Libero, 24 ottobre 2017
La destra fa volare l’economia. Argentina e Giappone godono
Nella stessa domenica, due leader della Destra Liberale hanno vinto in due parti molto lontane del mondo. Lontane per geografia, e lontane anche per molte altre cose. Classe 1954, il più giovane primo ministro della storia del Giappone, Shinzo Abe viene da una famiglia di noti politici, ed è leader di quel Partito Liberale Democratico che negli ultimi 62 anni ha governato per un totale di 57.
Classe 1959, origine calabresi passate per Roma, figlio di uno dei più importanti imprenditori dell’Argentina e a sua volta per molti anni alla testa della famosa squadra di calcio del Boca Juniors, Mauricio Macri è stato il primo ingegnere e il primo figlio di immigrati italiani a essere stato eletto presidente dell’Argentina (altri presidenti avevano avuto origini italiane, ma più lontane). Lui però il suo partito ha dovuto inventarselo da solo, attorno a esso ha forgiato una coalizione, e come tale è riuscito a diventare il primo presidente né radicale, né peronista, né militare in un secolo di suffragio universale.
SALVATAGGI
L’Argentina è un Paese di cultura occidentale ricchissimo di risorse che a colpi di populismo, dal rango di sesta economia mondiale, è riprecipitato nel Terzo Mondo. Al contrario, il Giappone è l’unico Paese non di cultura occidentale ammesso nel G7 grazie a una spettacolare crescita economica dovuta alla capacità di lavorare e intraprendere malgrado la mancanza di materie prime. E tuttavia anch’esso nell’epoca immediatamente pre-Abe aveva iniziato a inciampare e ad anchilosarsi. In modo differente, Macri e Abe hanno dovuto dunque tutti e due dare al loro Paese una scossa. Le politiche di Abe si sono addirittura meritate una precisa etichetta: le Abenomics. Macri a sua volta ha promesso «un governo di 20 anni» per «cambiare l’Argentina per sempre». Va detto che entrambi avevano a loro volta da affrontare sfide anche diverse rispetto all’economia: per Abe, la minaccia nucleare della Corea del Nord; per Macri, il chavismo strisciante del sistema corrotto e clientelare di Cristina Fernández de Kirchner.
PLEBISCITATI
Per le une e per le altre ragioni, entrambi sono stati plebiscitati. Shinzo Abe ha infatti confermato la sua grande maggioranza alle elezioni anticipate per la Camera dei Rappresentanti giapponese, pur perdendo qualche seggio: su 465, la sua coalizione ne aveva 326 e ne conferma 312. E la Borsa di Tokyo è salita di oltre l’1%. La coalizione di Macri a sua volta alle elezioni di mezzo termine ha vinto in 13 province su 23, arrivando oltre il 40% del voto nazionale. La Kirchner è riuscita ad aggiudicarsi il seggio al Senato che la blinda contro le inchieste giudiziarie, ma ha perso col candidato macrista Esteban Bullrich il duello più importante nella Provincia di Buenos Aires: 37,25% contro 41,38. Macri è stato avvantaggiato dall’impatto delle sue riforme economiche, che all’inizio hanno aumentato inflazione e deficit, ma adesso hanno riportato la ripresa: secondo il Fondo Monetario Internazionale con lui il Pil argentino è passato da una recessione del -2,2 per cento nel 2016 a una crescita del 2,5 nel 2017.