Il Sole 24 Ore, 25 ottobre 2017
Il pensiero di Xi nella Costituzione. Il leader cinese come Mao, verso una guida ultradecennale della Cina
La chiusura del 19esimo Congresso ha sancito il miracolo di Xi, l’equilibrio tra la conferma del suo prestigio personale e, al tempo stesso, di quello del partito cardine della società cinese. «Il nostro partito mostra una forte, ferma e vibrante leadership», ha detto il segretario generale nel discorso conclusivo, proprio mentre una delle risoluzioni finali lo collocava diritto nel Pantheon dei grandi della storia cinese. Non era semplice tenere insieme tutto ciò, ma è il partito che si rafforza se il pensiero del compagno Xi Jinping, core leader a vita, finisce nella Costituzione, elevandolo al rango dei suoi predecessori, Mao Zedong in testa. Il pensiero di Xi, quel «socialismo con caratteristiche cinesi per una Nuova Era», è in linea con il pensiero di Mao e Deng che aiutarono il partito a sopravvivere alla guerra civile e al crollo dell’Urss.
Solo così, costruendo sulle spalle di giganti, è possibile per Xi affrontare il prossimo quinquennio e anche di più senza suscitare contrasti insanabili nel partito che gli si ritorcerebbero contro. Un compromesso obbligato, perfettamente intuibile dalla presenza costante al fianco di Xi, ieri, dei suoi predecessori Jiang Zemin e Hu Jintao, mentre, alle sue spalle, erano seduti altri veterani. Un passato ingombrante: con l’ombra lunga di Jiang e Hu non si può ancora azzerare completamente ciò che è stato e proporsi come il nuovo Mao. Oggi c’è bisogno di guardare all’estero, fuori dai confini, e per questo la One belt one road strategy – di cui Xi rivendica la paternità insieme alla modernizzazione delle Forze armate – finisce anch’essa scolpita nel marmo delle Tavole della Legge del Partito.
Ieri i 2287 delegati del Congresso hanno eletto un nuovo Comitato centrale che voterà oggi nel suo primo Plenum i 25 del Comitato permanente del Politburo e i 7 dello Standing Committee. La Commissione centrale per la disciplina e le ispezioni ha 133 nuovi componenti, Wan Qishang, che l’ha guidata, andrà in pensione, Zhao Leji, fedelissimo di Xi, ne sarà il successore, mentre tra i nuovi nomi dell’anticorruzione spicca quello di Liu Janchao, classe 1963, che dai ranghi del ministero degli Esteri è passato a dare la caccia alle “volpi” corrotte disperse in mezzo mondo.
Ben 204 i membri di diritto del nuovo Comitato, solo una decina di donne, tre delle minoranze che si aggiudicano 15 posti e tra i più giovani spuntano Chen Min’er, 57 anni, fresco segretario di Chongqing dopo la rovinosa caduta di Sun Zhencai, e quello del Guangdong Hu Chunhua, 54, due esponenti della sesta generazione di leader probabilmente destinati ad attendere ancora un giro prima di finire nello Standing Committee.
Nella lista dei titolari del nuovo Comitato i pupilli di Xi ci sono tutti, i segretari Jiang Chaoliang, Sun Dawei, Cai Qi, Du Jiahao, Li Qiang, Li Hongzhong, Ying Yong, Chen Quanguo, e il segretario ombra di Xi, Li Zhanshu, l’uomo della sicurezza Guo Skengkun, il teorico Wang Huning, il capo della NDRC Liu He, e ministri amici come Zhong Shan, il cancelliere Yang Yechi, quello degli Esteri Wang Yi. Liu Qibao, attuale capo della Propaganda, resiste ma c’è Wang Kunming, il vice destinato a prenderne il posto, l’emergente Tuo Zhen è tra i supplenti. Tra i media Cai MIngzhao (Xinhua), Yang Zhenwu (People’s Daily), c’è anche Song Tao (Relazioni internazionali del Partito). Per l’economia tra i supplenti Yi Gang vice di PBoC e Ning Jizhe, vice di NDRC, mentre i boss di China Securities Regulatory Commission Liu Shiyu e di China Banking Regulatory Commission Guo Shuqing si piazzano tra gli effettivi.
Poi ci sono tutti quelli che a Xi non si rifanno: mentre tra gli applausi finali i leader si scambiavano strette di mano, uno, di certo, si è astenuto dal farlo, perché non ne ha bisogno: Han Zeng, un nome pesante, un protetto di Jiang Zemin destinato a entrare nello Standing committee.