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 2017  ottobre 29 Domenica calendario

Ritratto di Soraya Sanz de Santamaria, la donna più potente di Spagna

Chi è l’autentico leader del Partido Popular? Era la domanda che circolava già nel dicembre di due anni fa, alla vigilia della legislatura fallita, che in Spagna segnò la fine del bipartitismo e l’irruzione di Podemos e Ciudadanos. Una questione pertinente, dato che per la prima volta l’immagine della numero due della lista, dietro il suo mentore incanutito Mariano Rajoy, la grintosa Soraya Sanz de Santamaria – ribattezzata la ghigliottina o anche la Lady Macbeth del Pp – tappezzava sui manifesti elettorali l’intera capitale e finanche il quartiere generale di Calle Genova.

L’ASCESA
L’ambiziosa, tenace, competente e determinata vicepremier di 46 anni, ministra di presidenza e per le amministrazioni territoriali era già la donna più potente di Spagna. E ora lo è anche dalla Catalogna, dopo aver ricevuto da Rajoy la delega dei pieni poteri alla guida della Generalitat, per la destituzione di Carles Puigdemont e del govern.
Una vendetta della Mandarina, ancora più dolce perché servita a freddo nei confronti di Oriol Junquera, vicepremier catalano a sua volta rimosso, con il quale la Santamaria, incaricata a gennaio di negoziare una via d’uscita al process soberanista aveva più a lungo e meglio dialogato.

IL RUOLO
La donna che ha ai suoi ordini le spie del Centro Nacional de Inteligencia, arrivata ad accumulare fino a 11 incarichi nella prima legislatura di Rajoy, com’è nel suo stile aveva studiato a lungo ed era sbarcata con un ufficio proprio in Catalogna per l’Operacion Dialogo: avviare un contatto fluido e costante e negoziare con il n. 2 della Generalitat le 46 richieste di Puigdemont.
In realtà, 45+1, il referendum sull’indipendenza, innegoziabile per il governo centrale e l’ala dura del partito conservatore. Dal roce all’indifferenza: dalle affettuosità a febbraio – presente re Felipe al World Mobile Congress – con Junqueras, fino alla rottura, due mesi dopo, nonostante le numerose concessioni e gli investimenti impegnati in Catalogna.

LA ROTTURA
A giugno, l’annuncio della data e del quesito del referendum unilaterale indipendentista, accompagnato dalle parole dure di Junqueras – «La Spagna è uno stato inefficiente e rovinoso che violenta i diritti della Catalogna» -, è stato recepito dalla niña de Rajoy come un tradimento personale. E se l’è legato al dito.
Da qui l’inflessibilità con la quale ha difeso l’inesorabile applicazione dell’articolo 155 «per recuperare la legalità e la convivenza in Catalogna». E, come già aveva fatto nel 2006, preparando il ricorso del Pp alla Corte costituzionale, che portò a cassare lo statuto di autonomia catalano innescando la spirale secessionista, ha lei stessa approntato le misure draconiane approvate dal Senato: «Non ci può essere governo ai margini della legge», spiegava in un briefing alla Moncloa. Pur senza rivelare che sarebbe stata lei stessa l’esecutrice della ghigliottina.

LA SVOLTA
Originaria di Valladolid, 46 anni, madre di un bambino di 6, questa avvocato dello Stato non organica al club dei genovesi, del quartiere generale di calle Genova. Ha visto la sua vita assumere un giro copernicano nell’estate del 2000. Quando si mise su un autobus con destinazione Madrid, per coprire una sostituzione alla Moncloa.
Dopo un colloquio con il direttore di gabinetto di Rajoy, all’epoca ministro degli interni – «La spaventa passare il giorno intero a gestire rogne?», «No, affatto» la risposta -, fu presa a bordo. E da allora non solo non è scesa dalla barca, ma si tiene salda al posto di comando. E incarna il ricambio generazionale nella leadership di governo del Pp. Dopo aver neutralizzato anche la zarina Maria Dolores de Cospedal, segretaria nazionale del Pp, governatrice di Castilla-La Mancha e ministra della Difesa. Ma alla quale la Mandarina ha sottratto la competenza più importante sugli 007 dello Stato.