Il Messaggero, 20 ottobre 2017
Svolta Senato, vietato cambiare gruppo e l’astensione non varrà più voto contrario
ROMA Cambia il Regolamento del Senato. La bozza, frutto del lavoro del comitato ristretto della Giunta di Palazzo Madama contiene diverse novità. Si privilegia il lavoro delle commissioni, l’iter dei provvedimenti diventa più rapido, l’astensione non varrà più come voto contrario e c’è anche una norma taglia-gruppi che sbarra la strada a formazioni politiche ex novo, o che comunque non erano presenti sulla scheda elettorale al momento delle elezioni.
GRUPPI
Regola questa che riflette già il sistema delle coalizioni disegnato dal Rosatellum. Ogni gruppo dovrà essere composto da 10 senatori (5 per le minoranze linguistiche) e dovrà rappresentare un partito o movimento (anche risultante dall’aggregazione di più forze politiche) che si è presentato alle elezioni con proprio contrassegno e candidati e che è riuscito ad eleggere dei senatori. Il gruppo potrà essere anche l’espressione della coalizione che ha partecipato alle politiche o del singolo partito che ne ha fatto parte. È possibile inoltre fondere insieme due o più gruppi già esistenti.
Nel caso invece in cui si voglia abbandonare il gruppo di origine, l’unica alternativa sarà approdare al Misto. Per chi cambia casacca inoltre c’è una sanzione non da poco: decadenza automatica dall’incarico di vicepresidente o segretario d’Aula. E lo stesso vale se si è nell’Ufficio di Presidenza. Inoltre, il gruppo che non sia presente nella legislatura successiva dovrà restituire i soldi non spesi al Senato. Il voto di astensione, come detto, verrà conteggiato come alla Camera e non sarà più un voto contrario. Saranno considerati presenti dunque solo i senatori che esprimono voto favorevole o contrario. L’ astensione varrà però ai fini della verifica del numero legale. La conta interna sarà abolita e quindi non si potrà più chiedere nel caso in cui occorra la votazione per alzata di mano del processo verbale. Questo per arginare una diffusa pratica ostruzionistica.
COMMISSIONI
I ddl si assegneranno di regola in sede deliberante o redigente, salvo eccezioni come ad esempio testi costituzionali, decreti e riforme elettorali. In più l’ok alla dichiarazione d’urgenza comporta l’iscrizione di diritto nel programma dei lavori.
Le leggi di iniziativa popolare avranno una corsia preferenziale: l’esame in commissione si deve concludere entro tre mesi dall’assegnazione al termine dei quali il testo è iscritto d’ufficio nel calendario dei lavori d’Aula.
Tra altre novità c’è l’intenzione di garantire maggiore rappresentatività. Nell’articolo riguardante la Giunta per il Regolamento, la composizione rimane di dieci senatori ma nella bozza è stato aggiunto «in modo che sia rispecchiata, per quanto possibile, la proporzione esistente in Assemblea tra tutti i Gruppi parlamentari». Altre modifiche sono di tipo lessicale, per esempio nella 11° commissione, prima era denominata genericamente Commissione Lavoro, nella proposta di modifica si biforca e diventa Lavoro pubblico e privato. Il ruolo del Cnel viene molto ridimensionato, se non annullato: l’articolo 49, quello sulle Richieste al CNEL di pareri infatti è interamente soppresso. Di ogni seduta pubblica verrà redatto e pubblicato il resoconto stenografico e non più anche quello sommario.
Infine maxi sforbiciata alla durata degli interventi : nella discussione generale non si può parlare oltre i dieci minuti (erano venti). Si può ampliare il termine fino a trenta minuti (erano sessanta) così come per le repliche dei relatori e del rappresentante del Governo. Soppressa anche la possibilità di presentare emendamenti un’ora prima del giorno stesso della discussione.