La Stampa, 27 ottobre 2017
Fuoco bipartisan in Commissione l’ultimo incubo del governatore
Un fronte compatto di parlamentari di (quasi) tutti gli schieramenti pronti a chiedere conto al governatore di Bankitalia dei disastri bancari italiani. Quello che si troverà di fronte Ignazio Visco la prossima settimana nella Commissione d’inchiesta sul sistema bancario sarà un “uno contro tutti” dal quale pare difficile uscire vittoriosi. La benevolenza nei confronti della Popolare di Vicenza, “soggetto aggregatore” pronto a intervenire in ogni crisi bancaria fino a quando non sono emersi tutti i buchi della gestione Zonin. Le “porte girevoli” dei controllori diventati controllati e addetti, guarda caso, ai rapporti con i loro ex colleghi. O ancora, cambiando radicalmente prospettiva ma lasciando immutato il soggetto, le svalutazioni sui crediti imposte agli istituti in difficoltà. In una parola, Visco dovrà rispondere agli attacchi di chi ritiene le crisi bancarie italiane una colpa da addossare a Bankitalia, indipendentemente dalle responsabilità di chi le ha gestite.
Si farà di certo sentire in commissione la senatrice del Pd Camilla Fabbri, passata negli anni dal criticare Bankitalia perché aveva fatto troppo commissariando Banca Marche alle critiche per aver poco vigilato. Si farà sentire il leghista veneto Paolo Tosato, il forzista Renato Brunetta, che fin dal dicembre del 2015, poco dopo la risoluzione delle quattro banche, parlava dei «tragici risultati di questa Vigilanza».
Con i grillini
Come si farà sentire la grillina Carla Ruocco, la stessa alla quale Visco, durante un’altra audizione, fece fare una grama figura raccontando dei parlamentari grillini in visita a Palazzo Koch e delle buffe domande sull’oro della banca centrale. Questo episodio merita una divagazione, con il racconto che ne fece Visco in Parlamento rispondendo proprio alla Ruocco e risultando per una volta perfino spiritoso: «Dov’è l’oro della Banca d’Italia? È in Banca d’Italia; sta sotto. Sono venuti dei vostri parlamentari a vederlo e ci hanno chiesto: “Ma questo è veramente oro?’” Beh, se non ci fidiamo. “E chi ci dice che questo non è dipinto d’oro?”. Eh, siamo a livelli un po’ cosi’… La Banca d’Italia è una istituzione seria». E chissà poi cosa potrebbe chiedere Francesco Bonifazi, anche lui Pd, amico della Boschi e socio del fratello sorprendentemente nominato in commissione.
Malgrado Visco abbia dalla sua più di un buon argomento (le regole che fino al 2015 hanno limitato il potere di Bankitalia, i comportamenti fraudolenti degli amministratori, le numerose denunce portate negli anni all’autorità giudiziaria) lo scontro è impari. Proprio per questo fino a mercoledì sera, mentre nei palazzi della politica la riconferma di Ignazio Visco veniva data per scontata, in via Nazionale c’era ancora chi azzardava un totonomi per i possibili successori. Il timore è che presentandosi da governatore e non da ex, si spiega, ogni sua risposta finirà per ritorcersi contro l’istituzione. Per questo ancora ieri mattina qualcuno sperava in un suo ripensamento, un passo indietro del governatore appena rinnovato – riconoscendone di fatto la correttezza per il passato – in nome della tutela Bankitalia.
Una voce, quella di un suo passo indietro per dedicarsi agli amati studi economici, circolata con insistenza dentro Palazzo Koch nella scorsa estate, ben prima del riaccendersi del caso Etruria con la richiesta dei risarcimenti per oltre 500 milioni agli ex amministratori approvata da Bankitalia e della mozione Pd che ne è seguita.
Stima interna
Intendiamoci, la stima per Visco, dentro Bankitalia, è sempre stata altissima. Nessuno dentro l’istituto ha mai messo in dubbio la sua rettitudine e il suo operato come governatore. Qualcuno sottolinea come alcune delle vicende al centro dei lavori della commissione d’inchiesta abbiano subito una svolta proprio con l’arrivo di Visco.
È lui che firma la lettera del 9 gennaio 2012 a Banca Marche, che a fronte delle anomalie riscontrate arrivava a minacciare il commissariamento dell’istituto. È ancora durante il suo mandato che i controllori rilevano i conflitti d’interesse dei consiglieri di Etruria nella concessione del credito. O le operazioni “baciate” delle popolari venete. Anche se poi le segnalazioni dei vigilanti rimasero senza seguito fino all’arrivo della vigilanza Bce. Difficile che questo sia sufficiente a ristabilire la fiducia del parlamento in Visco, mentre la chiarezza sui disastri bancari rischia di allontanarsi ancora di più.