26 ottobre 2017
APPUNTI PER GAZZETTA - GRASSO, VISCO, DRAGHIREPUBBLICA.ITIl presidente del Senato, Pietro Grasso, ha deciso di lasciare il gruppo del Partito Democratico a Palazzo Madama, al quale è iscritto dall’inizio della legislatura, e di passare al gruppo misto
APPUNTI PER GAZZETTA - GRASSO, VISCO, DRAGHI
REPUBBLICA.IT
Il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha deciso di lasciare il gruppo del Partito Democratico a Palazzo Madama, al quale è iscritto dall’inizio della legislatura, e di passare al gruppo misto. La decisione arriva nel giorno in cui il Senato ha approvato la nuova legge elettorale sulla quale il governo di Paolo Gentiloni ha posto cinque questioni di fiducia.
Nelle scorse settimane Grasso si era impegnato in prima persona per evitare che il Governo ponesse la questione di fiducia anche in aula a Palazzo Madama, per evitare di blindare la riforma elettorale. Durante la votazione sul Rosatellum in aula era scoppiata la polemica quando il senatore dei Cinquestelle Vito Crimi ha chiesto a Grasso di dimettersi per bloccare la riforma, "Dimettiti se hai la schiena dritta, come fece il presidente del Senato nel 1953. Non renderti complice di questo scempio" e ha aggiunto "sarebbe una medaglia da appuntare al petto". Rosatellum bis, Crimi (M5s) a Grasso: "Dimettiti!". Lui: "Più duro resistere che fuga vigliacca" Condividi Decisa la replica del presidente, pur scosso dagli attacchi: "Quali che siano le mie decisioni personali e le mie intime motivazioni posso dire che può essere più duro resistere che abbandonare con una fuga vigliacca" e ha aggiunto "tutti sanno che il motivo per cui non ho accettato la candidatura alla presidenza della Sicilia è stato per potere continuare, con senso delle istituzioni, a espletare la mia funzione in quest’assemblea. Ritengo che questo sia il mio compito in questo momento. Le mie decisioni personali sono altra cosa. In questo momento io faccio il Presidente del Senato e vado avanti con il mio compito. Si può esprimere il malessere, ma non è detto che, quando si ha il senso delle istituzioni, si debba obbedire ai propri sentimenti"
LE REAZIONI
Il senatore del M5S Vito Crimi ha commentato "Grasso ha lasciato il Pd? Forse poteva farlo prima. Forse poteva fare qualche gesto un pò più importante, come abbiamo più volte detto. Oggi è tardivo. Troppo tardivo". A fargli eco il deputato Cinquestelle Danilo Toninelli: "Suona come una presa in giro colossale. Avesse avuto coraggio si sarebbe dimesso da presidente prima delle fiducie".
Apprezzamento invece dal coordinatore di Mdp Roberto Speranza "Chi serve lo Stato si trova spesso dinanzi a scelte difficili ed è proprio per questo che apprezzo il senso delle istituzioni sempre dimostrato dal Presidente del Senato. Rispetto profondamente la decisione di lasciare il gruppo del Pd dopo le ultime gravissime scelte compiute. La politica ha oggi più che mai bisogno di buoni esempi. Noi continueremo ad impegnarci per dare vita a quel progetto visionario a cui proprio Piero Grasso ha fatto riferimento nel suo intervento a Napoli".
"E’ un fatto politico importante e positivo" ha aggiunto il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni in un tweet
VISCO RICONFERMATO
Il nome di Ignazio Visco, l’attuale numero uno di Palazzo Koch al centro delle cronache a seguito della mozione di sfiducia del Partito democratico nei suoi confronti, era il più alto nella rosa dei candidati per il prossimo mandato. Proprio sul suo conto è tornato a esprimersi il segretario del Pd, Matteo Renzi: "Se il presidente del Consiglio decide di confermare Visco io non lo condivido, ma andiamo avanti lo stesso".
