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 2017  ottobre 25 Mercoledì calendario

Cellulari, un contratto più oscuro di quello per salvare una banca

Come mai il mio contratto con Tim è lungo il doppio di quello con cui Intesa Sanpaolo ha comprato le due banche venete? (Non è uno scherzo, purtroppo è tutto vero). C’è una sola risposta: l’imbroglio. Si capisce alla prima riga del Corpus Telecomianus, 240 mila caratteri in corpo 4, l’inferno del presbite: “Il cliente dichiara di aver preso completa visione e di accettare le condizioni generali Mnp”. Anche volendo, a chi chiedi che vuol dire Mnp? Al corriere Bartolini che ti consegna la busta di Tim con la nuova sim con cui diventi cliente fisso ma anche mobile? Lui sbrigativo ti chiede firme, credi che sia la ricevuta, invece hai firmato sul pianerottolo il contratto sigillato nella busta.
È solo l’inizio. Scoprirai che la tua marmorea tariffa Tuttofibra si è scissa come il Pd. Adesso sulla bolletta ci sono: Tim Smart, Opzione Smart Voce Casa, Opzione Smart Fibra, Opzione Smart Fibra +200, Opzione Smart Mobile. Il cellulare con traffico pagato dalla bolletta del fisso è una ricaricabile gravata di costi occulti, come l’opzione Tim Prime Go che consente di avere sconti al cinema (non è uno scherzo) per 49 centesimi a settimana. E se il credito della carta va a zero il cellulare non funziona più, neanche per il traffico che stai pagando. Perché? “Sono le nostre regole, lei le ha firmate”. Ecco.
A questo punto chiami il 187, ma non basta neppure la preghiera. Attese infinite, giochini snervanti per minuti (“premi uno se chiami per…, premi due se chiami per…”). La Tim dice che è solo sfortuna e ricorda minacciosa che il servizio è gratuito (quindi che pretendi, miserabile suddito?). Però il 18 aprile scorso, l’Agcom ha sanzionato Tim perché nel 2015 l’attesa media per parlare con un operatore è stata 134 secondi anziché i 70 prescritti. Tim se l’è cavata con 232 mila euro di multa, la paghetta di 20 precari del call center in Romania (non è uno scherzo).
Parlare con il 187, se capita, è un’esperienza. “Tim Prime Go lei l’ha firmato, in forma contrattuale! Però lo può disattivare, pagando 3 euro. No, non l’ha attivato, è la tariffa base. Senta, lei non può arrabbiarsi con me perché firma i contratti senza leggerli”. Le tecniche per imbrogliare i clienti sono talmente incasinate che alla fine si imbrogliano da soli. Esempio: l’attivazione Tim Smart costa 49 euro, ma è gratuita per chi ha la domiciliazione bancaria della bolletta. Arriva il conto e ti hanno addebitato i 49 euro.
Telefonata n. 1 al 187, risponde dalla Romania donna che parla come Boskov: “Computer a volte sbaglia, adesso blocco fattura e ne arriva un’altra”. Linea cade. Telefonata n. 2, per sapere se è stata bloccata fattura. Dalla Romania risponde Michele, anche lui risparmia sugli articoli: “Lei ha cambiato contratto, e automaticamente domiciliazione decade. Quindi i 49 euro deve pagare”. Terzo tentativo. Il dirigentone Tim chiamato a dirimere, partorisce terza versione: “Le confermiamo la corretta fatturazione poiché i clienti che hanno la domiciliazione bancaria attiva non pagano il contributo intero (98 euro), bensì quello ridotto (49 euro)”. Obiezione: nel contratto più complicato del salvataggio delle banche venete c’è scritto che il contributo intero è 49. Nessuna risposta, i vertici Tim si trincerano nel riserbo. Telefonata n. 3 al 187. “Lei ha ragione, questi 49 euro non erano dovuti. Adesso inoltro il reclamo. Controlli la sua bolletta, se fra un paio di mesi non è successo niente ci richiami”. Ti tocca anche metterti a fare la guardia per controllare se Tim mantiene gli impegni.
Una guerra è in corso. Dietro tutto questo è in corso una guerra. In un anno le denunce all’Agcom per “modifiche tariffarie e condizioni contrattuali” sono quasi decuplicate, da 133 a 1.218. Sono 100 mila i coraggiosi che hanno chiesto è ottenuto l’intervento dei Corecom regionali, vincendo dalle compagnie telefoniche indennizzi per 30 milioni totali. Ma quanti clienti, subendo un furto di 10 o 20 euro, si arrendono? E quanti milioni non sanno di essere truffati? Infatti le “sentenze” su singoli casi non diventano mai regola generale.
Il sistema protegge i bilanci delle società telefoniche. Tim ha dimezzato in dieci anni i ricavi nel mobile, da 10 a meno di 5 miliardi. Eppure mantiene un guadagno lordo (ebitda) al 47 per cento del fatturato. Per Vodafone l’Italia è l’Eldorado: ha un ebitda del 36,5 per cento, la media europea del gruppo è il 29 per cento. Il Bengodi è a spese dei clienti, e tutte se ne vantano nei bilanci. Fino a che qualcuno non dirà basta.