Il Sole 24 Ore, 25 ottobre 2017
Mps torna in Borsa, resta il faro Bce
Da oggi dopo dieci mesi il Monte dei Paschi torna a sottoporsi al giudizio del mercato: ieri mattina all’alba è arrivato il via libera Consob, e alle 9 le azioni Mps torneranno a essere scambiate (insieme a tutti gli altri titoli quotati). Il primo responso, come previsto dai calcoli in circolazione da mesi, si preannuncia amaro: i fondamentali della banca e i multipli che ne derivano fanno degli 8,65 euro per azione a cui sono stati convertiti gli obbligazionisti subordinati (così come i 6,49 a cui è entrato lo Stato, a sconto) un prezzo piuttosto ottimistico, tanto è vero che gli analisti assegnano un valore compreso tra i 4 e i 4,5. Premesse che rendono la giornata di oggi in Piazza affari da montagne russe, e pure delle più ripide.
D’altronde la stessa banca, si legge nel documento pubblicato ieri, ha valorizzato 4,28 euro le azioni proprie in portafoglio, allineandole così al valore dei bond subordinati emerso dall’asta sui Credit default swap di settembre. Nonostante Borsa Italiana ieri abbia fatto sapere che il valore iniziale sarà al buio, le contrattazioni oggi dovrebbero partire da area 4,3 e qualora fosse confermata dal mercato, configurerebbe una capitalizzazione inferiore ai 5 miliardi e una perdita potenziale di circa il 50% per gli azionisti privati, mentre per lo Stato – che al termine dello scambio dei bond dovrebbe trovarsi con una quota del 68% – il rosso sarebbe nell’ordine dei due miliardi.
Calcoli teorici, però. Sarà solo il tempo a dimostrare quanto vale veramente il Monte dei Paschi: gli azionisti privati possono muoversi come ritengono, mentre lo Stato – secondo gli accordi presi con la Commissione europea di cui dà conto l’istituto – avrà tutta la durata del piano industriale e quindi quattro anni per riprivatizzare la banca, anche se fonti vicine al tavolo negoziale precisano che non si tratta di un termine «perentorio».
I paletti della Dg Comp
Oltre all’andamento del conto economico (la prossima trimestrale sarà discussa in cda il 7 novembre), per la valutazione di mercato sarà determinante la rara e invidiabile condizione di istituto npl-free (da quando a metà 2018 la maxi cartolarizzazione avrà portato fuori dai libri della banca 28 miliardi di sofferenze), che però al tempo stesso deve sottostare a un pesante regime di austerity imposto dalla Commissione europea per autorizzare l’aiuto di Stato: bandite le campagne commerciali ultra-aggressive e le acquisizioni, tetto salariale per i manager, zero cedole.
Il faro della Bce
E pure la Bce resta in agguato. Riportando l’interlocuzione avuta nei mesi passati con la Vigilanza di Francoforte, la banca ricorda che risulta fondamentale il buon esito della cartolarizzazione imbastita insieme a Quaestio e al fondo Atlante 2: il progetto procede come da programma ma senza di esso, si legge nella documentazione pubblicata ieri, resta il rischio di «interventi straordinari», compresa la risoluzione e dunque il bail in. E sempre in tema di Npl, sullo sfondo resta la stretta in cantiere per tutte le banche sui crediti deteriorati che matureranno dal 2018 in avanti: in base all’addendum Bce alle linee guida sulle gestione degli Npl pubblicato il 4 ottobre scorso e per ora in consultazione, sulle nuove sofferenze andranno predisposti accantonamenti automatici, e qualora il documento – come probabile – entrasse in vigore, per la banca potrebbe profilarsi la necessità di coperture aggiuntive.
Ma ci sono anche altre questioni sollevate sempre dalla Bce alla banca, in particolare nell’ambito del processo di vigilanza continua dello Srep. E in parte, paradossalmente, si tratta delle conseguenze della terapia d’urto disposta proprio dalle autorità di vigilanza. Sta di fatto che Francoforte ravvisa una situazione di debolezza legata al «modello di business», a un «sistema di governo dei rischi e aspetti organizzativi giudicati ancora non del tutto adeguati, in attesa di valutare le attività di mitigazione già implementate», al «rischio di mercato in relazione ad alcuni aspetti di dettaglio legati alla misurazione del rischio di tasso di interesse del banking book» e soprattutto al «rischio operativo in relazione alla numerosità delle cause legali in corso». In particolare, il petitum complessivo per le cause in corso supera i 4,2 miliardi. Nel prospetto emerge anche un altro rischio: un nuovo filone di inchiesta a Milano a carico di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola che li vede indagati per ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza in qualità di ex presidente ed ex ad di Mps.
L’offerta sui bond
Sempre ieri sono state pubblicate le condizioni definitive dell’offerta di scambio per i risparmiatori che avevano bond subordinati convertiti in azioni in occasione dell’ingresso dello Stato: manca ancora il decreto oggi alla firma del ministro Padoan di ritorno dall’estero, ma il periodo di adesione avrà inizio alle 8,30 del 30 ottobre e terminerà alle 16,30 del 17 novembre. Nel dettaglio, gli azionisti potranno cedere i propri i titoli alla banca (che a sua volta li girerà al Tesoro) e in cambio riceveranno certificati di deposito per pari ammontare con scadenza al maggio 2018, la stessa del vecchio bond subordinato convertito in azioni.
.@marcoferrando77