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 2017  ottobre 24 Martedì calendario

Lombardia, 54 miliardi in gioco. Ma Maroni: non punto i piedi

Se fosse un derby il vincitore sembrerebbe Luca Zaia, 60% dei votanti, 20% in più che in Lombardia. Ma con i 3 milioni abbondanti di voti incassati, uno in più che in Veneto, il Governatore Roberto Maroni sa di avere alle spalle una forza d’urto senza pari, da trattare con grande cautela. «Sono soddisfatto, non esulto», le sue prime parole assai misurate. A cui fanno seguito 2 telefonate certo non di circostanza. La prima è al ministro dell’Interno Marco Minniti a notte fonda e urne digitali chiuse. «Gli preparerò una relazione dettagliata. Gli chiederò che il sistema di voto elettronico sia usato già alle prossime elezioni politiche». Magari il voting machine non sarà andato come doveva, ma si capisce che il futuro è quello. Senza più matite copiative e schede modello lenzuola.
La seconda telefonata assai più importante l’ha fatta al premier Paolo Gentiloni. C’è da tracciare la road map per ridefinire i poteri alla Lombardia come chiesto dal 40% degli elettori. «È stato un colloquio cordiale. Mi ha confermato il via libera al confronto su tutte le materie previste dalla Costituzione, con anche il coinvolgimento del ministero dell’Economia. Il presidente si è dimostrato interessato allo scrivere una nuova pagina del regionalismo». Anche se non ci sono aperture sulla possibilità di ridiscutere il residuo fiscale della Lombardia, si capisce che gli effetti del giorno dopo sono molto di più di quelli che ci si sarebbe dovuti aspettare da un semplice referendum consultivo.
«Sarà una partita difficile e complicata. Confidiamo di giocarla bene, senza gomitate, in modo leale. Noi vogliamo vincere». La presenza del ministero dell’Economia al tavolo delle trattative riguarda il residuo fiscale che in Lombardia vale ben 54 miliardi di euro. In Veneto molto meno, poco più di 15 miliardi. In Veneto si farà una legge regionale. Mentre in Lombardia sarà solo una risoluzione da parte del Consiglio regionale. Almeno un paio di settimane per mettere a punto tutti i nodi. «Vorrei lo stesso trattamento che ha l’Emilia Romagna che ha il 10% sul residuo fiscale. Noi abbiamo invece il 17%. Ho intenzione di incontrare anche sindaci e parti in causa».
Se vuole ottenere qualcosa dal governo, Roberto Maroni sa che non può andare da solo, anche se dietro ha la Regione locomotiva del Paese. Finiti i tempi di «Roma ladrona», «Padania libera e indipendente», «Padroni a casa nostra». Oggi anche la Lega è più di governo, nel senso che ci vuole andare, che di lotta. Scontata l’alleanza con il venetissimo Luca Zaia che gioca sotto la stessa bandiera, il Governatore della Lombardia deve muoversi giocando di sponda e di alleanze. «Dopo il secessionismo e il federalismo si apre la fase nuova del neoregionalismo. A Matteo Salvini ho già detto che questa non è una partita interna della Lega. A lui ho confermato che seguo la strada istituzionale. Le conseguenze politiche nel centrodestra se le vede lui». Matteo Salvini che pure ha avuto qualche problema con Roberto Maroni in passato, concorda e rilancia: «Vedo bene il quartetto Zaia, Maroni, Bonaccini, Emiliano. L’opzione del referendum la offriamo a tutto il Paese».
Il Governatore lombardo ha pensato subito ad un pacchetto di mischia con cui sfondare a Roma. A parte Luca Zaia alleato naturale, Roberto Maroni allarga l’orizzonte. Al tavolo vuole Giorgio Gori sindaco del Pd di Bergamo che già accetta: «La trasversalità deve essere una risorsa». E il Governatore emiliano Stefano Bonaccini anch’egli del Pd: «Gli ho chiesto la disponibilità e lui me l’ha confermata per fare un lavoro comune». La partita è troppo grande per giocarsela da soli. Roberto Maroni deve contare su tutti. Anche su Silvio Berlusconi, che però ringrazia solo a metà pomeriggio quando la sua strategia è già compiuta: «A lui un grazie speciale per il suo sostegno all’autonomia».