Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 27 Venerdì calendario

«Ecco l’Italia fra mezzo secolo». Viaggio nei piccoli Comuni dove un abitante su 3 è straniero

TELGATE (BERGAMO) Numeri che parlano. E raccontano l’Italia che verrà. «In Lombardia – dice Franco Pittau, del centro studi Idos – ci sono realtà che anticipano quella che sarà la situazione media dell’Italia fra mezzo secolo». In particolare, in un “triangolo” di tre Comuni, i residenti stranieri sono il 26,4%, il 32,8% e il 41,3% della popolazione. Numeri che possono spaventare. O dare speranza a chi crede in un mondo senza barriere.
Breve viaggio nel “triangolo” per comprendere come sia stato possibile arrivare a questi numeri, i più alti d’Italia, aprendo anche una finestra per guardare il nostro Paese nell’anno di grazia 2067. Oggi incontri di tutto e di più. Un sindaco che ha fatto incollare ai muri i Crocefissi nelle scuole, così nessuno li può staccare e non fa più bandi per aiutare chi non riesce a pagare affitti e bollette perché «i soldi vanno tutti agli stranieri». Un oratorio con bambini di 77 nazioni e il parroco che dice «il rischio c’è ma è quello di diventare fratelli». E poi un paesino che sembra uscito da una favola, dove in consiglio comunale ci sono un romeno e una contessa italiana, e assieme discutono di come dare la casa gratis a chi accetta di venire a lavorare nei vigneti.
«Sì, ho fatto bloccare i Crocefissi, con colla o cemento», racconta Fabrizio Sala, sindaco leghista di Telgate, 5.064 abitanti, 1.335 stranieri. «Bisogna rispettare le nostre tradizioni. E nel piano regolatore ho vietato ogni tipo di moschea, anche se mascherata da centro culturale. No, non abbiamo nessun centro di accoglienza per immigrati. Ci bastano quelli che arrivano in visita dai paesi vicini, tutti col cellulare nuovo. Sono uno schiaffo morale per i nostri pensionati. Ho proposto di dare i 37 euro al giorno ai nostri disoccupati e anche agli stranieri che avevano perso il lavoro, ma mi hanno bloccato. Sono un sindaco leghista e non sono affatto razzista. Noi paghiamo i libri delle scuole medie – 300 euro – a italiani e stranieri, che però debbono avere tre anni di residenza ed essere in regola con le imposte comunali. Vede quel condominio? Lì ci sono tanti immigrati che non hanno pagato le utenze idrauliche e così l’acqua è stata bloccata. Il risultato? Anche gli italiani che hanno sempre pagato per cuocere la pasta vanno alla fontana con le taniche. Con la crisi economica alcuni stranieri che hanno perso il lavoro se ne sono andati. Sono rimasti i fancazzisti che se il lavoro c’è va bene, se non c’è meglio, tanto ci pensa il Comune. Per questo non faccio bandi per bollette e affitti. Con l’Isee a zero, prenderebbero tutto loro».
Il confine fra “Baranzate di qua e Baranzate di là” (11.935 abitanti, 3.910 stranieri) è al semaforo fra via Nazario Sauro e via 1° Maggio. Di qua gli italiani, di là gli altri, arrivati da 72 Paesi. «In via Gorizia, dove nel 10% del territorio abitano il 65% degli stranieri – racconta il sindaco pd, Luca Elia – negli anni ’50 e ‘60 abitavano i pugliesi, i calabresi, i siciliani. Qui attorno c’erano 40mila posti di lavoro, poi le fabbriche hanno chiuso. Gli italiani in gran parte si sono spostati nella Baranzate di là, abbandonando i palazzoni. Affitti bassi, vendite a 1.100 al metro quadro, accessibili agli immigrati. Con l’arrivo della crisi, tanti non sono riusciti a pagare mutuo e bollette. In alcuni palazzi è stato tolto il riscaldamento e ci sono liti fra chi pagava e no. Non sono scontri fra razzisti ma fra poveri. Ci sono appartamenti all’asta offerti a 20.000 euro. Per fortuna c’è la parrocchia». Oratorio con campo da calcio, bar, sala per corsi di italiano e doposcuola. «Questo – dice subito don Paolo Steffano – è un quartiere bomba, a rischio, dove può succedere di tutto, anche che si scopra la fraternità». Decine di donne velate accompagnano i bimbi all’oratorio. «Sanno benissimo che questo è un luogo cristiano. Portano qui i figli perché stiano assieme agli altri, in un ambiente protetto e ben educato. Così imparano che i cristiani sono questi, non quelli che l’Isis attacca nei suoi proclami». Calci al pallone, un gelato al bar. «Qui non si parla più di integrazione. La proponi quando ci sono 90 italiani e 10 stranieri, non con numeri come i nostri. Qui bisogna cercare la convivenza: per questo siamo diventati un laboratorio di futuro».
Splendidi colori d’autunno, nei vigneti di Rocca de’ Giorgi, nel pavese. «Anche qui – dice il sindaco, Paolo Fiocchi – gli stranieri, che sono il 41,3%, hanno preso il posto di chi arrivava dal sud. Eravamo 700, nei primi anni ’50 e ora siamo 80». Il 90% del territorio comunale è dell’azienda Conte Vistarino, «dal 1850 casa del Pinot nero». Azienda e Comune sono quasi la stessa cosa. Il sindaco è direttore dell’azienda, la contessa Ottavia Giorgi di Vistarino è assessore ai lavori pubblici. «Per tenerci qui a vendemmiare e potare – racconta Cristian Florisan, romeno, consigliere comunale – ci danno anche la casa gratis. Fra poche ore nascerà mia figlia Giulia. Presto avremo la maggioranza assoluta».