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 2017  ottobre 15 Domenica calendario

Prestiti a rischio in Europa, una bomba da mille miliardi

Alla fine supererà quota 100 miliardi, quest’anno, la dimensione del mercato italiano dei crediti deteriorati. Quella che per noi è una discarica di prestiti marci, per molti fondi internazionali è un invitante supermercato con scritto all’ingresso: grandi sconti per tutti. In giro per l’Europa ci sono, dice l’Fmi, 988 miliardi di euro (865 solo negli istituti rilevanti per la Bce) che le banche, prima e durante la grande crisi, hanno prestato e nessuno ha restituito. Il 30% del problema è italiano. Paghiamo il conto di chi ha prestato, guardando più agli amici degli amici che alle reali prospettive delle società. E paghiamo dazio alla crisi, che in 10 anni ha eroso 10 punti di Pil.
La radiografia
Di qui la fotografia impietosa: le sole banche italiane rilevanti – segnala la Bce – hanno in pancia 249,35 miliardi lordi di prestiti marci o quasi, il 14,79% del totale concesso alla clientela. La media Ue, per dire, parla di un’incidenza del 5,92%. La Banca d’Italia nell’ultima rilevazione statistica di fine settembre, calcola il totale (incluse le banche troppo piccole per finire sotto il faro di Francoforte e Cdp) in 297,2 miliardi lordi, suddivisi tra 189,34 miliardi di sofferenze (che al netto delle coperture sono quasi 66 miliardi circa, il 3,82% degli impieghi, calcola l’Abi) e altre due categorie ancora «recuperabili»: 101,62 miliardi di inadempienze probabili e 6,24 miliardi di prestiti scaduti.

«Vulnerabilità chiave»
Quella che sulla carta può essere una bomba, viene via via disinnescata dietro il pressing della Vigilanza Bce che considera il problema «la vulnerabilità chiave» del sistema bancario. Le banche hanno aumentato gli accantonamenti, la copertura dei crediti dubbi è salita dal 54% di inizio 2014 al 62% attuale. E dopo le difficoltà iniziali, si è sbloccato anche il mercato delle compravendita dei crediti marci. A seconda della tipologia passano di mano tra l’11 e il 35% del loro valore. Chi li acquista punta sul recupero o sulla gestione di tali crediti. Insomma, si possono fare ottimi affari. Secondo le stime di Banca Ifis, nel 2017 tra operazioni fatte e annunciate, la crescita delle operazioni di compravendita sugli Npl sarà vertiginosa, permettendo al mercato di raggiungere una dimensione di 104 miliardi. L’Fmi è più cauto, prevede cessioni per 65 miliardi.
Eldorado per stranieri
L’Italia, insomma, si sta rivelando una sorta di Eldorado per i grandi fondi internazionali («The place to be», il posto dove essere, lo definiscono gli analisti della Pwc), che occupano sempre più uffici a Milano. Tra i principali acquirenti di crediti deteriorati troviamo fondi come Fortress e Pimco, Banca Ifis, AnaCap, Hoist Finance, Kruk, Algebris, Quaestio attraverso il Fondo Atlante II, nato per opera di banche e fondazioni proprio per avviare il mercato. Ora il pressing della Bce si sta alzando, con le nuove contestatissime regole contenute in un addendum (un’integrazione) alle linee guida sugli Npl posto in consultazione. Prevedono che – per i crediti che dal primo gennaio 2018 verranno catalogati come deteriorati, nuovi Npl dunque – le banche mettano da parte un valore pari al 100% del credito stesso: entro due anni se questo non è coperto da garanzie ed entro 7 se ci sono le garanzie.
La frusta della Bce
Del resto il problema degli Npl «è qui e deve essere affrontato», ha detto ieri a Washington, a margine del vertice del Fmi, il presidente della Bce, Mario Draghi. L’addendum è uno sprone a risolvere in fretta il problema, in un Paese in cui riscuotere una garanzia impiega mediamente 5 anni, ha calcolato Prometeia, per recuperare il 50-55% del valore.

Le imprese temono che le banche, dovendo mettere da parte più capitale, chiuderanno di nuovo i rubinetti. Le medie e ancor più le piccole paventano diffusi peggioramenti dei giudizi (rating) necessari per attingere ai finanziamenti a condizioni ragionevoli, dal momento che basterà uno sconfinamento dovuto ai tempi differenti tra entrate e uscite per entrare nel club degli Npl. Sempre dall’Fmi interviene anche il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, chiede «chiarezza» e «gradualità» alla Bce. Mentre il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, avverte che su un tema del genere «non si possono fare battaglie di principio», dicendosi certo che l’addendum «sia una manifestazione di una forte volontà a mettere in sicurezza le banche». Su cui i fondi già volteggiano, in attesa dei prossimi saldi «svuotatutto» del supermarket Npl.