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 2017  ottobre 26 Giovedì calendario

Intervista a Stefano Paleari, commissario straordinario Alitalia: «Alitalia, semestre con ebitda in pareggio»

Stefano Paleari, come è noto, siede dall’aprile scorso ai comandi di Alitalia su una poltrona per tre. Con lui – docente universitario, ex ingegnere nucleare ed esperto di trasporto aereo – sono al lavoro sul salvataggio e la valorizzazione di Alitalia anche Luigi Gubitosi ed Enrico Laghi: la doppia missione dei tre commissari è quella di garantire la continuità aziendale per poi vendere l’ex compagnia di bandiera a chi offrirà le migliori condizioni. In questa intervista, Paleari traccia non solo un bilancio dei sei mesi di lavoro trascorsi in Via Nassetti, ma fa anche il punto sullo stato attuale della Compagnia e dell’evolversi dell’asta pubblica per la sua cessione.
Professor Paleari, la mossa di Cerberus ha fatto rumore, ma va ben interpretata. Come spiega il fatto che si dichiarino interessati ad Alitalia, ma che non abbiano presentato un’offerta nei tempi fissati dalla procedura? Da quanto mi risulta, non hanno apprezzato parecchie cose delle prime due fasi della vendita: mancanza di documenti in inglese, la scelta dell’asta pubblica, l’obbligo di presentare un’offerta irrevocabile e senza condizioni accompagnata da un piano industriale e soprattutto la consegna di una garanzia bancaria irrevocabile... Si poteva forse procedere diversamente?
«Guardi, con Cerberus abbiamo avuto incontri e i rappresentanti del fondo hanno avuto accesso alla data room. È vero che nella prima fase di sondaggio i documenti erano limitati, ma nella seconda c’era una documentazione molto corposa. Siamo lusingati per ogni soggetto che abbia manifestato interesse. In questo momento siamo nella fase di valutazione di quanto pervenuto il 16 ottobre e non posso aggiungere altro”
Per quanto se ne sa, le offerte che avete raccolto non riguardano tutta la compagnia ma solo alcuni asset, dall’handling alle rotte. Cerberus vorrebbe invece tutta l’Alitalia: ci sono forse preclusioni sui fondi di private equity?
Assolutamente no. Alitalia ha bisogno di un azionista stabile e con adeguate risorse da investire per lo sviluppo. Non conta se a comprare sia un fondo di private equity come Cerberus o un grande vettore internazionale: ciò che importa è che si presenti all’Amministrazione straordinaria con un forte e sostenibile piano industriale, con una visione di lungo periodo e con un’offerta adeguata al valore che può creare Alitalia. Questa compagnia è stata salvata con il denaro dei contribuenti, e ai contribuenti dobbiamo rendere conto del lavoro svolto. In ogni caso, possiamo garantire già ora la continuità aziendale per tutto il 2018.
Che cosa può dirci del processo di vendita e delle problematiche che avete affrontato?
In queste ultime settimane è successo qualcosa di imprevedibile: le criticità di Ryanair che si è ritirata dalla procedura. A ciò si è poi aggiunto il crollo di Air Berlin, che ha vede impegnata Lufthansa e da ultimo il fallimento di Monarch Airlines, oltre all’ingresso di Delta in Air France e di Air France in Virgin Atlantic. Tutto ciò ha certamente influito sul processo di vendita e soprattutto sulle tempistiche. Sono fattori che non si potevano prevedere. Ma da parte nostra, siamo soddisfatti del lavoro fatto finora sulla struttura della Compagnia.
Che cosa siete riusciti a fare in questi sei mesi per salvare e rendere vendibile Alitalia?
Credo che il lavoro svolto finora abbia già dato buoni risultati. Vede, il problema urgente che, insieme a Gubitosi e Laghi, abbiamo affrontato, la vera emergenza di Alitalia, non era la strategia di crescita, ma la velocità della sua decrescita: invertire la rotta è stato fondamentale. E i numeri cominciano a darci ragione.
Può darci qualche informazione precisa?
Posso dirle già ora che il secondo semestre del 2017 si chiuderà con un ebitda in sostanziale pareggio e che entreremo nel 2018 con una dotazione finanziaria di oltre 800 milioni di euro, di poco inferiore al prestito ponte ricevuto. Non solo. I ricavi per la prima volta da alcuni anni sono tornati a crescere e siamo riusciti a tagliare nel complesso oltre 130 milioni di euro di costi operativi su base annua. Già questo non mi sembra irrilevante. Le aggiungo che abbiamo già rinegoziato i contratti derivati sul carburante portandoli a valore di mercato, eliminando così anche il rischio di perdite future. Non solo. Poichè uno dei nodi della compagnia riguarda la produttività, abbiamo fatto il possibile per migliorare la situazione lavorando sull’organizzazione: il primo passo è stato quello di semplificare l’architettura della compagnia riducendone i livelli manageriali, che dai precedenti 15 sono scesi a 9; il secondo è stato quello sulla flotta, la cui gestione efficiente è fondamentale per aumentare la produttività. Inoltre abbiamo avviato un processo di digitalizzazione e dall’anno nuovo tutti i fornitori invieranno fatture elettroniche. Ma i grandi problemi, in realtà, non sono solo questi.
Quali sono allora?
I costi esterni che gravano su Alitalia sono un problema serio di cui gli italiani hanno poca consapevolezza. Alitalia, per esempio, versa 7,5 milioni di euro l’anno dal suo fatturato all’amministrazione di Roma Capitale, pari a un euro per ogni passeggero partente, paga una «tassa sul rumore» di 5,5 milioni di euro l’anno e oltre 200 milioni di euro all’aeroporto di Fiumicino: su quest’ultimo fronte, mi lasci dire che siamo costretti a sostenere costi crescenti pur restando a parità di servizio. È un problema enorme e che va ben oltre ovviamente lo scalo romano: è un problema di politica dei trasporti: l’accessibilità a una regione o a un Paese è la condizione primaria per garantirne lo sviluppo. L’Italia deve affrontare questo nodo, anche in chiave di competizione tra aerei ed alta velocità ferroviaria. Le faccio un esempio: un operatore dell’alta velocità paga sulla Milano-Roma circa 10 euro a passeggero per il vettoriamento. Una compagnia aerea per il sorvolo e per gli aeroporti paga nel complesso circa 40 per passeggero.
E allora che cosa propone?
Di riflettere sull’assetto complessivo e sulle regole del gioco nel settore dei trasporti e soprattutto nella competizione tra treni veloci e trasporto aereo favorendo anche la multimodalità: è assolutamente necessario discutere su come arrivare a una competizione su basi più equilibrate e paritarie, in altre parole a regole del gioco uguali per tutti.
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