Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 23 Lunedì calendario

«Ho scritto 5mila lettere ai giornali per punzecchiare le grandi firme»

Fabio Sicari, Gianni Mereghetti, Carlo Radollovich, Romolo Ricapito. Sono nomi che non dicono nulla a nessuno, eccezion fatta per familiari e conoscenti, ma in realtà chissà quante volte li avranno incrociati, senza mai registrarli nella memoria, coloro che in Italia leggono i quotidiani. Le persone sopra citate sono infatti, da anni, infaticabili inviatori di missive alle rubriche postali dei giornali, sulle cui pagine (Libero compreso) la loro firma compare con inusitata frequenza. I temi trattati da questi assidui corrispondenti sono i più disparati e dipendono molto da ciò che l’attualità impone all’attenzione generale, tuttavia una lettura attenta delle loro epistole consente di individuare, per ciascuno di essi, degli argomenti ricorrenti che ne illuminano le rispettive personalità. La maggiore curiosità sul loro conto, ovviamente, è rappresentata dal seguente interrogativo: «Perché lo fanno?». Cosa spinge queste persone a sedersi così spesso davanti allo schermo di un computer per elaborare considerazioni e pareri che saranno poi inviati alla redazione di un giornale? 
Fabio Sicari (l’accento va sulla i), 56 anni, è un piombinese trapiantato da più di vent’anni a Bergamo per motivi professionali. Il suo nome abbiamo iniziato a notarlo almeno a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, in particolare all’interno della Stanza che Indro Montanelli curava sul Corriere della Sera. E Sicari ci conferma che il suo esordio come vergatore di missive risale in effetti al 1996, quando a tenerlo a battesimo fu proprio Montanelli.
«Da allora», racconta Sicari, «ho pubblicato oltre 5000 lettere, e mi riferisco unicamente a quelle apparse su carta, tenendo fuori i messaggi inviati su Internet a forum, blog eccetera». Da ormai diverso tempo quest’attività è divenuta un esercizio quasi esclusivamente dilettevole, ma all’inizio l’invio delle lettere celava una motivazione precisa e concreta. «Ho cominciato a scrivere ai giornali essenzialmente perché animato da curiosità linguistiche. Mi interessava penetrare a fondo lo stile dei
maggiori giornalisti italiani». Ma per far questo non era sufficiente leggere i loro articoli? «Non è proprio la stessa cosa», osserva Sicari, «a me premeva che quel determinato stile si applicasse a uno specifico tema che mi stava a cuore e che altrimenti quel certo giornalista non avrebbe forse mai trattato. Dalle risposte fornitemi dai vari Biagi, Scalfari, Feltri ho anche tratto un breve saggio dal titolo Sulle tracce dello stile linguistico». 
Gianni Mereghetti, insegnante di Storia e Filosofia presso il liceo scientifico di Abbiategrasso, in provincia di Milano, ha dieci anni più di Sicari e ha cominciato a mandar lettere ai quotidiani già dalla metà degli anni Ottanta, quando l’uso dei personal computer era ancora di là da venire e per i grafomani esistevano solo due strumenti: la penna e la macchina da scrivere. Anche Mereghetti ha sempre differenziato molto i destinatari delle sue missive: Corriere della Sera, Repubblica, Libero, Il Giornale. E Avvenire, perché Mereghetti è un cattolico fervente e difatti le lettere alle quali si dimostra più legato sono quelle riguardanti la fede che inviò a Montanelli negli anni Novanta. «Montanelli me ne pubblicò diverse, dandomi sempre un riscontro. Ma non solo. È perfino capitato che mi rispondesse in privato: a lui, che credente non era, l’argomento del credere era molto caro. La consuetudine ad affrontare una questione attraverso la scrittura l’ho maturata da ragazzo, negli anni Settanta, quando si producevano di continuo comunicati e tazebao». 
Sia Sicari che Mereghetti, come già detto, sono soliti spedire le loro lettere a un gran numero di testate, ma quanti giornali acquistano quotidianamente? «Io ne prendo un paio al giorno, di più non me ne posso permettere. Ma non sono sempre gli stessi, li faccio ruotare. E quelli che non acquisto li leggo in biblioteca», riferisce Sicari. Mereghetti si limita invece a dire che il giornale di carta è per lui un rito irrinunciabile. Entrambi, insomma, hanno mantenuto un forte legame con il supporto di cellulosa (vale anche per i libri, non solo per i periodici) pur servendosi con profitto del web e delle sue opportunità: basti dire che Mereghetti non possiede un archivio di ritagli e che le sue lettere, all’occorrenza, le recupera e consulta sotto forma di e-mail. 
Quanto agli argomenti prediletti, se per Mereghetti si tratta decisamente della scuola e delle sue problematiche, sovente abbiamo visto Sicari occuparsi, nelle sue missive, di teatro. La cosa è tutt’altro che casuale, giacché Sicari è autore di un cospicuo numero di testi teatrali, diversi dei quali si sono aggiudicati premi prestigiosi. Uno, in particolare, In nome di Omàr Abùl, ha vinto nel 2008 il Premio Flaiano, ma nonostante ciò non è ancora stato messo in scena. «Quell’anno», mastica amaro Sicari, «diversamente dalle edizioni precedenti e da quelle che sarebbero seguite, il premio era in ristrettezze economiche e così la rappresentazione dell’opera vincitrice non ha avuto luogo».
Sicari ha da fare poi un’ultima considerazione. «Con più di 5000 lettere pubblicate non mi posso certo lamentare, diciamo che almeno due su tre di quelle che spedisco vengono prese in considerazione. Però una cosa un po’ spiacevole che talora mi è capitata è vedere le mie parole tagliate, oppure rimaneggiate. È una cosa rara ma è accaduta». Non possiamo fare a meno di chiedergli se ci sono testate che più di altre hanno mostrato di ricorrere a tale pratica. «Vi sono maggiormente portati i quotidiani orientati a sinistra, lì si esita meno a rimaneggiare. Con Libero, e non lo dico perché sto parlando con lei, sicuramente non mi è mai successo». Meglio così.