STORIA DELLA CRISI: Renzi all’attacco, governo spiazzato
"La conferma rappresenta un fatto eccezionale che può dipendere da un giudizio eccezionalmente positivo. Se è questo il giudizio del premier Gentiloni e dei suoi ministri, se ne assumeranno la responsabilità davanti ai cittadini italiani, insieme naturalmente ai loro partiti che dovessero poi ricandidarli nelle loro liste elettorali", afferma invece Enrico Zanetti, segretario di Scelta Civica e membro della commissione d’inchiesta sulle banche.
IL RITRATTO ATTRAVERSO LE CONSIDERAZIONI FINALI
Non solo la Banca centrale italiana è al centro del (potenziale) rinnovamento dei vertici. Negli Usa, Janet Yellen sembra fuori dalla corsa per aggiudicarsi un secondo mandato al vertice della Federal reserve. Lo scrive Politico citando una fonte che parla "regolarmente" con il presidente Donald Trump. La scelta del presidente - chiamato a decidere a chi affidare la guida dalla banca centrale americana - si riduce dunque a Jerome Powell, dal 2012 membro del board della Fed, e a John Taylor, l’economista ’falco’ della Stanford University. Lo stesso organo d’informazione cita un’altra fonte "vicina al processo di selezione" secondo cui Trump cambia idea ogni giorno. Il mandato di Yellen scadrà il prossimo febbraio.
DRAGHI
MILANO - La Bce annuncia l’atteso percorso di fine degli acquisti di titoli del Quantitative easing: il board di Francoforte ha deciso di mantenere invariato ai minimi storici il costo del denaro, ma anche stabilito la riduzione degli acquisti mensili a 30 miliardi (dai 60 attuali) a partire dal gennaio 2018. Il programma andrà avanti a quel ritmo fino al settembre successivo, ma la Banca centrale si è tenuta le mani libere dicendo che potrà andare anche "oltre" se necessario. Un concetto ripetuto dal governatore Mario Draghi durante la conferenza stampa a seguito del Consiglio (segui la diretta Twitter), durante la quale ha motivato la "ricalibrazione" del piano d’acquisti a seguito del rafforzamento della crescita economica (circa la quale "non escludo sorprese positive") e delle aspettative di inflazione. Il governatore ha anche assicurato che il programma non finirà all’improvviso: "Non scenderà da trenta a zero" e "la grande maggioranza del Consiglio Direttivo" ha espresso una preferenza per una atteggiamento ’aperto’ circa la conclusione del Qe.
Le posizioni assunte dalla Bce sono in linea con le aspettative dei mercati, che trattano positivi mentre l’euro scivola sotto 1,18 dollari: la posizione della Banca centrale resta di supporto all’economia, in particolare se si considera che dal comunicato dell’Eurotower si sottolinea che il Direttorio è sempre libero di ri-aumentare il ritmo dello shopping qualora lo scenario macroeconomico lo rendesse necessario. D’altra parte, la bussola è data dal raggiungimento dell’obiettivo di inflazione vicina al 2% nel medio termine, che ancora non si è concretizzato. Draghi ha spiegato nella consueta conferenza stampa che "il supporto monetario è ancora necessario", vista la situazione dei prezzi, e ha sottolineato la necessità di sostenere una situazione finanziaria molto favorevole.
Importante, poi, il fatto che l’Eurosistema abbia garantito che re-investirà i rimborsi dei titoli acquistati in passato giunti alla scadenza per un periodo prolungato, anche dopo la fine degli acquisti: una mossa che dovrebbe garantire altri 15-20 miliardi al mese, secondo le stime degli analisti. In sostanza, tra nuovi acquisti e re-investimenti si resterebbe sui 50 miliardi al mese fino al settembre 2018, contro una somma di 65 miliardi attuale per le due voci. Un modo per garantire le condizioni favorevoli dal punto di vista della liquidità e per mantenere una politica monetaria accomodante: Draghi ha assicurato che il programma di riacquisti sarà "massiccio". Non a caso gli economisti di Hsbc segnalano a caldo che la posizione della Bce resta da "colomba" verso gli investitori, nonostante l’annuncio dell’inizio della chiusura dei rubinetti. Da Francoforte anche la conferma, infine, che le aste principali di rifinanziamento e quelle quelle più lunghe a 3 mesi continueranno a essere condotte a tasso fisso e ammontare illimitato fino a che sarà necessario e quantomeno fino al 2019.
