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 2017  ottobre 15 Domenica calendario

«Cannabis negata a mia figlia, aiutatemi a non farla soffrire»

VICENZA Elisabetta si dispera guardando quella mano contorta dal dolore. Afferra il telefonino, scatta una foto e la lancia nel mare di Facebook, con la rabbia di chi vuole arrivare lontano, al cuore di chi prende decisioni. Le dita che tentano di ribellarsi alla gabbia della malattia appartengono a sua figlia di 20 anni, una ragazza affetta da una grave forma di epilessia che genera convulsioni fortissime, capaci di durare anche dieci-dodici ore per volta. La belva si impossessa di quel corpo fragile e lo scuote, lo frusta, lo piega. Epilessia farmaco- resistente, la definiscono i medici. Significa che non c’è farmaco che possa alleviarne i sintomi. Dopo tante tribolazioni quella madre aveva finalmente individuato nella cannabis terapeutica la cura giusta. Ma da una decina di giorni i farmaci d’importazione non si trovano più e quelli di produzione interna sono esauriti. «Vorrei che questa mano deformata dalle contrazioni venisse vista da chi sta perdendo tempo a giocare con la salute dei cittadini», scrive Elisabetta Manfrin, 50 anni, di Vicenza, infermiera e madre di Serena.
Cosa è successo esattamente?
«Lo scorso mese di aprile ho iniziato a somministrare a mia figlia il farmaco Bedrolite, prodotto da una ditta olandese che si chiama Bedrocan. Da subito i risultati sono stati favolosi. Serena non ha più avuto crisi. Durante i mesi estivi hanno bloccato le importazioni, perché è stata superata la quota prevista per l’anno in corso. Abbiamo quindi ripiegato sul farmaco Sm2, prodotto nello stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Purtroppo il fabbisogno per l’Italia è stato sottostimato, ed è terminato anche quello. Ho ridotto le dosi e sono ricominciate le crisi».
Di cosa soffre sua figlia?
«Ha un’epilessia farmaco-resistente e criptogenica, nel senso che non si capisce qual è la causa. Dopo i progressi nel primo anno di vita ha iniziato ad avere le prime piccole convulsioni e il male è cresciuto con lei. Ora è prigioniera del suo corpo. Ho provato di tutto, persino i cocktail di farmaci come Gardenale, Depakin e Zarontin. Ma in alcuni casi finiva per stare addirittura peggio».
Il sollievo è giunto solo con la cannabis?
«Sì, precisamente con il principio attivo Cbd. Lei adesso sa cosa vuol dire stare bene. Ha vissuto 20 anni soffrendo, ad aprile ha scoperto una nuova vita e ora mi guarda con gli occhi spalancati e sembra chiedermi: “Perché”?».
Serena vive in una sedia a rotelle. È riuscita a comunicarle il suo disagio ora che non ci sono più farmaci?
«Il disagio no, il benessere durante la cura sì. Le leggo quello che mi ha scritto al computer utilizzando solo l’indice della mano destra: “Nella mia testa i pensieri sono più calmi, non c’è più confusione. Le energie nel corpo sono tornate. Mi piace sentire il benessere, porta pace. Il corpo è rilassato, più calmo. La testa è senza pesi. La salute è giusta. Il corpo è vivace e la gioia è nella mia testa”. Io sono la madre e questa è la mia tortura».