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 2017  ottobre 29 Domenica calendario

Arabia Saudita, la dottrina del principe Mohammed Bin Salman

Un passo avanti e uno indietro. Non c’è immagine migliore per descrivere l’Arabia Saudita di oggi. E nulla lo racconta meglio degli eventi delle ultime settimane. A metà settembre, un’ondata di arresti ha scosso il Paese: in carcere sono finiti coloro che avevano criticato apertamente il programma di riforme del principe ereditario Mohammed Bin Salman o la sua politica nei confronti del Qatar. Sono passate due settimane e, dopo trenta anni di braccio di ferro, un decreto reale ha cancellato il divieto di guida per le donne, unico al mondo. Ma a gioire pubblicamente sono state in poche: le attiviste che hanno dedicato la vita a questa battaglia erano state ammonite a non parlare, per lasciare il merito della decisione a re Salman e a suo figlio. MBS, come tutti lo chiamano qui, voleva mandare un segnale ai sudditi: usando la carota ma anche il bastone. Per capire dove va il Paese arabo più importante del mondo, quello che ha i giacimenti di petrolio più ricchi del globo e che si appresta a sbarcare sui listini azionari con la più grande operazione finanziaria della Storia, la privatizzazione (parziale) del gigante nazionale del petrolio Saudi Aramco, comprendere chi sia e cosa voglia MBS è fondamentale. È opinione comune che sia lui, il principe ereditario, a decidere oggi le sorti del regno, più che il padre Salman. «Siamo un partner credibile dal punto di vista economico, un alleato fedele per gli Stati Uniti che non ha paura di parlare con la Russia, uno Stato che non provocherà la guerra all’Iran ma è pronto a difendere i propri cittadini. Un governo che non tollererà, a nessun costo, la presenza di una milizia filo-iraniana alle sue porte, in Yemen», sintetizzano i rappresentanti sauditi nelle pause della Future Investment Iniative, il forum finanziario appena concluso a Riad soprannominato la Davos nel deserto. Dall’incontro sono state visibilmente assenti le grandi crisi internazionali in cui l’Arabia Saudita è protagonista: la guerra in Yemen, con le sue migliaia di morti. E l’isolamento politico ed economico del Qatar, già costato milioni di dollari. Cambiamento, affidabilità, futuro, successo, moderazione: sono queste le parole intorno a cui l’Arabia Saudita di MBS vuole ricostruire la sua immagine all’estero, danneggiata da anni di accuse di appoggio al terrorismo. E da una politica oscurantista sui diritti che oggi Riad è pronta a rinnegare, in nome di un Islam “moderato”. Mohammed Bin Salman in persona lo ha promesso agli invitati al forum economico e finanziario che si è appena chiuso a Riad. «Prima del ’79 eravamo un Paese normale. Poi ci sono state la rivoluzione di Khomeini in Iran e il sequestro della Grande Moschea della Mecca qui. L’estremismo si è impadronito della nostra religione: ora vogliamo cambiare». Si spiegano così i cambiamenti recenti: la fine del divieto di guida ma anche quella, attesa a breve, del sistema che impone alle saudite di dipendere dal permesso di un uomo per le decisioni principali. E il rilassamento dei costumi che a Riad si respira a ogni angolo: i volti scoperti, i capelli che si intravedono sotto i veli, i colori che si impossessano delle abaye, le lunghe vesti nere che ogni donna deve indossare in pubblico. Può bastare per dire che l’Arabia Saudita sta cambiando? Senza dubbio, sì. È sul modello di cambiamento però che occorre ragionare: un passo avanti, e uno indietro. Libertà di movimento, ma non di espressione né tantomeno di critica. Apertura economica ma sotto il controllo dello Stato: non è l’Occidente il modello di Mohammed Bin Salman. Né tantomeno quegli Usa al cui appoggio deve la sua ascesa. Per la velocità del cambiamento e il peso specifico nella regione, è alla Cina di Deng Xiaoping che viene da pensare e alle sue riforme degli anni ‘80. Ma trovare il modello esatto non occorre andare tanto lontano: MBS guarda a Mohammed Bin Zayef, uomo forte dietro al successo degli Emirati arabi uniti e suo grande amico. È stato lui il primo a portare nella regione la modernizzazione autocratica che si sta imponendo a Riad: i grattacieli di Dubai e i grandi musei di Abu Dhabi come NEOM, la città del futuro che sorgerà sulle coste saudite del Mar Rosso. Luoghi impregnati di modernità, dove tutto splende e si presenta perfetto alla vista: ma la libertà di parola è un miraggio lontano. Uscendo dai saloni dorati di Riad viene in mente una frase spesso attribuita a Machiavelli: «L’importante è lo scopo, non come ci si arriva». Libertà personali, maggiori diritti e stabilità sono gli scopi che MBS dice di voler perseguire oggi. Su tutto il resto la strada è ancora lunga.