la Repubblica, 26 ottobre 2017
Addio a Severino Cesari, fondò Stile libero all’Einaudi
Una scena mi è rimasta impressa nella memoria: incontro un giorno Severino Cesari insieme a Giulio Einaudi. «Siamo appena tornati da Marettimo», dice Giulio con il suo sorrisetto un po’ beffardo che esprimeva soddisfazione. C’erano andati, siamo agli inizi degli anni Novanta, per realizzare il libro intervista sulla vita dell’editore che sarebbe uscito di lì a poco (1991) presso Theoria. Severino Cesari ci ha lasciati all’età di 65 anni, dopo un lungo travaglio dovuto a un tumore che ha poi, nel tempo, generato metastasi, infierendo su un fisico già provato da un trapianto di rene.
In genere, nei commiati, si fa appena un cenno e per giunta discreto alla malattia che ha condotto alla fine, ma qui il caso è diverso: Severino aggiornava i suoi amici su Facebook e aveva scritto un paio di anni fa La cura, un diario limpido e, se possibile, sereno della malattia, ma soprattutto delle risorse infinite della vita che riempie anche i giorni più cupi. Anzi: nella vita non ci sono tanti giorni uno dopo l’altro, aveva scritto: la vita è sempre stata un solo unico giorno. E quel giorno infinito era pieno di promesse di guarigione, sostenute dall’assistenza, per esempio, del farmacista di piazza Vittorio a Roma che sa tutto e prepara i molti medicinali che servono con grande competenza, commentando, felice, i segni di una ripresa, la prospettiva (finalmente!) di una vacanza a Ventotene. A piazza Vittorio abita anche il regista Paolo Sorrentino che fece fare una piccolissima parte a Severino nella Grande bellezza. Vi compariva, se non ricordo male, come un taciturno poeta sulla terrazza affollata di ospiti. E in effetti taciturno Severino lo è stato un po’ sempre. Paolo Repetti che con lui ha fondato la collana einaudiana Stile Libero, ricorda che Severino amava tenere il cellulare spento, mentre lui, guai se non riceveva almeno trenta telefonate al giorno… Ma prima di Stile Libero, sempre con Repetti, Cesari aveva lavorato alla collana Ritmi (Theoria) che di Stile Libero è un po’ l’antenata e prima ancora aveva per molti anni scritto per il Manifesto dirigendo le pagine culturali e inventando il Domenicale.
Mi rendo conto che sto andando all’indietro nel tempo, invece di seguire il normale ordine cronologico, ma è che i ricordi si affollano e il Severino di oggi si sovrappone a quello degli anni più lontani. Comunque un elemento comune c’è sempre: i libri. A Cesari è sempre piaciuto lavorare con i libri, occuparsene come recensore o responsabile delle pagine culturali, e poi metterci letteralmente le mani come editore, magari evitando gli aspetti finanziari. «Non sono capace di parlare di soldi», aveva detto in un’intervista, «finirei per dare tutto quello che mi chiedono». Theoria era una piccola casa editrice fondata da Beniamino Vignola e poi gestita insieme a Paolo Repetti, che subito si era distinta per l’agilità e la vivacità dei programmi. La collana Ritmi cui collaborò Cesari intendeva indagare il mondo e i linguaggio dei più giovani che è proprio il programma con cui si inaugurò Stile Libero a metà degli anni Novanta. Non fu facilissimo fare spazio a questa iniziativa in seno alla vecchia Einaudi, ma, grazie anche a Giulio Einaudi, i dubbi furono presto dissolti e Stile Libero cominciò a operare a Roma in tutta libertà. E fece chiasso abbastanza presto. Chi non ricorda l’antologia dei cosiddetti Cannibali? Era un’operazione indubbiamente editoriale, ma coglieva la voglia di storie forti: un terreno che si sarebbe rivelato fertile.
Una volta Cesari ricordò quando era arrivato in redazione il Romanzo criminale di De Cataldo. Andava benissimo, ma era come se mancasse una pagina di avvio. De Cataldo non ebbe difficoltà a scriverla. Cesari rifiutava l’idea dell’editor che scrive i libri degli altri e parlava invece della necessità di saperli ascoltare, i libri, magari interloquendo con l’autore, ma senza mai sovrapporsi.
Il catalogo di Stile Libero è pieno, oggi, di storie forti e di scrittori di grande successo anche commerciale. Per restare agli italiani si va da Carlotto a Carofiglio, da De Cataldo a De Giovanni e a Lucarelli, ma anche il carnet degli stranieri è ricchissimo da Bunker a Nesbø, da Foster Wallace a Englander e via elencando. Stile Libero è lo specchio dei nuovi consumi di massa, in un sovrapporsi di linguaggi che non riguardano solo la letteratura in senso stretto, ma anche il cinema, la tv, il rock, la satira… Tra questi libri ha abitato Cesari, con il garbo infinito (era la sua cifra) di un intellettuale curioso delle mille storie che il mondo propone, dei nuovi linguaggi e dei giovani che non smettono di affacciarsi alla vita.