Affari&Finanza, 23 ottobre 2017
I re della fabbrica degli Oscar. Potere, eccessi e incassi dei mogul di Hollywood
Quella del cinema è un’industria grande e per molti versi fiorente, soprattutto negli Stati Uniti. E americani sono i molti padroni della fabbrica dei sogni, uno dei quali è Harvey Weinstein, finito sotto i riflettori non per il successo dei suoi film ma per una lunga serie di abusi sessuali dei quali è accusato dalle attrici con le quali ha lavorato. “Il divano del produttore” è ancora importante, insomma, anche se è difficile stabilire in realtà chi è il più potente tra i molti colossi hollywoodiani. Ma il pool all’interno del quale cercare i magnati del cinema è più o meno quello, una cinquantina di nomi.
Si possono trovare criteri differenti per stilare classifiche e infatti, a seconda di chi redige la top ten, i nomi cambiano di posizione sono loro che per potenza economica, creativa, successo, dominano incontrastati da qualche anno, insidiati, come normale, dalle new entry che incontrano i gusti del pubblico che cambia e riescono a piazzare dei blockbuster inattesi.
Molti di questi nomi il grande pubblico, quello che ancora affolla le sale e quello che vede il cinema da casa, attraverso la tv via cavo in America, attraverso il satellite in Europa, attraverso il web in tutto il mondo, non li conosce nemmeno. Nomi come quello di Stacey Snider, passata attraverso i più grandi studios hollywoodiani e approdata di recente alla 20th Century Fox. Lei, come Jim Gianopulos, boss della Paramount Pictures, o Jeff Shell, che è passato dalla Walt Disney Company alla Universal Filmed Entertainment, non è una star ma un “boss”, una di quelle che comanda davvero. Sono loro che fanno girare i soldi, che decidono davvero da che parte far andare il business del cinema, ma hanno un ruolo meno “operativo” sui singoli film, affidati a produttori e registi che controllano più direttamente il prodotto.
I grandi studios sono ancora il cuore, il motore di Hollywood, ma si sono trasformati sempre di più in aziende che hanno interessi economici diversificati e personaggi come Snider o Shell devono far quadrare i conti anche vendendo i diritti alle televisioni e ai servizi online, ma anche i gadget, le t-shirt o biglietti per le attrazioni a tema cinematografico nei parchi giochi. Tengono insieme il sistema, insomma, che viene tenuto in movimento dalle produzioni più piccole.
La Warner Bros è lo studio di maggior successo attualmente, con una quota di mercato di poco superiore al 20%, seguita dalla Universal e dalla Buena Vista (Disney) con circa il 16%, dalla 20Th Century Fox con il 13%, e dalla Sony/Columbia con poco meno del 10%. Dietro di loro una lunga serie di case di produzione indipendenti e non, dalla Lionsgate alla storica Paramount, dalla Weinstein Company alla Annapurna. Non serve essere particolarmente grandi per arrivare al successo, possono bastare anche uno o due film, ma serve essere dei colossi per guadagnare moltissimo. Per spiegarci: la Warner ha, nel 2017, incassato con i suoi film un miliardo e settecentomila dollari, la Annapurna solo un milione e novecentomila. Ma se la prima è uno dei pilastri dell’intera storia del cinema, la seconda è diventata “potente” per due soli grandi successi come “Her” e “American Hustle”.
In bilico tra grandi studi e produzioni indipendenti, in grado di scegliere come e con chi lavorare, ci sono produttori e registi. Lavorare con i grandi studios significa avere meno libertà creativa e necessità di fare grandi numeri, collaborare con gli indipendenti significa poter produrre film più originali e avere maggiore controllo sui contenuti. E spesso le produzioni indipendenti, per poter raggiungere un pubblico più ampio, chiudono accordi con gli studios maggiori, che diventano co-produttori o distributori dei film.
