rivendicando alla finanza il merito di aver fatto scoccare in molte occasioni la prima scintilla del progresso della civiltà e della scienza.
Il libro ci conduce per mano attraverso millenni di storia dell’umanità, guardando non solo ai Paesi industrializzati come spesso accade, ma anche ad esperienze completamente diverse come quella della Cina nel corso dei secoli (la carta moneta era già stata introdotta ai tempi di Marco Polo) o la Russia rivoluzionaria. Ovviamente il processo di innovazione si è intensificato con l’accelerazione dei processi di industrializzazione a partire dall’Ottocento. La finanza fu il collante della prima grande ondata di globalizzazione: metà dei mercati odierni furono fondati in quel periodo; nel 1870 a Londra si potevano acquistare 240 titoli pubblici stranieri e più di 700 titoli ferroviari di tutti i continenti, Antardide escluso.
Il libro non ignora il lato oscuro della finanza e la sua propensione a sviluppare bolle speculative e crisi ricorrenti, ma questo attenua ma non sposta il giudizio complessivamente positivo dell’autore, che si basa su due fondamentali argomentazioni. Prima di tutto il denaro ha davvero cambiato tutto e ha sorretto un progresso senza precedenti dell’umanità: in una prospettiva plurimillenaria gli aspetti positivi prevalgono nettamente mentre le crisi appaiono momentanee deviazioni da un sentiero in costante ascesa. Il secondo è che la finanza è essenzialmente una tecnologia e come tutte le tecnologie può migliorare la nostra vita ma anche minacciare di distruggere il pianeta. E neppure il più accanito attivista di Occupy Wall Street può negare che si tratti di una tecnologia straordinaria e intellettualmente raffinata.
Su entrambe queste proposizioni non si può che concordare, ma il lettore che ha seguito affascinato il percorso finanziario dell’umanità si rallegra di stare infinitamente meglio dei suoi antenati, ma poiché il suo metro non sono i millenni e neppure i secoli, continua ad interrogarsi per quali motivi stia peggio della generazione precedente, perché la disuguaglianza nella distribuzione del reddito sia in aumento e perché la sicurezza sociale (una delle più grandi innovazioni finanziarie di sempre) sia caduta in dissesto in grandi Paesi come gli Stati Uniti. E gli sorge il sospetto che ci possa essere lo zampino della finanza in tutto questo.
Detto in altri termini, proprio perché si tratta di una tecnologia così potente, non meno della fisica dell’atomo, ci si deve chiedere come imbrigliarne gli aspetti negativi e soprattutto tenere sotto controllo i tecnocrati. Stanley Kubrick aveva sollevato il problema nucleare oltre cinquant’anni fa, con il Dottor Stranamore, il cui sottotitolo è Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba. Su questo Goetzmann non si pronuncia, ma ci offre tutti gli elementi per far sorgere il dubbio. Che notoriamente è il sale di ogni conoscenza, non solo finanziaria.
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William N. Goetzmann, Denaro. Come la finanza ha reso possibile la civiltà, Il Saggiatore, Milano, pagg. 700, € 27