la Repubblica, 29 ottobre 2017
Da Prodi e Visco ai dem: la politica degli abbracci sfida la dittatura del selfie
Un gesto vale mille parole. Romano Prodi lo sa e ieri abbraccia Ignazio Visco a Bologna. Poi dichiara: «Gli amici si salutano in modo caloroso. Anche i nemici. Ma gli amici di più». C’è in questo atto tutto lo stile dell’ex Presidente del Consiglio, la sua carnalità molto emiliana: la sua mano stringe il braccio di Visco. Invece il Presidente del Consiglio Gentiloni sale sul treno del segretario del Pd Matteo Renzi e scambia con lui sorrisi. Anche lui riceve un abbraccio. Siamo alla politica degli abbracci? Nei giorni scorsi ci sono stati altre strette, quelle mediatiche della folla che s’assiepa intorno al segretario del Pd durante le tappe del suo viaggio sulla “Freccia Bianca”. Abbracci definiti dai selfie che le persone scattano in sua compagnia, strette virtuali, perché l’assembrarsi della folla è intorno al “divo” con cui è necessario farsi ritrarre. Sovente accade che sia Renzi stesso a impugnare il cellulare su richiesta degli ammiratori, e scatti. Il selfie è la porta d’ingresso nel mondo dell’immagine. Il gesto di stringere le mani o d’abbracciare contiene una fisicità ben maggiore. La politica si fa anche con i gesti, soprattutto con gli atti fisici anche in un mondo, il nostro, che sembra aver smarrito i codici tradizionali della gestualità e i riti che legavano i leader ai loro sostenitori e, più indietro nel tempo, re, regine e principi ai loro sudditi. L’etichetta del potere è radicalmente mutata. Nel film di Stephen Frears, Victoria e Abdul, attualmente in programmazione nei cinema italiani, viene mostrata la ritualità ossessiva che circonda la regina inglese. Intoccabile dai suoi sudditi, anche visivamente, Vittoria è investita dal gesto inatteso del giovane servitore indiano, che le bacia il piede e rompe l’incantesimo dell’inavvicinabilità di Sua Maestà. Oggi avviene tutto il contrario. I leader sono avvicinabili. Di più: sono toccabili, seppure in immagine. Il selfie rappresenta un tocco che può essere portato con sé, testimonianza di essere stati in presenza del leader, di essergli stati accanto. Niente è più democratico di così, niente più contemporaneo della “foto ricordo” con il divo di turno – Presidente del Consiglio, Papa, cantante, attore, eccetera. Prodi appartiene ancora a un’epoca in cui la stretta di mano, l’abbraccio, il gesto fisico, era fondamentale, sanciva la presenza come tangibilità. Lo scatto con il selfie, che si tratti di un concerto o di un incontro politico, è immateriale. Meglio: rappresenta la materialità dell’immateriale. Noi oggi viviamo d’immagini e viviamo nelle immagini. Anche i gesti si ridefiniscono in questo contesto determinato dai nostri strumenti visivi. Sono infatti questi che ne precisano le forme e la loro permanenza del tempo. Un contatto che dura sino a che dura l’immagine stessa.