I produttori, quindi, hanno le loro case di produzione, che possono muoversi da sole, in associazione con altre case minori, o con le major. È questo il caso dei più importanti e potenti uomini di Hollywood, a partire da quelli più famosi come i fratelli Weinstein. Bob e Harvey hanno fondato la loro casa indipendente, la Miramax, alla fine degli anni Settanta, ma nel decennio successivo avevano già all’attivo molti successi. Nel 2003 la Miramax viene venduta alla Disney e nel 2005 i due fondano la loro Weinstein Company, che ancora oggi è tra le prime dieci aziende cinematografiche americane. I titoli di successo? Impossibile per lunghezza un elenco completo, basta ricordare “Shakespeare in love”, “Pulp Fiction”, “Gangs of New York”. Tra i principali competitor dei Weinstein c’è Jerry Bruckheimer, che ha prodotto tra gli altri “Flashdance”, “Top Gun”, “Pearl Harbour”, “Black hawk down”, o i molti “Pirati dei caraibi” e, in televisione, “CSI” e “Cold Case”. Bruckheimer ha lavorato con Disney, Columbia e Paramount, ha la sua compagnia, Bruckheimer Films, ed è noto per essere “Mr. Blockbuster” per la lunga serie di successi ottenuti, oltre 40 film e incassi per 13 miliardi di dollari. Non meno celebre è Jeffrey Katzemberg, a capo degli studi Disney fino al 1994 (producendo film enormi come “La sirenetta” o “Il re leone"), e poi co-fondatore della Dreamworks, con Steven Spielberg e David Geffen, con la quale ha messo a segno successi come “Shrek” e “Kung Fu Panda”. Attivo in politica (è uno dei principali finanziatori del Partito Democratico e instancabile sostenitore di Barack Obama e Hillary Clinton), Katzemberg è particolarmente attento alle nuove tecnologie, prima come responsabile della Dreamworks New Media, e poi con la compagnia che lui ha fondato, la Wndr Co.
Ci sono anche molte donne tra “gli uomini più potenti di Hollywood” e una di queste è Megan Ellison, a capo della Annapurna, una casa di produzione piccola e vivacissima, che è orientata verso i film d’autore e verso le nuove tecnologie. Non a caso, ovviamente, perché è la figlia di Larry Ellison, capo della Oracle e multimiliardario della Silicon Valley. I registi più “cool” come Kathryn Bigelow, Paul Thomas Anderson, Richard Linklater, Wong Kar Wai amano lavorare con lei e la ripagano con successi come i già citati “Her” e “American Hustle”, ma anche “Zero Dark Thirty” e “The Master”. Ma per completare una ipotetica lista del “gotha” dei produttori vanno citati almeno Thomas Tull della Legendary Entertainment, che ha messo a segno successi come “Interstellar”, “Jurassic World”, “The great wall”, Ryan Kavanaugh della Escape Artists, con film del peso di “Forrest Gump”, “American History X” e “La ricerca della felicità”, e l’ottimo Arnon Milchan che con la sua New Regency Production ha realizzato “12 anni schiavo”, ma che ha anche firmato la produzione di “Pretty Woman” e “Fight Club”.
Dopo aver ottenuto grandi successi, i registi hollywoodiani, ma anche gli attori, si trasformano in produttori, dei propri film e di quelli degli altri. È una scelta che alcuni fanno molto presto, come ha fatto Steven Spielberg, diventato produttore solo quattro anni dopo il suo esordio come regista con “Sugarland Express” nel 1974. Certo, in quei quattro anni aveva messo a segno successi come “Lo Squalo” e “Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo”, ma anche come produttore non sembra sbagliare, realizzando “E.T. L’extraterrestre” e “Poltergeist” nei primissimi anni Ottanta. Spielberg ha fondato una delle più importanti case di produzione hollywoodiane, la Dreamworks e la Amblin Entertainment, e in tempi recentissimi ha stretto accordi produttivi con i colossi di Bollywood.
C’è invece chi alla produzione arriva a fine carriera, come Robert Redford, approdato al ruolo solo nel 2015, ma già con tre film all’attivo, tra i quali il bellissimo “Le verità sospese”. Attori del calibro di George Clooney e Tom Hanks sono ormai produttori rinomati. Il primo ha firmato tra gli altri “Monument man”, “Money Monster” e “Argo”, il secondo successi come “Castaway”, “Il mio grasso, grosso, matrimonio greco"e"Mamma Mia”. Ma sono i grandi registi come Spielberg a dettare davvero le regole nella “città degli angeli": James Cameron ha prodotto, assieme a Jon Landau, con la loro Lightstorm Entertainment i due film che hanno ottenuto i maggiori incassi dell’intera storia del cinema, “Titanic” e “Avatar”, ma ha anche realizzato film di successo altrui come “Point Break” e “Solaris”. Difficile non fare i conti con lui, insomma, e con un altro genio cinematografico e re del botteghino come George Lucas, che con la sua LucasFilm ha realizzato i più grandi successi della sua carriera, dalla saga di “Guerre Stellari” a quella di “Indiana Jones”, ad “American Graffiti” e molti altri, compresi i recentissimi spin-off Lego dei film più famosi. Ma è in arrivo una nuova generazione, rappresentata benissimo da J.J. Abrams, diventato celebre con serie televisive come “Alias” e “Lost” e con film come i nuovi “Star Trek”, “Mission Impossible” e “Guerre Stellari”.