VALUTAZIONI
MILANO - Dimezzare gli acquisti mensili di obbligazioni di Stato (e non) a 30 miliardi, ma prolungare il programma oltre l’attuale scadenza di fine anno e procedere anzi di ben nove mesi, dunque fino al settembre del 2018. Mario Draghi è chiamato a una delle sue conferenze più impegnative, quella che dovrà dare indicazioni su come uscire dalla fase senza precedenti di stimoli monetari che si è concretizzata soprattutto nel programma del Quantitative easing. E su una simile agenda si concentrano le aspettative dei mercati.
Goldman Sachs ha avuto modo di sottolineare che questa prospettiva è stata recentemente corroborata dalle posizioni di alcuni membri del board (nello specifico Peter Praet), che lasciano pensare come il governatore si possa tenere ancora le mani libere - nella sua retorica - su possibili nuove tornate di allentamento del Qe, anche se ormai è più un segnale formale che una reale opzione pratica per l’Eurtower. Anche da Ubs immaginano che Mario Draghi ripeta le locuzioni alle quali ha abituato gli ascoltatori, ovvero l’impegno a mantenere i tassi bassi a lungo e ben oltre la fine del Qe e di preservare una posizione ultra-accomodante della Banca centrale almeno fin quando il target di inflazione vicino al 2% non sarà raggiunto. Nella tabellina predisposta dagli economisti di Abn Amro per i loro investitori, si riassumono alla perfezione le aspettative covate in seno a una banca internazionale e quali potrebbero essere le delusioni o le sorprese positive. Se le aspettative dei mercati dovessero essere centrate, nota questa volta Fidelity, il nuovo scenario consentirebbe alla Bce di continuare a offrire il proprio sostegno per un periodo di tempo più lungo, favorendo uno spostamento al 2019 delle aspettative relative al primo rialzo dei tassi. Dal punto di vista tecnico, inoltre, anche se l’effetto netto dei flussi sarà negativo per i titoli di Stato europei, data la riduzione degli acquisti mensili lordi, il reinvestimento di quelli in scadenza mitigherà l’impatto netto sul mercato.
Axel Botte di Natixis ritiene che - nel nuovo formato a 30 miliardi mensili di acquisti - nel 2018 gli interventi dell’Eurotower sui covered bond diminuiranno significativamente, mentre gli acquisti sulle asset backed securities termineranno con il 2017. Resteranno dunque i bond del settore pubblico e quelli emessi dalle grandi società ammesse al programma come i principali componenti del programma di acquisto di Francoforte. Nicolas Forest di Candriam sottolinea come sia importante la chiarezza che verrà data nella comunicazione sulla strategia di reinvestimento dei bond in scadenza: "Ciò diverrà più importante nel programma di acquisto del 2018. Una comunicazione definita sui reinvestimenti in termini quantitativi contribuirebbe inoltre a mitigare l’impatto degli acquisti netti inferiori", dice l’esperto.
Jorgen Kjaersgaard di AllianceBernstein crede infine che la mossa di Draghi sia scontata, ma la portata ancora no. "Per rendere meglio l’idea, è come se i membri del consiglio della Banca centrale europea fossero un conclave che si appresta all’elezione del nuovo Papa, in questo caso pronto ad ammainare a poco a poco le vele del Quantitative Easing. La fumata bianca è attesa, la folla ha formulato le sue teorie su quale sarà l’opzione vincente, ma in realtà la scelta potrebbe cogliere comunque tutti impreparati. A nostro parere, infatti, il mercato non sta prezzando in pieno la magnitudine e la portata della mossa di Francoforte".
Per l’esperto l’annuncio "scatenerà una certa volatilità, almeno finché i mercati non aggiusteranno i loro prezzi. I tassi a breve termine, probabilmente, non subiranno scossoni, mentre quelli dei titoli decennali lieviteranno di circa 30-40 punti base, inclinando la curva di rendimento".