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 2017  ottobre 19 Giovedì calendario

Prove d’intesa contro le milizie libiche

Chi è esattamente il vostro nemico?
Le milizie. Qui sono circa 16, di cui due molto potenti. Soprattutto il clan di Ahmed Al Ammu, che guida la brigata di Anas Dabashi, la più potente della zona. Quando li abbiamo fatti prigionieri, abbiamo scoperto che per lo più erano criminali già noti alle forze dell’ordine. Da Tripoli, per quasi tutti loro pendevano mandati di cattura per traffico di esseri umani, spaccio di droga e compravendita di armi.
Adesso dove si trovano?
Alcuni li abbiamo trasferiti nella capitale, altri li abbiamo ancora noi. 
Come si è svolta la battaglia e qual è la situazione attuale?
Ora Sabratha è stabile e calma, come i paesi intorno. Abbiamo preso il controllo della provincia e occupato gli edifici amministrativi. È stata durissima. Con l’avanzare nel cuore della città, i combattimenti si sono fatti cruenti. Nei primi tre giorni, le milizie hanno lanciato ondate di attacchi che ci sono costati molti uomini. Non pensavano che avremmo resistito. Hanno fatto arrivare rinforzi da E1 Gelat e Al Zawiya. Noi eravamo meno di 500, potevano sconfiggerci. Ma quando ci hanno raggiunto truppe di supporto che attendevano fuori Sabratha e poi da Surman e dalla stessa E1 Agelat, la situazione si è ribaltata. Alla fine, si sono uniti a noi anche i civili, ma non abbiamo dato loro armi. Le avevano già. 
Ma chi dirìge davvero le operazioni? 
Capisco la domanda. All’inizio non avevamo contatti diretti con il governo di Tripoli, ma gli abbiamo sempre inviato informazioni segrete, grazie a un contatto che risponde direttamente a Fayez al Serraj. Era una questione di sicurezza non far sapere a nessuno per conto di chi combattevamo.
Avete contatti con la parte di Haftar? 
Ufficialmente no, ma ciascuno di noi ha amici a Bengasi, se capisce cosa intendo. Lo scopo finale della guerra è unire Est e Ovest come una volta, sotto un solo Stato e un unico esercito. Perché noi siamo militari, non milizie. Questa distinzione è importante. Per ora, comunque, solo Serraj ci ha dato fondi. Armi?
Denaro. Tripoli non ha armi da darci. Le abbiamo comprate noi direttamente. 
Da chi?
Da alcune milizie che le vendono al mercato nero.
P.S.: Lo scorso anno, durante i raid americani contro l ’lsis a Sabratha, gli statuni- tensi hanno paracadutato numerose armi nel deserto. Queste sono poi finite in mano ad alcune milizie, che le hanno rivendure al miglior offerente. Anche questa é la Libia.
Che cos’ha in più il generale?
Il potere. Tripoli è comandata da milizie armate, ciascuna delle quali ha 2-300 uomini. Così, ogni governo deve chiedere protezione a una di loro, e ne diventa schiavo. Ma le milizie sono indisciplinate, bevono la notte e la mattina seguono il vento. A Bengasi è diverso, c’è un vero esercito che risponde a un solo uomo. Questa è la sua forza.
Ne siete certi?
Non c’è alternativa in Libia, o stai con le milizie o stai con i militari. Ma se non stai coi militari, chi difenderà le banche? Le milizie continuano ad assaltarle e presto non ci saranno più salari per nessuno. Già, hanno costretto Sabratha a stare un anno senza benzina...
Per quale ragione?
La raffineria di Al Zawija. Da qui portano il petrolio di contrabbando a Zuara, che poi rivendono all’estero, tra Malta e il giro del mercato nero. È il loro business principale.
Gestiscono tutto le milizie?
Certo, compreso il traffico di esseri umani e di droga. La loro rete è più estesa di quanto si pensi. A Sabratha, contrabbandieri e islamisti si sono uniti alla brigata di Al Ammu. Hanno combattuto per lui anche tunisini e afghani. Sono arrivati da Bengasi, pieni di soldi. Ma presto li sconfiggeremo. 
Cosa vi rende così sicuri?
Perché sono dei bambini. Ahmed Al Ammu ha appena 25 anni, altri capi lo stesso. Quasi nessuno arriva a 30 anni. Sanno solo sparare un po’. Come possono sconfiggere un esercito addestrato?
Che cosa accadrà dopo?
I libici che oggi fanno parte delle milizie, torneranno al proprio lavoro. Mentre molti nella Operation Room vorrebbero confluire nell’esercito del generale Haftar, abbiamo un accordo in questo senso fin dal primo giorno. Lo sanno anche gli italiani.
In che senso?
A Roma, lui ha detto al vostro governo che può fermare i migranti. In cambio, però, l’Italia deve equipaggiare e addestrare i nostri soldatf. È la cosa migliore che potremmo ricevere. 
Esistono accuse di torture e uccisioni arbitrarie. Si ferma così il traffico di migranti?
Non a Sabratha. Chi arriva qui, è libero di andarsene. Nessuno li obbliga. La Operation Room provvede loro con medicinali e cibo. Certo, hanno bisogno di aiuto immediato. Lo abbiamo chiesto a Serraj, ma Tripoli non ha niente da darci. Così, ci ha pensato l’Italia.
In che modo?
Il vostro governo ha creato tre centri per gli immigrati, uno a Sabratha e altri due fuori. Peccato che oggi siano controllati dalle milizie, che non rispettano né patti né persone.