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 2017  ottobre 29 Domenica calendario

Reddito alto e del Nord: identikit dei bamboccioni che resistono in casa

I salari bassi, certo. E poi il lavoro intermittente, l’insicurezza, gli affitti alle stelle. Però non sono solo le difficoltà a far rimanere i giovani italiani con i genitori molto più a lungo dei loro coetanei europei, e americani. A farci battere il record dei Paesi Ocse, con una percentuale che secondo l’ultimo rapporto Istat raggiunge quasi il 70 per cento, è la disponibilità dei genitori: prova ne è che più i genitori sono abbienti, meno i figli cercano di trovarsi un lavoro e, soprattutto, di andar via di casa (anche quando in effetti hanno già un lavoro). È il risultato a cui giunge un’indagine appena pubblicata dalla Banca d’Italia, nella collana Temi di discussione: “Leaving your mamma: why so late in Italy?”. Secondo l’autrice, Enrica Di Stefano, «l’analisi mostra che a un reddito famigliare più elevato corrisponderebbe una maggiore percentuale di giovani che rimane nella casa dei genitori, soprattutto nelle regioni del Nord». Un dato che conferma i risultati di uno studio pubblicato nel 2006 dal Centre for Economic Performance della London School of Economics da due studiosi italiani, Marco Manacorda ed Enrico Moretti: un aumento delle entrate dei genitori nell’ordine del 10% si traduce in un aumento analogo della quota dei figli che vivono a casa. Mentre negli Stati Uniti accade esattamente il contrario: i tassi di coabitazione con i figli calano se il reddito dei genitori aumenta. Il risultato è che, si legge nello studio di Bankitalia, mentre in Italia il 30% dei trentenni e il 21% delle trentenni vive con i genitori, negli Stati Uniti la percentuale scende rispettivamente al 9 e al 5%. Ma il confronto è a sfavore dei nostri giovani anche rispetto agli adolescenti: prendendo come parametro i nati tra il 1970 e il 1974, risulta che già il 15% degli americani tra i 15 e i 19 anni è andato via di casa, contro il 5% in Italia. Alla matura età di 40 anni risiede con i genitori ancora il 13% dei figli maschi (le femmine tendono ad andar via un po’ prima). Il record italiano svetta anche nella Ue, nonostante negli ultimi 10 anni sia aumentata dappertutto la quota dei giovani che rimangono fino ai 34 anni con i genitori: in Francia per esempio è passata dal 28,6% del 2007 al 37,4% del 2016. Perché? Le ragioni sono diverse tra Nord e Sud, sostiene Di Stefano. Nel Mezzogiorno è difficile trovare lavoro, soprattutto si tratta spesso di lavoro di scarsa qualità, atipico, o in nero. Al Nord invece ci sono maggiori opportunità, e i salari sono migliori, ma gli affitti sono troppo alti. E poi i contratti dei giovani non sono “blindati” come quelli dei loro genitori: il reddito familiare spesso funge da indennità di disoccupazione “sussidiaria”. Inoltre i giovani andando via di casa perderebbero un contributo prezioso, non un trasferimento diretto, che può continuare anche dopo, ma tutti i benefici legati a un reddito medio-alto stabilizzato nel tempo: «Sicuramente chi parte da una condizione di svantaggio ha più spinta all’autonomia. – osserva Eleonora Voltolina, fondatrice della Repubblica degli stagisti, sito web di riferimento per i giovani a cavallo tra gli studi e il lavoro – Mentre il problema grande in Italia è il passo indietro: anche con uno stipendio buono i giovani non possono permettersi quello che hanno i loro genitori. E poi l’housing sociale e la coabitazione spesso si limitano ad affitti in nero e in condizioni di fortuna, non c’è una cultura della casa per i giovani lavoratori».