Libero, 21 ottobre 2017
Il record di Roma nei trasporti. Un lavoratore su 5 è indagato
Nel 2016 circa un dipendente su 5 dell’Atac, l’azienda dei trasporti del comune di Roma guidato da Virginia Raggi, è risultato sotto inchiesta disciplinare per gravi manchevolezze durante l’esercizio della propria funzione. Lo svela il bilancio della società depositato da qualche giorno dopo che è stata avviata la procedura di richiesta di concordato preventivo dell’azienda che è restata la sola ipotesi di continuità aziendale possibile. Il desolante quadro è espresso a pagina 25 della relazione sulla gestione: “Nell’ambito delle attività gestionali”, scrive il nuovo presidente e amministratore delegato dell’azienda, Paolo Simoni, “nel 2016 sono stati inoltre gestiti n. 2014 procedimenti disciplinari aventi ad oggetto comportamenti illeciti impattanti nella gran parte sulla regolarità dell’esercizio”. Vengono citati anche i comportamenti impropri dei dipendenti contestati: “assenze ingiustificate, ritardi in linea, inosservanza dell’orario di turno lavorativo, incidenti, interruzione del servizio per guasti successivamente non riscontrati”. Non sembrano bagatelle, e letti così spiegano ampiamente il pessimo servizio di trasporto pubblico che ogni anno viene offerto ai romani. Più di 2 mila contestazioni disciplinari in un’azienda è veramente cifra record, se si considera che nel 2016 la forza media dichiarata da Atac è stata di 11.729 unità, in gran parte (10.101) composte di operai e autisti, per un costo annuo complessivo di 538,8 milioni di euro. Sarebbe un record in Italia, perché non esistono situazioni paragonabili, tanto meno in altre aziende di trasporto pubblico locale. Ma record non è, perché quello appartiene sempre ad Atac nel 2015, quando le contestazioni disciplinari ai dipendenti per gli stessi motivi furono oltre 2.500, praticamente una ogni quattro dipendenti in servizio.
Se si trattasse sempre degli stessi soggetti, diventa difficile capire come possano trovarsi ancora regolarmente in servizio. Se invece quelle due cifre dovessero essere cumulate, significherebbe che quasi la metà dei dipendenti non effettua come dovrebbe il proprio servizio. I dati sono relativi solo a questo biennio, perché nei cinque anni precedenti per evitare guai i sindacati e chi li appoggiava nel mondo politico avevano fatto ostruzionismo impedendo la nomina del consiglio interno di disciplina che avrebbe dovuto emanare i provvedimenti di contestazione per il cattivo comportamento dei dipendenti.
Da quando è entrato in carica sono stati decisi circa 40 licenziamenti per contestazioni gravissime, e uno di questi ha riguardato anche un alto dirigente. Gli altri se la sono cavata con richiami formali, in molte casi con una semplice multa e in altri più numerosi con la sospensione temporanea dal servizio e dalla paga.
Pure nel 2016 però è venuta a mancare la nomina del consiglio di disciplina che dovrebbe erogare quelle sanzioni e renderle effettive, così ci si è dovuti rivolgere ai collegi di conciliazione e arbitrato presso la direzione territoriale del lavoro, che tende quasi sempre ad annullare le sanzioni e quindi a perdonare le marachelle del dipendente.