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 2017  ottobre 27 Venerdì calendario

Qe, il sollievo può non durare: bond del Sud Europa penalizzati rispetto ai Bund

La buona notizia è che Mario Draghi ha sorpreso i mercati in positivo: dato che non ha indicato una scadenza alle sue iniezioni di liquidità, di fatto ha allontanato le aspettative di una stretta monetaria. Per questo ieri i titoli di Stato europei hanno tutti ridotto i rendimenti. La cattiva notizia è che nel 2018, numeri e stime alla mano, i debiti pubblici dei Paesi del Sud Europa (Italia inclusa) potrebbero comunque essere penalizzati rispetto ai debiti dei Paesi nordici (Germania inclusa). Insomma: la Bce ha dato un sollievo ai titoli di Stato dei Paesi indebitati come l’Italia, ma – in prospettiva – il beneficio potrebbe essere relativamente inferiore a quello che arriverà sui bond dei Paesi più forti. E in ogni caso potrebbe non durare a lungo.
Sono le stime di Chiara Manenti di Intesa Sanpaolo a dimostrarlo. Nel 2018 i Paesi forti dell’Europa (come la Germania) emetteranno 439 miliardi di titoli di Stato. Considerando i bond in scadenza, le emissioni nette ammonteranno solo a 88 miliardi: questo sarà insomma l’ammontare di nuovo debito pubblico che andrà effettivamente sul mercato nell’intero 2018 per Germania & C. La Bce però, pur riducendo gli acquisti come annunciato ieri, comprerà da questi Paesi un’ammontare maggiore di titoli di Stato rispetto agli 88 miliardi in arrivo: di fatto dal mercato saranno quindi “drenati” bond statali dei Paesi “forti” per un ammontare stimabile in 54 miliardi. La scarsità, dunque, potrebbe mantenere elevato l’appetito degli investitori su questi titoli.
Il contrario accadrà invece per i Paesi periferici, cioè Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda. Nel 2018 emetteranno titoli di Stato per 377 miliardi, che – al netto di quelli in scadenza – diventano 93 miliardi. La Bce, però, ne comprerà 11 miliardi in meno: «Questo significa che la Bce andrà a ridurre i titoli dei Paesi “forti” che gli investitori privati potranno comprare – osserva Luca Mezzomo, economista di Intesa Sanpaolo -. Al contrario gli investitori privati per la prima volta da anni dovranno necessariamente aumentare l’esposizione su Italia, Spagna e Portogallo». Questo potrebbe un po’ pesare sugli spread. Anche perché in Italia e Spagna grava anche un certo rischio politico. Ma non tutti concordano con questa previsione: secondo gli economisti di Credit Suisse, i rendimenti dei Bund tedeschi potrebbero salire per effetto dell’inflazione, mentre gli spread con i periferici potrebbero “tenere”.
Solo il tempo potrà dire chi ha ragione. Detto questo, è innegabile che il quantitative easing in questi anni abbia portato benefici ai titoli di Stato e dunque ai conti pubblici. Di tutti. La Bce fino ad oggi ha acquistato titoli italiani per 301 miliardi, francesi per 346, spagnoli per 212 e tedeschi per 426. Questo ha avuto l’effetto di contenere i rendimenti: il beneficio del solo quantitative easing per la Francia è stato tra i 26 e i 52 punti base (stime della Banca di Francia relativa ai soli titoli decennali), per l’Italia di 85 o di 70 punti base (stime di Bankitalia e Intesa Sanpaolo) e per la Germania di 50 centesimi (stima di Intesa). Per un po’ questi benefici dovrebbero permanere, dato che la Bce ha prolungato gli acquisti e ha allontanato il giorno in cui inizierà a ridurre il suo bilancio. Ma qualche tensione prima o poi potrebbe farsi sentire: il mercato, sebbene Draghi abbia lasciato la porta aperta a un aumento del quantitative easing e a un suo allungamento, è infatti convinto che dopo settembre la Bce andrà comunque gradualmente a spegnere il suo “bazooka”. E prima o poi i titoli di Stato inizieranno a incorporare questo scenario per loro negativo.
Per di più nel 2018 la Fed Usa inizierà a vendere un po’ di titoli che ha acquistato durante il suo quantitative easing ormai chiuso. Così a livello globale la marea di liquidità a cui i mercati si sono abituati per anni andrà a ridursi drasticamente: secondo le stime di Pictet Am, se nel 2017 le banche centrali hanno iniettato liquidità e comprato titoli sul mercato per 2.540 miliardi di dollari, nel 2018 le iniezioni si limiteranno a 510 per diventare poi negative (-80 miliardi) nel 2019. Draghi ha insomma solo rinviato, per l’Europa, la fine della festa della liquidità. Ma, in ogni caso, il mercato prima o poi dovrà fare i conti con questo evento. E i titoli di Stato potrebbero essere le prime vittime.