il Fatto Quotidiano, 22 ottobre 2017
Il giallo degli stipendi degli ambasciatori: più li tagli, più salgono
E anche quest’anno ci sono riusciti: erano, e sono rimasti, la super-casta più super-casta d’Italia. La meglio pagata, la più intoccabile e anche la più bugiarda (e truffaldina) sui propri stipendi: stiamo parlando degli ambasciatori. “Probabilmente i meglio pagati al mondo”, sostiene (e da anni) l’economista Roberto Perotti. Stipendi d’oro (l’ambasciatore italiano a Berlino porta a casa ogni mese molto più della Merkel, 109 mila euro l’anno più Ise, l’indennità per il servizio all’estero). Pensioni mediamente sui 9 mila euro al mese. Benefit su casa, coniuge e figli (scuole comprese). Mance abbondanti per la rappresentanza, i traslochi, la prima sistemazione…
Il 40% fa politica estera da Roma
Parliamo di un esercito di 917 diplomatici, di cui 25 ambasciatori, 194 ministri plenipotenziari, 375 consiglieri d’ambasciata, 204 consiglieri di legazione, 258 segretari di legazione. Di questo grande esercito, secondo l’annuario statistico 2016 del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, oggi guidato da Angelino Alfano, quasi la metà sta a fare la muffa a Roma: 423 diplomatici sono parcheggiati alla Farnesina (non si sa a fare cosa) e solo 494 stanno all’estero. Nel 2010, in audizione al Senato, qualche sindacalista denunciava addirittura “l’esistenza di centinaia di dirigenti della carriera diplomatica che non dirigono né coordinano nulla”.
Per questo gravoso impegno, secondo il Sindmae, il sindacato degli ambasciatori (esiste davvero), i diplomatici italiani hanno uno stipendio mensile medio “inferiore alla media europea”: arriva a soli “5-6 mila euro per i gradi superiori” e si dimezza quando vanno all’estero e passano a percepire il cosiddetto “stipendio metropolitano”.
Diciamo che a spanne prendono sui 180-200 mila euro netti l’anno, con un tetto di 240 mila per i vertici del ministero. Peraltro per confermare il dato sugli stipendi, non proprio leggerissimi, percepiti da chi lavora alla Farnesina, basta farsi un giro nella sezione “trasparenza” sul sito del ministero.
La retribuzione dimezzata
e la benedetta Ise
E all’estero? Davvero gli si dimezza lo stipendio? Sì, ma anche no. Oltre al cosiddetto stipendio metropolitano di 108.889 euro (pagato in Italia e tassato al 43 per cento), a soccorrere i poveretti e impedirgli di finire alla locale Caritas c’è la benedetta Ise, l’Indennità di servizio all’estero, che gonfia esentasse la busta paga e la futura pensione (sull’Ise si pagano infatti i contributi Inps) e resiste da anni ad ogni tentativo di riportarla a un minimo di decenza. Anche l’ultima “riduzione”, in occasione della cosiddetta riforma del 1° luglio 2015, è stata affidata direttamente alla Farnesina, e dunque ai diretti interessati. Il risultato? Una riforma-truffa. Tutta da raccontare.
Un po’ di conti in tasca
ai “Mr. Estero”
Prima di partire con le novità conviene dare un’occhiata alle buste paga. Lo stipendio formalmente definito tale è solo una parte, e anche minima, dell’importo finale: la famosa Ise è la componente principale dei guadagni delle feluche, e varia dai 15 mila euro di Buenos Aires ai quasi 22 mila di Tokyo. Trattasi di importo netto, ricordiamolo. E mensile.
Il Sindmae giustifica i sostanziosi importi dell’indennità di servizio all’estero sostenendo che “i diplomatici vengono delegati dallo Stato a pagare le spese del servizio all’estero, come la casa, l’auto, gli spostamenti, le rette dei figli, la sicurezza personale e della loro abitazione”. In realtà la maggior parte delle spese (arredamento, bollette, personale di servizio, automobile, autista…) viene pagata direttamente dalla Farnesina.
