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 2017  ottobre 22 Domenica calendario

Catalogna, una settimana decisiva. Cosa accadrà?

La corda si è spezzata e la Spagna è entrata ieri nel «territorio ignoto» del commissariamento di una comunità autonoma ribelle. Non era mai accaduto prima, nella storia della giovane democrazia spagnola, anche se 28 anni fa il governo minacciò le Canarie con l’articolo 155 della Costituzione per inadempienze fiscali, che furono sanate in tempo, con sollievo di tutti. Inizia dunque una settimana inedita e piena di incognite sia a Madrid sia a Barcellona, lanciate in direzioni opposte: il ripristino della legalità costituzionale per il governo centrale, la dichiarazione unilaterale d’indipendenza per la Generalitat della Catalogna.
Prossimo passo per Madrid: l’approvazione del Senato
È certa, perché il Partido Popular, il partito conservatore del premier Mariano Rajoy, ha la maggioranza dei seggi nella Camera Alta. Ma non è immediata. Una commissione formata ad hoc con 27 senatori deve studiare le misure previste dal Consiglio dei ministri e le loro motivazioni, ovvero che non è stato possibile ricondurre con le buone la Catalogna all’obbedienza e all’ordine previsto dalla Costituzione e dalle sentenze del Tribunale supremo. Poi darà un termine (pochi giorni) al presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, per inviare le proprie argomentazioni, oppure per presentarsi in Senato, personalmente o tramite un suo delegato, e spiegare a voce le sue ragioni. Venerdì prossimo, salvo imprevisti, il Senato voterà l’applicazione dell’articolo 155.
Sicurezza, economia, informazione: i poteri chiave
Il problema principale per il governo era decidere su quali settori dell’autonomia catalana intervenire. Alla fine ha optato per una linea dura: il presidente catalano Puigdemont e tutto il suo governo saranno destituiti e rimpiazzati da una squadra di tecnici in nome di una «neutralità istituzionale». Cambieranno anche i vertici della polizia catalana, i Mossos d’Esquadra, e della tivù catalana Tv3. Non meno importante, l’intera gestione delle risorse finanziarie catalane passerà sotto il controllo di Madrid. Già nei giorni scorsi, Hacienda, l’agenzia delle entrate, aveva aperto un conto corrente dove convogliare i fondi destinati alla Catalogna (circa un miliardo e 400 milioni di euro al mese), ma ora amministrerà anche i finanziamenti locali, ossia i tributi raccolti direttamente dalla Generalitat. Nelle scorse settimane il vicepresidente catalano Oriol Junqueras si era rifiutato di inviare un rendiconto che gli era stato chiesto dal ministero delle Finanze per verificare l’uso di denaro pubblico per l’organizzazione del referendum del primo ottobre.
Le contromosse a Barcellona
La Ciudad Condal, la città dei conti, non resta impassibile. Domani si riunisce la giunta dei portavoce nel Parlament per fissare la prossima riunione plenaria. L’ordine del giorno potrebbe essere generico: «valutazione della situazione politica» (come quello del 10 ottobre che servì invece per proclamare i risultati del referendum, la vittoria dei Sì alla creazione di una repubblica indipendente di Catalogna e la proposta di Puigdemont di sospendere la relativa dichiarazione d’indipendenza per aprire un dialogo con Madrid). Considerato il dialogo impossibile, Puigdemont metterà ai voti la dichiarazione e anche in questo caso l’esito è scontato, perché gli indipendentisti hanno la maggioranza dei voti.
Elezioni per tutti in ogni caso
Sia la tabella di marcia di Madrid sia quella di Barcellona prevedono al termine del loro svolgimento le elezioni. Ma con scopi diversi. Madrid vuole riportare i catalani alle urne per eleggere un nuovo Parlament, mentre Barcellona ha disposto nella sua legge di transizione (votata e approvata il 6 settembre) elezioni «costituenti» che pongano le basi della nuova repubblica indipendente. Si aprono due scenari, con conseguenze similari: alle elezioni anticipate convocate da Madrid non parteciperebbero i partiti indipendentisti, mentre a quelle costituenti non si presenterebbero i partiti unionisti. In entrambi i casi la partecipazione al voto rischierebbe di essere molto bassa e il risultato poco rappresentativo.
L’ultima possibilità per Puigdemont
Convocare elezioni anticipate spontaneamente, prima che il Senato formalizzi venerdì, con il voto, l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione e il commissariamento della comunità autonoma. In tal caso la macchina avviata dal Consiglio dei ministri di ieri si fermerebbe. Ma è un’eventualità su cui nessuno scommetterebbe un centesimo. La stessa presidente del Parlament, Carmen Forcadell, ha assicurato che non ci saranno passi indietro.
Il ricorso alla forza
È la grande incognita. Non essendoci precedenti, non si sa bene come avverrà materialmente la presa di potere nelle istituzioni catalane da parte degli organi centrali. Se i Mossos d’Esquadra resteranno compatti e fedeli alla Generalitat o al governo centrale. Da oltre un mese rinforzi della Policia Nacional e della Guardia Civil sono distribuiti su navi da crociera, nel porto di Barcellona, in caserme dell’Esercito e negli hotel, in attesa di un ordine.