Affari&Finanza, 16 ottobre 2017
Kakao, il Whatsapp sudcoreano da social si trasforma in banca
Chiedereste mai un prestito per spedire a scuola i vostri figli a chi s’è fatto pizzicare a giocare d’azzardo per 20 ore e 51 minuti di seguito? Risparmiatevi almeno la risposta: 4 milioni di coreani hanno già detto sì. È l’incredibile successo di Kakaobank, l’ultima trovata di Kim Beom-su, il fondatore di Kakao, l’ingegnere sudcoreano che a 51 anni e 2 miliardi e 800 milioni di dollari in cassaforte è riuscito a trasformare una società di messaggini in una banca: che se non è un processo alchemico poco ci manca, visto che la (meta)fisica distanza tra la categoria degli sms e quella dei prestiti sarà mica inferiore a quella tra il piombo e l’oro. Del resto è proprio l’amore per l’azzardo, quello stesso che portò il giovanissimo imprenditore a giocarsi, una notte di dieci anni fa, 17mila dollari ai tavoli del mitico Bellagio di Las Vegas, ad aver permesso a Kim di diventare uno dei pochi miliardari che in Corea del Sud non sono nababbi di famiglia, come Lee Jay-jong, l’erede della Samsung ora condannato a svernare in una prigione di Seul fino al 2022. Perché soltanto una spericolata scommessa con sé stesso spinse il ragazzo, figlio di genitori poveri che per farlo studiare si erano impoveriti ancora di più, ad abbandonare il sicurissimo posto di ingegnere capo proprio alla Samsung – il chaebol, cioè conglomerato industriale, più grande del paese, un quinto dell’intero Pil e delle esportazioni – per inseguire il sogno della sua start-up, la piccola azienda techno fondata sette anni fa e diventata adesso un gigante che produce di tutto: proprio (quasi) come l’amata-odiata multinazionale del suo primo impiego. I numeri fanno paura. Con 43 milioni di utenti in un paese che di abitanti ne conta 50 milioni, Kakao è il leader più che indiscusso nel settore della messaggistica, idea concepita da Kim folgorato sulla via della Silicon Valley, dov’era andato a farsi tecnologicamente le ossa, dalla scoperta delle potenzialità dell’iPhone. Ma i 7.2 miliardi di valutazione della sua impresa sembrano appena il punto di partenza di un’espansione che non vuole conoscere confini. Dopo i messaggini sono arrivati i taxi di Kakao Mobility, grazie anche al mezzo miliardo di dollari investiti da TPG Capital: e per dare un’idea della scommessa, anche questa, del gigante americano da 75 miliardi di dollari, basti pensare che gli yankees avevano versato solo poco più della metà, 258 milioni, nelle casse di Uber, che è naturalmente il rivale che ora Kakao si appresta a battere in casa. Poi è arrivata prima Kako Pay, l’applicazione che permette di pagare con il telefonino, e ora appunto la vera e propria Kakaobank, che nelle prime 24 ore di lancio, a luglio, ha attirato 300 mila clienti per un giro di prestiti che ha già toccato 1 miliardo e 200 milioni, il 40% dell’intero mercato nazionale mensile.