Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 25 Mercoledì calendario

Pensioni, scatta l’aumento dell’età. Dal 2019 si lascerà il lavoro a 67 anni

ROMA Dal 1° gennaio del 2019 si andrà in pensione a 67 anni, cinque mesi in più rispetto ad oggi. Il «verdetto» dell’Istat è giunto ieri dopo mesi di polemiche e tentativi da parte dei sindacati e della coppia Damiano-Sacconi di bloccare, o almeno rallentare, l’innalzamento dell’età pensionabile.
Se dal punto di vista dei conti pubblici il nuovo calcolo evita un grosso aggravio, altri pericoli si profilano per la spesa pensionistica: oggi infatti è attesa la sentenza della Corte Costituzionale sulla rivalutazione dei trattamenti previdenziali: se il provvedimento Poletti del 2015 dovesse essere bocciato, ripristinando il completo sistema di indicizzazione, si rischierebbe, secondo quanto affermato dal legale dell’Inps Luigi Caliulo a margine dell’udienza della Corte, una botta da almeno 30 miliardi sulle casse dello Stato.
Tornando al «verdetto» Istat, nei giorni scorsi il premier Gentiloni aveva gelato ogni richiesta di inserire una modifica dell’attuale normativa all’interno della Finanziaria di quest’anno. La legge di cui si parla risale al 2010, ministri Tremonti e Sacconi, e prevede che l’età di pensione di vecchiaia cresca in parallelo con l’aspettativa media di vita degli italiani; normativa rafforzata dalla ministra Fornero nel 2011.
Come funziona il meccanismo? Prevede che ogni tre anni si prenda la rilevazione Istat sulle aspettative di vita degli italiani, la si confronti con il livello di tre anni prima (non la media dei tre anni) e, se si registra un incremento, si proceda all’aumento dell’età pensionabile allo scattare del terzo anno successivo. In buona sostanza il dato di ieri, certifica che un sessantacinquenne italiano, nel 2016, aveva una speranza di vita di 20 anni e 9 mesi: rispetto a tre anni prima, cioè a fine 2013, la speranza di vita è cresciuta di cinque mesi. L’aumento si trasferirà dunque sull’età pensionabile a partire dal 1° gennaio di tre anni dopo, dunque dal 1° gennaio 2019, portandola dagli attuali 66 anni e 7 mesi a 67 anni tondi. Da tenere presente che la legge è dotata di una clausola di salvaguardia che impone i 67 anni nel 2021 comunque vadano le cose.
I dati dell’Istat hanno scatenato il putiferio. «È indispensabile fermare la follia di un automatismo perverso», ha detto la segretaria della Cgil Camusso in sintonia con Cisl e Uil. Sul fronte politico, oltre alla Lega che cavalca la polemica anti-Fornero con Salvini che parla di «infamia», si levano voci del Pd e di Si.
La vicenda ha alle spalle anche un retroscena tecnico. Ad alimentare le aspettative di una revisione al ribasso delle aspettative di vita per il 2016, l’anno di riferimento per il nuovo calcolo, sono stati i dati dell’Istat per il 2015 che registrarono un calo delle aspettative di vita che retrocesse per la prima volta, a 20 anni e 4 mesi. La notizia fece clamore e, nel cercare di individuare le ragioni del fenomeno, si parlò di crisi economica e sistema sanitario. Il caso diede voce all’iniziativa bipartisan Damiano-Sacconi che chiesero il congelamento della norma. Ieri entrambi sono intervenuti: «Meccanismo perverso», ha detto Damiano (Pd). Sulla stessa lunghezza d’onda il centrista Sacconi che insiste: «Ci vuole gradualità».
E il governo? Dovrà assumere un provvedimento amministrativo, dice la legge, dodici mesi prima dell’innalzamento dell’asticella. Il ministro del Lavoro Poletti comunque non drammatizza: «Il meccanismo andrà a regime nel 2019. Quindi i tempi per il Parlamento o per le forze politiche per una discussione o un confronto ci sono».