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 2017  ottobre 19 Giovedì calendario

I ricordi di Arese quando l’Italia vinceva correndo

Milano Quando l’atletica italiana correva. Quando Franco Arese, mezzofondista, nato a Centallo, Cuneo, vinse l’europeo dei 1.500 metri (1971) a Helsinki e guadagnò come premio 800 mila lire, quando da impiegato Fiat, con poche lire, la sera passava da un ristoratore amico ad assaggiare una bistecca ed era come fermarsi a Disneyland, quando chi era nato in cascina non faceva ferie e non sapeva esistesse il mare. Quando correre, saltare, lanciare, marciare, era un campo e tanta vita, quando era un vanto arrivare primi sul traguardo, ma anche nelle bevute e nel fare tardi la notte. Quando l’atletica era fatta da persone che non ti facevano passare, ma ti prestavano le scarpe che 45 anni dopo sono state restituite (da Vasala ad Arese). Quando Orizzonti di Gloria non era un film, ma un pensiero che avevi in testa. Quando di notte ti allenavi su e giù per il corridoio di un albergo, quando facevi finta di andare a letto e scappavi dalla finestra, per andare in discoteca con il bel Marcello (Fiasconaro) che aveva il compito di fare da apripista con le donne.
Si chiama “Divieto di sosta” il libro di Franco Arese (Edizioni Correre, prefazione di Gian Paolo Ormezzano), la cui vita tre giornalisti, Gianni Romeo, Franco Fava, Fabio Monti, hanno raccontato per ricordare «the way we were». E per il come eravamo dell’atletica azzurra sono arrivati tutti: Fiasconaro, Berruti, Ottolina, Pamich, Dionisi, Grippo, Mei, Panetta, i fratelli Damilano, Del Buono e tanti altri. «Prima la specializzazione non esisteva: nel ‘71 sono stato primatista italiano di tutte le distanze fra gli 800 e i 10 mila metri. Bravo io? No, forse incapaci gli altri, ignoranti in fatto di allenamenti. Ho precorso i tempi, sono stato tra i primi ad allenarmi due volte al giorno e per quasi tutto l’anno, senza interruzioni. Questo mi ha aiutato a correre le varie distanze, le maratone, le campestri. Ero un tipo da 52 gare l’anno: tante, ma mi divertivo, e certo c’era anche il fatto che ormai era diventata una professione. Ho fatto tutto con molta allegria, ma a volte rimpiango di non essere stato più duro con me stesso».
Arese che è stato anche presidente della Fidal (2005-2012) ha chiuso la sua carriera agonistica nel ’74 all’Arena di Milano, causa la rottura del tendine di Achille. «Il dottore Oliva poi medico di Maradona mi disse: il suo tendine è uno pneumatico consumato, non si può cambiare, va operato». Ricordi, nostalgie, fierezze. «Le gare indoor al Madison Square Garden su una pista di legno lunga solo 148 metri. E chi l’aveva mai vista New York? I lottatori mongoli che nel ‘72 al villaggio olimpico ingurgitano una ventina di cialde, contenenti crema di latte, scambiandole per biscotti». Un’altra epoca. Dove la Karhu, l’azienda finlandese delle scarpe di Zatopek, in una notte molto alcolica vende il logo delle tre strisce indovinate per quanto? «Per tre bottiglie di whisky e milleseicento euro».