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 2017  ottobre 24 Martedì calendario

Billie Jean e Bobby, vi svelo la verità nascosta dal film

Appassionato di tennis e di cinema quale sono, non poteva certo mancare La Battaglia dei Sessi. In realtà immaginavo il copione del film avendone letto le recensioni. Si trattava della storia del match tra Billie Jean King, vincitrice del suo quinto Wimbledon, e Bobby Riggs, campione di Wimbledon 1939. Mentre si svolgeva il match, il 13 maggio 1973, io mi trovavo nella mia casa di Dallas, ma il mio giornale di allora, Il Giorno che stavo per abbandonare, non aveva pensato di lasciarmi volare fino ad Houston dove, alla presenza di 30472 spettatori, stavano per scendere in campo i due tennisti. Avevo seguito peraltro il match alla tele, deluso per l’assenza, quale commentatore, di Jack Kramer, il Federer dell’immediato dopoguerra, che si era schierato in quello che era diventato il simbolo di una vicenda socialmente guerresca tra il “Porco Maschilista“e “la Regina del Femminismo“. Un match che Kramer, l’uomo che tenne a battesimo il professionismo maschile, aveva avversato, così come aveva avversato il professionismo delle donne, il gruppo passato professionista grazie al coraggio della mia amica Gladys Heldman, che aveva offerto un simbolico dollaro a testa alle migliori, creando la WTA (Women’s Tennis Association), giungendo a farla riconoscere grazie alla legge antitrust, a iniziare un campionato a squadre per città, e insomma a guadagnare all’inizio l’80% dei premi dei maschi, e alfine raggiungerne la parità.
Il copione del film racconta la storia dipingendola, pur nella sua drammaticità, in rosa. Riggs, che è stato limitato dal conflitto mondiale nel suo bottino di titoli, tre Slam, è divenuto, nel dopoguerra, uno scommettitore professionista, e ha avuto l’idea di sfidare il numero uno femminile, l’australiana Margareth Court Smith, tutt’altro che femminista. Il match, che si è svolto il 13 maggio del ‘73, è stato vinto facilmente dallo scommettitore (6-2, 6-1) che ha cambiato direzione, e si è rivolto alla nuova numero uno, riuscendo a convincere lei, Billie Jean King, e suo marito Larry, a partecipare alla costruzione teatrale dell’avvenimento. A questo punto il copione introduce la storia di un amore tra King e il personaggio di una parrucchiera, mentre un supercomprensivo Larry ne diventa il tollerante spettatore. Nella realtà Billie Jean ha avuto un amore per la sua ex segretaria, Marilyn Barnett, che la trascinerà in tribunale, accusandola di non aver mantenuto la promessa di donarle una casa, e mostrandone, come prova, un carteggio. Nel film, quello dell’amore di King e della parrucchiera Andrea Riseborough diviene una vicenda sentimentalmente commovente, ed è qui che il copione si allontana dalla realtà. Realtà che, secondo lo Scriba, è ancora più diversa dal film. Infatti, come dissi un giorno a Gladys Heldman, traverso la siepe che divideva i nostri due giardini londinesi, non potevo credere al risultato della Regina del Femminismo che batteva il Porco Maschilista 6-4, 6-3, 6-3. Riggs aveva sì 55 anni, ma era in ottima forma. Come aveva dimostrato nel match vittorioso contro Margaret Court. A quanto avevo creduto di capire, pur amichevolmente minacciato da Heldman, quel fenomeno delle scommesse di un Riggs, capace di giocarle con una cane al guinzaglio, e di cadere su una seggiola tra un colpo e l’altro, aveva puntato, attraverso vari prestanomi, sulla sua avversaria. Così come aveva fatto, mi disse Gottfried Von Cramm, nella finale del Queen’s Club 1939, vinta dal Barone. Tutto ciò non avrebbe consentito una storia secondo copione, e quindi, come dar torto a Jonathan Davis e Valerie Faris, se dalla autentica realtà hanno tratto un bel film immaginario?
La mia amica organizzatrice Gladys Heldman non c’è più. Bobby Riggs nemmeno. Jack Kramer anche. Rimane Billie Jean King, Regina delle Femministe, seppure un poco oscurata da Martina Navratilova e dal suo matrimonio televisto. A quando un film semimmaginario anche su di lei?