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 2017  ottobre 29 Domenica calendario

Catalogna, la soluzione federale

La crisi catalana ha registrato una serie impressionante di mutamenti di passo. Questo sembra dimostrare che gli attori in campo sono ad un tempo assolutamente certi e assolutamente incerti. Fermarsi in tempo sembra una lotta contro il tempo. Anche a causa della poca prudenza dimostrata dai protagonisti. A partire dal governo di Rajoy, che ha usato la mano pesante contro i catalani che si recavano ai seggi per il referendum. Il governo di Madrid si appella all’articolo 155 della Costituzione, che come l’articolo 37 di quella tedesca presiede alla difesa dell’unità federale, e che è applicabile in situazioni estreme, cioè a dire quando una Comunità Autonoma non adempie alle leggi ed attenta gravemente all’interesse generale della Spagna. Ma le forme di intervento sono decise dal governo e questo fa la differenza. Anche il governo catalano ha forzato la mano con una serie di decisioni che vanno verso la secessione; l’ultima il voto (a scrutinio segreto) per la dichiarazione di indipendenza. Senza presumere di poter giudicare chi ha torto o ragione, un osservatore straniero puó tuttavia sollevare due temi, uno di merito e uno di metodo. Circa il merito, ci si puó chiedere che senso ha alzare nuove frontiere mentre proclamiamo lo Ius soli. L’Italia fa a tutt’oggi fatica ad approvare una legge blanda sul diritto di cittadinanza agli stranieri nati nel paese da genitori non italiani ma regolarmente residenti. In una regione che si fa Stato, questa fatica sarebbe ancora maggiore. Chiedere l’indipendenza per meglio sovrapporre nazione e sovranità rischia di creare uno stato più protettivo della sua indentità, quindi più disposto a escludere. I padri fondatori americani giustificarono il federalismo con l’idea di dar vita ad uno spazio geo-politico abbastanza ampio da evitare esclusioni identitarie; la libertà individuale, pensavano, è meglio protetta in uno spazio largo che in una piccola repubblica. Dunque, perché l’indipendenza invece della federalizzazione? Questo è il problema che si pongono i catalani contrari alla radicalizzazione indipendentista. Si dirà: il caso catalano puó aprire le porte ad una nuova Unione Europea, federalista per davvero. L’utopia federalista non è facile da fermare. Ma il caso catalano è diverso, poiché non riguarda in prima battuta il federalismo ma nuove frontiere nazionali. Chiede una chiusura. E questo non puó piacere a chi crede nel federalismo come politica di libertà. Infine, la seconda questione, di metodo: il Parlamento catalano ha deciso il voto segreto per decretare l’indipendenza. È curioso che una dichiarazione cosí solenne sia adottata nell’anonimato. Come immaginarsi le indipendenze degli Stati decise con voto segreto? Difficile. Presumibilmente, i parlamentari non sono convinti che l’indipendenza sarà conquistata e quindi desiderano tutelarsi da probabili azioni represessive da parte del governo. Ma questo dimostra quanto la questione sia ingarbugliata: se i parlamentari catalani votano anonimamente perché temono l’azione dell’autorità spagnola è perché presumono un domani ancora spagnolo. A tanta radicalità negli atti formali non corrisponde altrettanta radicalità nelle convinzioni. Gli attori sono dubbiosi, avvertono il senso di una crisi che non sarà una passeggiata. E dunque, perché insistere in tanta radicalità? Perché non scalare marcia e iniziare le trattative per una soluzione federalista?