la Repubblica, 23 ottobre 2017
La nuova frontiera degli indiani mohawk. Il business dei brevetti
Corvo Microsoft non avrai il mio brevetto. Una tribù di nativi, quei Mohawk della riserva di St Regis – 13 mila membri appena – che vivono al confine fra Stati Uniti e Canada fa rullare i tamburi contro due colossi informatici, Microsoft e Amazon. E li trascina davanti a un tribunale in Virginia. L’accusa è quella di aver infranto il copyright delle quaranta licenze di elaborazione dati che la tribù ha ricevuto, lo scorso agosto, dall’azienda tecnologica SrcLabs, specializzata in microprocessori.
E pazienza se questa volta sono i nativi a parlare con lingua biforcuta. Sì, perché la proprietà dei brevetti è solo uno stratagemma: i Mohawk pagati da SrcLabs per fare da prestanome. E quella che sulla carta è una causa per vedersi riconosciuti onerosi diritti è in realtà un espediente legale che mira a spingere i due colossi a chiedere, come in altre controversie simili, l’annullamento delle licenze. Una decisione non applicabile sul territorio indiano, visto che i St Regis Mohawk, parte della Confederazione irochese, sono di fatto una nazione sovrana che, pur all’interno degli Stati Uniti, gode di immunità giuridica e amministrativa. Uno status che permetterà a SrcLabs di mantenere le sue licenze: “affittate” dietro lauto (e non rivelato) compenso dagli indiani prestanome. Senza rischiare revisioni.
Altro che perline. La nuova forma di baratto, pardon, di business – che sta prendendo il posto dei Casinò e del gioco d’azzardo finora principale economia delle riserve, ha già fatto scandalo il mese scorso, quando la stessa tribù ha preso in gestione la licenza di un collirio: il Restatis di Allergan, un prodotto che da solo frutta alla causa farmaceutica – proprietaria anche del Botox, il siero per appianare le rughe – ben 336 milioni di dollari annui. Pur di non sottoporre la licenza del Restatis a revisione Allergan ha preferito pagare ben 13,75 milioni di dollari ai Mohawk: cui vanno sommati 15 milioni annui fino alla scadenza del brevetto nel 2024. Ok, solo la settimana scorsa un giudice ha detto che l’accordo non è valido. Ma gli indiani sono ricorsi in appello e la licenza potrà continuare ad essere sfruttata. E intanto anche i cugini Arikara del Nord Dakota sono diventati depositari di un brevetto, taiwanese questa volta, che li ha portati a fare causa a Apple, sempre per infrazione del copyright. Mentre sempre più tribù sembrano essere interessate alla nuova forma di commercio, il Senato americano sta cercando di varare una legge che limiti la sovranità dei nativi in materia di brevetti. «Il denaro non si mangia» diceva Toro Seduto. Ma coi brevetti le riserve ritrovano prosperità.