la Repubblica, 27 ottobre 2017
L’amaca
È davvero grande la confusione dei tempi. Lo si capisce anche dai dettagli. Il volto dolente di una ragazza, diffuso in un video molto visto sul web, diventa uno dei simboli del separatismo catalano. Da un lato eroina della causa, dall’altro bersaglio degli insulti avversari. Fino a che la ragazza, scossa dalle polemiche, spiega che lei non solo non è una militante politica, ma non è neanche indipendentista. È solo un’attrice: «Per me quello era un lavoro come un altro».
Per quanto sia presente a tutti il travaglio dell’attore, versatile e volubile per mestiere dovendo prestare la propria persona a storie, parole e ruoli i più diversi, come è possibile che un drammatico appello all’Europa, nel nome della Catalunya calpestata, possa essere «un lavoro come un altro»? Allo stesso modo, dunque, la giovane attrice avrebbe interpretato un drammatico appello centralista di Madrid contro l’insorgenza catalana? Quando mai un attore di sinistra, siccome è il suo lavoro, ha prestato volto e voce a una campagna elettorale della destra, e viceversa? Le idee politiche, anche quelle grandi e divisive, hanno oramai un peso così minimo nella formazione dell’identità delle persone? Anche la storia d’Europa è diventata «un lavoro come un altro»?