Il Messaggero, 17 ottobre 2017
E Asia ruba la scena a Weinstein: non è un po’ troppo?
Mettiamo in chiaro una cosa. Questo è il caso Harvey Weinstein. Non è il caso Asia Argento, anche se l’attrice italiana sta facendo del suo meglio per rubare la scena al produttore americano. È il caso Harvey Weinstein.
E per quanto ci riguarda si spera anche diventi presto Lo stato della California contro Harvey Weinstein, perché un predatore seriale che l’ha fatta franca per trent’anni non pensi di cavarsela con qualche mese in un rehab. La giustizia non é mossa dalla fretta e quella di Dio ha secoli a disposizione diceva Umberto Eco, ma non sarebbe male che i predatori del mondo, da Hollywood al piccolo ufficio postale di provincia, sapessero che il conto, prima o poi, si paga.
Premesso dunque che il caso riguarda Harvey Weinstein e che non è mai troppo tardi per consegnare alla disapprovazione globale un potente (e lui di potere ne ha avuto), sarà forse opportuno mettere in chiaro alcune cose, nella speranza che Asia Argento non si senta attaccata da una donna. Non è questo l’obiettivo. Quel che scriviamo a proposito delle sue dichiarazioni vale anche per altre attrici del caso Harvey Weinstein (ripetiamo: il caso Harvey Weinstein. NON il caso Asia Argento, benché ogni tanto, in questi giorni, venisse in mente una battuta del pregiato Leo Longanesi è cosi egocentrico che al matrimonio vorrebbe essere la sposa, al funerale il morto). Ecco dunque alcuni sparsi puntini da mettere sulle i (non solo su quella di Asia).
1) Nel caso Weinstein ci sono attrici che, come l’inglese Lysette Anthony, quindici anni fa sono state abusate da Weinstein e oggi lo denunciano. Fanno bene. Quel che va meno bene, e stride con il messaggio trasmesso alle nuove generazioni, è la strana sindrome di Stoccolma che per decenni ha legato alcune delle vittime al predatore. Quindici o venti anni. Passi il silenzio per paura. Weinstein era potente e poteva stroncare le carriere. Si può comprendere pur non condividendo. Non tutti hanno il coraggio di Mira Sorvino, che al produttore ha detto No e la carriera l’ha vista stroncata per davvero. E non tutti sono cosi sicuri del proprio talento da pensare che, Weinstein o non Weinstein, carriera l’avrebbero fatta comunque. Per una Angelina Jolie sicura di sé, ce ne sono decine, uomini e donne, meno convinti dei propri meriti. Il punto è che, dopo aver subito la tremenda umiliazione, alcune di queste attrici hanno continuato a farsi fotografare con Weinstein. Lysette Anthony ha raccontato al Times di aver azzerato i rapporti per un po’, ma, dopo qualche anno, a Milano, rivide Weinstein il quale si comportò in modo impeccabile e addirittura insistette per regalarle un cappotto. Cosi come – a quanto ho letto è Asia Argento a raccontarlo a un giornale americano- il medesimo Weinstein avrebbe mantenuto negli anni rapporti amichevoli con l’attrice italiana. Lysette Anthony e Asia Argento parlano di un’umiliazione sepolta ma non rimossa. Una ferita aperta. E non può che essere cosi. Ma se l’orco fosse stato in disgrazia l’avrebbero rivisto? Sarebbero andate di nuovo a cena con lui? No.
2) Quando Lysette Anthony conobbe Weinstein, a New York, era una diciannovenne inglese senza background e senza esperienza. Non cosi si può dire di Asia Argento. Figlia di un’attrice e di un regista, sul set a soli undici anni in un film di Comencini, oggi racconta di essere stata molestata a 16 anni da un regista-attore famoso. Un italiano. Dunque, quando, poco più che ventenne, incontrò Weinstein non era una ragazzina di provincia finita in un mondo pieno di trappole. Non era Lysette Anthony. Era la figlia di Dario Argento alla quale già a undici anni registi importanti offrivano ruoli nei loro film.
3) La cosa dolorosa sono gli attacchi da parte delle donne. Un momento: non cerchiamo di parlare d’altro. Non ci sono donne che attaccano altre donne. Ci sono persone, uomini e donne, che attorno al caso Harvey Weinstein sentono aleggiare un vago profumo di opportunismo. Peraltro non negato dalle attrici che, finalmente, denunciano il produttore. Ho 54 anni, sono premiata e affermata. Non può più farmi niente ha detto Lysette Anthony al Times. Ecco: Weinstein, e quelli come lui, non fanno più paura alle donne che, superati i 50 anni, si sentono ormai sicure del proprio talento e dei propri meriti. L’obiettivo è far si che questa sicurezza una donna (o un uomo) possano averla anche a 30 anni. Soprattutto, l’obiettivo è che il potente (a Hollywood, alla Casa Bianca, dietro la scrivania di una multinazionale o di un giornale) non pensi più di essere protetto dalla minaccia. Ti stronco la carriera. D’ora in poi la carriera stroncata ce l’avrà lui.
Ps – Vorrei dire alla globalissima e molto internazionale Asia Argento che, ahimé, tutto il mondo è paese. Stavolta l’italian factor non c’entra. Noi italiani, provinciali e un po’ arretrati, ci permettiamo di dire la nostra sul caso Weinstein e sulle attrici coraggiose a scoppio ritardato. Ma lo stesso accade altrove. Lysette Anthony è stata assai maltrattata dalla rete. L’hanno accusata di essere in cerca di pubblicità. Come dire: è di mezz’età e non ha più tante occasioni. De André, nella canzone Bocca di rosa lo spiega meglio: La gente dà buoni consigli quando non può più dare cattivi esempi. Comunque Lysette Anthony ha replicato bene ai cretini: Ho contratti per i prossimi anni. La rete è notoriamente violenta con le donne, lo sa bene anche chi scrive, e spesso solo perché esprimono opinioni. Ma questa è un’altra storia e spero di poter tornare a parlarne, di poter fare qualcosa, insieme ad altri, giornalisti e non. Magari anche con Asia Argento, se vorrà.