Il Messaggero, 24 ottobre 2017
La metamorfosi del moderato Luca Zaia da leader local a uomo forte del Nord
Non è andato, da trionfatore, a farsi festeggiare da John, il bar e affittacamere covo indipendentista a due passi da casa sua, a San Vendemmiano (Treviso), dove Luca Zaia vive, perché il governatore non ha tempo da perdere. E con la rapidità del contadino trevigiano amante dei cavalli è subito montato in groppa, senza neanche godersi troppo la prima vittoria, a una nuova sfida piuttosto complicata a Costituzione vigente: «Faremo del Veneto una regione a statuto speciale, come il Trentino e il Friuli». Ma come, non aveva detto che gli bastava l’autonomia? Non era, Zaia, il moderato capace di frenare le spinte catalaniste in salsa veneta, di rassicurare i moderati, di rispettare e condividere quel dna profondamente democristiano che è tipico della sua terra e della sua indole? L’ebrezza della vittoria pare aver trasformato questo presidente abile finora a smorzare ogni nostalgia da Serenissima e da leone di San Marco.
Ora dice che «la vittoria del referendum vale come la caduta del Muro di Berlino» (lui che non è mai stato magniloquente) e che rappresenta un Big Bang (come quello all’origine della creazione del mondo che pure non avvenne a Treviso?) e che «non andrò a dichiarare guerra a Roma» ma «sarò un martello» per i poveri diplomatici capitolini – il mite e a sua volta veneto Gian Claudio Bressa sarà il suo interlocutore in qualità di sottosegretario agli Affari regionali – con cui da subito dovrà trattare. Per poi arrivare, se ci riuscirà, allo strappo vero: «Noi ci teniamo le nostre tasse».
La fulminea metamorfosi da moderato a intransigente magari è soltanto tattica. Fa parte del gioco del day after, e dell’alzare la posta come al tavolo di gioco, ma forse è invece il nuovo format del Doge diventato Re della Lega e entrato con la forza dei consensi nell’empireo del potere. Con lui dovranno trattare Salvini, Maroni, Berlusconi, Gentiloni. Ma a Luca piacciono le imprese impossibili. Una volta ha sfidato i partenopei così: «La pizza napoletana noi veneti la facciamo meglio». Alcune settimane fa ha twittato spiritosamente: «Dopo la Catalogna, il radicchio». Ecco, uno Zaia così – il vero Zaia – andrebbe benissimo. Local ma global-compatibile. E se davvero studia da candidato premier del centrodestra – ruolo che Berlusconi, di cui è stato ministro dell’agricoltura, ha offerto un po’ a tutti – si vedrà.
Il tipo è simpatico e molto pop. In tutte le classifiche risulta il presidente di regione con il maggior gradimento. È sposato con Raffaella, trevigiana come lui, bella donna dai capelli rossi sciolti alla lady Godiva, che nella sua unica intervista ha così descritto il marito: «Non parla male delle persone e concede sempre una seconda chance». Per poi aggiungere: «È soltanto un po’ brontolone». L’importante è che si faccia capire. Visto che lui, da venetista doc, preferisce il dialetto. Fino al punto ammettere: «Parlare l’italiano non mi è naturale». Ma adesso, come non mai, dovrà sforzarsi di parlarlo.