E a coprire il resto basta abbondantemente “l’assegno di rappresentanza” (c’è anche questo), che concettualmente dovrebbe essere un rimborso spese, ma viene erogato a prescindere dalle pezze giustificative (praticamente mai richieste e presentate). Altri soldi, quindi, che i diplomatici si mettono tranquillamente in tasca senza doverne rendere conto a nessuno. Giusto per dare un’idea: a Parigi le spese di rappresentanza superano i 10 mila euro al mese.
La presa in giro del riordino del 2015
Uno scandalo denunciato da anni, e reso più scandaloso dai tagli alla rete dei servizi consolari a cui si appoggiano i nostri connazionali emigrati: sedi chiuse, personale falcidiato, italiani nel mondo in rivolta. Nel 2015 è stata finalmente fatta la famosa riforma dell’Ise. E nel 2016 – miracolo! – le spese per il personale e le dotazioni delle sedi estere sono diminuite (669 milioni nel 2014 e 665 nel 2016, lo 0,6%, anche grazie però alle annunciate chiusure di varie sedi). Un calo col trucco. Intanto oggi si risparmia soprattutto sull’Ise degli impiegati (le cosiddette “aree funzionali”), visto che, per risparmiare, la Farnesina manda all’estero meno personale non diplomatico. In secondo luogo, è vero che è calata la vecchia Ise, ma in compenso sono aumentate le voci “altro” in bilancio.
L’Indennità per il servizio all’estero, l’Ise appunto, è stata infatti spacchettata aumentando diverse voci dello stipendio, in modo da compensare la riduzione: è stata introdotta una esorbitante maggiorazione per l’abitazione, una maggiorazione per il trasferimento, un “ritocco” ai coefficienti di sede e alle indennità di disagio e, dulcis in fundo, una fantomatica “indennità di prima sistemazione” (come si può vedere nell’infografica che pubblichiamo qui in alto).
Facciamo un esempio: prima dello “spacchettamento”, un semplice consigliere d’ambasciata a Londra intascava un’Ise di circa 12 mila euro onnicomprensiva. Ora ne percepisce quasi 8 mila di Ise, più il contributo per l’abitazione (che va dai 5 ai 7 mila), più varie prebende. Al mese. E per sistemarsi all’arrivo intasca subito 15 mila euro netti, l’equivalente di un anno di lavoro per un operaio metalmeccanico.
Lo stesso meccanismo, ovviamente, con qualche piccola modifica nelle cifre, funziona per tutto il personale diplomatico trasferito all’estero. E altrettanto ovviamente, nel caso di ambasciatori e consoli generali, la cifra sale: per gli ambasciatori si arriva tranquillamente a un 40% in più.
E così gli stipendi e le prebende della super-casta sono rimasti al sicuro anche nel 2017, nonostante i servizi per i nostri connazionali all’estero e persino il numero di sedi fisiche della nostra diplomazia siano diminuiti.
Il paragone fasullo coi colleghi europei
Per giustificare i loro stipendi d’oro, gli ambasciatori italiani da sempre sostengono (e lo affermava pure l’allora ministro degli Esteri Federica Mogherini in una sua audizione in Senato del 3 aprile 2014) che “a fronte dello 0,2 per cento del bilancio dello Stato stanziato dall’Italia per la politica estera, la Francia dedica l’1,8 per cento e la Germania l’1,1 per cento”. Meno di un quinto. Tradotto: un diplomatico italiano, secondo il Sindmae, il sindacato delle feluche italiano, “svolge il lavoro di 5 diplomatici dei paesi europei con cui ci compariamo”.
Come invece ha dimostrato l’economista Roberto Perotti in svariati articoli e nel suo ultimo libro, Status Quo (pagina 62), i dati citati a proposito di Germania e Francia sono ampiamente sbagliati: il dato vero è dello 0,23 per cento del Pil per la Francia e dello 0,28 per cento della Germania, molto vicino al dato italiano.