Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 18 Mercoledì calendario

La Forza degli insetti sia con noi. Il Nobel Hoffmann: da loro abbiamo ereditato i meccanismi immunitari più sofisticati

Ci trasmettono molte malattie, ma non si ammalano. Come fanno? Gli insetti possono contare su un potentissimo sistema immunitario in grado di combattere i microorganismi invasori. La scoperta di questo straordinario meccanismo ha valso, nel 2011, il Premio Nobel per la medicina al biologo lussemburghese Jules Hoffmann. «Quando abbiamo iniziato a studiarli, sapevamo che questi animali possiedono una relativa resistenza, ma non ne conoscevamo i meccanismi», racconta. Ha quindi scoperto che si tratta di una forma di immunità innata. Ma ciò che nessuno sospettava è che questa caratteristica è presente in tutte le specie di insetti e nei mammiferi: è un sistema che, dai moscerini della frutta studiati da Hoffmann fino all’uomo, si è conservato nei tempi lunghi dell’evoluzione.
Hoffmann, direttore di ricerca emerito del Centre National de la Recherche Scientifique all’Istituto di Biologia molecolare e cellulare a Strasburgo, è stato ospite a Milano in occasione dell’annuncio dell’edizione 2017 del Premio Balzan: circa 660 mila euro, metà dei quali da destinarsi a progetti condotti da giovani ricercatori. Al biologo, già insignito del Balzan nel 2007, è spettato il compito di presentare i vincitori di quest’anno per le scienze mediche: sono James Allison della University of Texas e Robert Schreiber della Washington University, le cui ricerche di frontiera riguardano proprio il sistema immunitario e il ruolo nel contrastare il cancro.
Così i fili di questa storia scientifica – ha testimoniato Hoffmann nella sua lezione – sono lunghi e tenaci, a cominciare dalla scoperta dell’immunità innata: «È una reazione immediata. A innescarla è il riconoscimento di elementi strutturali dei batteri, legati alla sopravvivenza dei patogeni stessi. Questi, quindi, si sono mantenuti stabili nel tempo», dice Hoffmann. Negli animali, poi, «si affianca una seconda linea di difesa più mirata: è il sistema adattativo. Apparso 450 mila anni fa, riconosce oltre un miliardo di antigeni, in pratica qualunque “cosa”». I due sistemi sono connessi, con il primo che attiva il secondo, segnalando la presenza di virus e batteri.
L’immunità specifica è anche dotata di memoria: in seguito all’esposizione ad un certo antigene, nel caso di una seconda aggressione del «nemico», questa verrà trattata più rapidamente ed efficacemente. È su questo meccanismo che si basa il funzionamento dei vaccini, capaci di armare le «truppe biologiche» in vista di un attacco futuro. Ma quando i soldati – i linfociti – vengono dotati di un eccesso di munizioni, possono creare gravi «problemi di autoimmunità, in una situazione difficile da bilanciare, nella quale – sottolinea Hoffman – non si distingue il sé dal non sé».
Il sistema immunitario è un prodotto dell’evoluzione sofisticato e non è un caso che sia diventato un protagonista della ricerca sul cancro. Le cellule tumorali riescono a eluderne la sorveglianza, inibendolo, e a continuare a replicarsi indisturbate. Ecco perché si moltiplicano i tentativi di intervenire su questo legame tra immunità e tumore, creando, per esempio, vaccini anticancro di nuova generazione. «I linfociti T possono essere potenziati per diventare molto attivi e agire contro le cellule tumorali: possiamo insegnare loro a riconoscere lo specifico antigene espresso da ciascun tipo di cancro e, quindi, individuare che cosa attaccare».
Proprio l’identificazione di una serie di antigeni associati al cancro è frutto del lavoro di Schreiber e Allison, i quali riceveranno il Premio Balzan nel corso della cerimonia a Berna il 17 novembre. Allison ha studiato i meccanismi in grado di bloccare la risposta immunitaria, i «checkpoint» immunitari. A lui si deve l’idea di inibirli per dare slancio ai linfociti T attraverso l’uso di anticorpi monoclonali. Così l’immunologo ha aumentato, per la prima volta, la sopravvivenza in pazienti affetti da melanoma metastatico.
A svelare i meccanismi molecolari alla base della lotta tra cancro e sistema immunitario (l’«immuno-editing») è stato, invece, Schreiber, che ne ha svelato le fasi di eliminazione, equilibrio e fuga immunitaria, nelle quali il tumore, rispettivamente, viene eradicato, rimane in equilibrio o si sottrae al sistema immunitario. «Schreiber e Allison – ha concluso Hoffmann – sono stati artefici di un cambiamento di paradigma nel campo dell’immunologia tumorale». Ora gli studi proseguono lungo le vie aperte dai due scienziati grazie alle quali – assicura Hoffmann – «i nostri nipoti non saranno più spaventati dal cancro».