la Repubblica, 19 ottobre 2017
Vlad, il cyborg fai-da-te. «Ho un chip sottopelle e pago con un gesto»
MOSCA Al bozzo a forma di gettone sul dorso della mano non fai caso finché Vlad Zaitsev, “l’uomo cyborg” come lo chiamano per scherzo gli amici, non scorre lo schermo del suo smartphone per mostrarci le foto del suo primo impianto sottopelle. Data: 7 luglio 2015. Si trattava del chip della Troika, la carta di trasporto di Mosca. «Non è vero che dimenticavo il portafoglio, come hanno scritto alcuni giornali. Ero solo curioso». Il dispositivo però non funzionava bene. Così, dopo tre mesi, l’ha sostituito con quello di una carta di credito. L’ingegnere moscovita ventiseienne ha fatto tutto da sé: estratto il chip dalla Visa, creato il circuito e ricoperto tutto con il silicone. Poi un amico specializzato in body modification, modificazione corporea, ha eseguito l’operazione. «C’è voluta l’anestesia locale. La ferita è guarita dopo tre settimane». Ora, con un semplice gesto della mano, Vlad può pagare la spesa, timbrare il cartellino o entrare in metropolitana. Non si è fermato lì. Solo pochi giorni fa, ha impiantato un magnete sotto al polpastrello dell’anulare destro. «Così posso anche sollevare piccoli oggetti di metallo e rilevare i campi elettromagnetici».
Mentre in Svezia o in America sono le compagnie di trasporto o le aziende a proporre a pendolari e dipendenti la possibilità di impiantare dei chip sottopelle, Vlad lo ha deciso autonomamente. Voleva sperimentare come la tecnologia possa rendere il corpo umano più efficace. Non è l’unico “body hacker” fai da te, o “grinder”, come hanno iniziato a chiamarsi alcuni. In Russia sono in molti a creare gli impianti da sé. E sottopelle alloggiano di tutto, non solo i chip con tecnologia Nfc (Near Field Communication) o Rfid (Radio-Frequency Identification). Daniil Lytkin, specialista It, ad esempio, ha una bussola sul petto che vibra ogni volta che va verso Nord.
L’ostetrico ginecologo Aleksandr Volchek, 44 anni, una moglie e due figlie, oltre a un magnete, si è impiantato ben sei chip sottocutanei, capsule di vetro dalla forma di un chicco di riso. Ed, essendo medico, ha fatto tutto da sé, anche l’iniezione. «Bastano pochi secondi. Ora di chip però ne ho cinque, ne ho tolto uno», precisa al telefono da Novosibirsk, in Siberia. Ciascuno, ci spiega Aleksandr, ha una o più funzioni diverse: aprire il portone di casa, timbrare il cartellino in ufficio, sbloccare il computer. Su uno sono registrati i suoi dati anagrafici, su un altro può memorizzare fino a un kilobyte d’informazioni come fosse una chiavetta Usb. «L’ho fatto per comodità prima di tutto. E poi mi appassiona la tesi del progresso verticale espressa nei romanzi di fantascienza dei fratelli Strugatskij, l’idea che prima o poi l’umanità, grazie alla scienza, cambierà la sua sostanza fino all’inverosimile».
Svantaggi? «Minimi», ribatte Volchek. «Purché l’operazione dell’impianto venga fatta da persone con le giuste competenze». Secondo Vaitsev, c’è però il rischio di una minore privacy. «Lo Stato potrebbe raccogliere informazioni su di te. La carta di credito, inoltre, ha una scadenza e quindi il chip va sostituito. Infine, non mancano i pregiudizi. Di solito le reazioni sono di stupore, ma una volta un credente ultraortodosso mi ha definito l’Anticristo».
I benefici, invece, a detta dei “biohacker” russi, sono tanti. Un dirigente di Kaspersky Lab, Evgenij Chereshnev, che ha vissuto due anni con un chip sottopelle, sul blog “Diario di un uomo bionico” ne ha elencati ben dieci, come la possibilità di portare sempre con sé la propria assicurazione e cartella clinica. Le applicazioni mediche incuriosiscono ovviamente molto Volchek che sta progettando un glucometro impiantabile per diabetici. E poi, dice, grazie a questa tecnologia ha risolto una volta per tutte un annoso problema familiare: «Mia moglie perdeva sempre le chiavi dell’ufficio e così un giorno ho detto “Basta” e ho impiantato un chip anche a lei».