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 2017  ottobre 20 Venerdì calendario

Chiacchiere e narcisismo, i disturbi delle telecronache sportive

Parliamo ancora di telecronache. Non è una mia ostinazione o un puntiglio frustrato. È semplicemente un problema squisitamente televisivo. Ho seguito su Mediaset Premium Juventus-Sporting. Per fortuna il racconto di Massimo Callegari e Massimo Paganin era sobrio e ben temperato, non da tifosi. Parlo quindi in generale, senza più far nomi, altrimenti c’è sempre qualcuno che rivendica un conto in sospeso.
Le telecronache delle partite di calcio soffrono di tre gravi disturbi: 1) La sindrome Ameri, in ricordo di Enrico Ameri. Chiariamo una volta per tutte: non sono telecronache sono ancora radiocronache. Per quale motivo, se Chiellini passa la palla a Barzagli, una voce deve ripetermi che Chiellini ha passato la palla a Barzagli? Siamo in tv, ci sono le immagini, usciamo dalla tautologia!
2) La sindrome Risi, in onore di Dino Risi che un giorno disse di Nanni Moretti: «Scansati e fammi vedere il film». Precisiamo bene un punto: il soggetto principale di una telecronaca è la partita, non la telecronaca stessa. E invece ci sono molti telecronisti che non si scansano, vogliono restare in primo piano: gigioneggiano, impongono il loro narcisismo, parlano in continuazione per 120 minuti, più supplementari. Il loro ego smisurato deborda e copre i giocatori in campo.
3) La sindrome Conte, in onore di Paolo Conte. In una sua canzone, se non ricordo male «Blue Haway», il poeta dice: «Il mio viso si intontiva davanti al tuo parlare difficile». È un disturbo che sta colpendo molti commentatori, le cosiddette seconde voci. Una volta li ho accusati di esprimersi in «covercianese», un linguaggio settoriale per addetti ai lavori. Adesso siamo oltre: uso improprio delle parole, commenti incomprensibili, tecnicismi insopportabili. Esiste una scienza del calcio?
Se sì, produciamo dei testi, spezziamo il pane del sapere alle moltitudini. Altrimenti, il gergo interno ci porterà solo all’intontimento globale.